PROTESTE CONTRO EBROFOODS DAVANTI AD ALGEMESI
Più di 100 risicoltori e 30 trattori delle organizzazioni agricole professionali della Regione Valenciana (Ava-Asaja, La Unió Llauradora, Asaja Alicante, Upa-Pv e Ccpv-Coag) hanno protestato nella città di Algemesí, davanti all’azienda Arroz Sos-Herba Ricemill, in considerazione della disastrosa situazione commerciale del settore risicolo valenciano dovuta alle massicce importazioni da paesi terzi. Un evento che segna il ritorno al calendario di manifestazioni che le organizzazioni agricole avevano iniziato alla fine di gennaio e che, fino alla fine di febbraio, si era tradotto in quattro manifestazioni congiunte in tutte e tre le province risicole spagnole.
UNA PAELLA DEGNA DEL MIGLIORE MARKETING
La protesta si è svolta all’ingresso dell’azienda che fa parte del gruppo Ebro Foods, socio da alcuni anni della Riso Scotti. I trattori sono arrivati al punto di raccolta attraverso le strade regionali, si sono posizionati in prossimità degli impianti dell’azienda. Al termine della protesta, è stata preparata una paella con riso valenciano per denunciare le importazioni. L’obiettivo è che i consumatori acquistino riso valenciano.
Nelle ultime settimane, infatti, si è registrato un grande afflusso di riso proveniente dai Paesi asiatici, importato da aziende stabilite nella Regione di Valencia come Arroz Sos, in un momento in cui non ci sono contratti di vendita e i magazzini sono ancora pieni di riso valenciano della scorsa stagione. Una scelta strategica, secondo gli organizzatori della manifestazione. L’obiettivo è di bassare il prezzo del riso valenciano, incidendo in modo significativo sui redditi degli agricoltori.
EUROPA ANCORA SOTTO ACCUSA EBROFOODS
I risicoltori protestano quindi contro le politiche agricole europee nel settore del riso. Al centro del malcontento c’è la mancanza di reciprocità negli accordi commerciali firmati dall’Unione Europea con i Paesi terzi. Questa mancanza di reciprocità favorisce la palese concorrenza sleale delle importazioni agricole: «A differenza del riso europeo, che soddisfa i più alti standard di qualità, Myanmar e Cambogia, ad esempio, utilizzano sostanze chimiche dannose per la salute che sono vietate nell’Ue, coltivano in modo insostenibile dal punto di vista ambientale e violano i diritti umani», affermano i risicoltori.
I risicoltori criticano anche le grandi aziende trasformatrici per non aver specificato il Paese di origine sulle confezioni di riso che vendono nelle catene di vendita al dettaglio: in alcuni casi si spaccia il riso asiatico per valenciano, indicando sull’etichetta solo il distributore locale e persino le foto che identificano la Comunità Valenciana. Una prassi che rovina i produttori e inganna i consumatori.
IMPORTAZIONI DA RIDURRE
«Il nostro riso continua a essere immagazzinato senza essere venduto – sottolinea Carles Peris, segretario generale de La Uniò – mentre arrivano massicce importazioni da Paesi terzi, quasi 40.000 tonnellate nelle ultime settimane. Oltre a ridurre le importazioni, vogliamo che l’origine del riso di queste grandi aziende sia etichettata in modo che i consumatori non siano ingannati; non va bene mettere solo “confezionato a Valencia” senza specificare l’origine».
Miguel Minguet, rappresentante di Ava-Asaja, aggiunge: «Ai consumatori è fatto credere che il riso asiatico sia valenciano. Non è giusto. Il nostro riso ha un livello di sicurezza alimentare che il riso straniero non ha, ad esempio ci è vietato usare prodotti fitosanitari che altri possono usare. Dobbiamo indicare l’origine sulle confezioni di riso perché ora quasi nessuno lo fa e i consumatori sono ingannati». EBROFOODS
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