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E PER PRIMO VENNE IL RISO

da | 8 Ago 2021 | NEWS

Sul piano agronomico, uno dei tratti più peculiari del XX secolo è costituito dal sostanziale incremento delle rese delle grandi colture, che ha supportato il quadruplicamento della popolazione mondiale in 100 anni, portando la sicurezza alimentare a livelli mai visti in passato: la percentuale della popolazione mondiale al di sotto della soglia di sicurezza alimentare è infatti scesa dal 50% del 1945 al 10% odierno.

4 colture per l’incremento delle rese

Gli incrementi di resa unitaria (tonnellate per ettaro) hanno interessato decine di specie vegetali coltivate, erbacee e arboree e si sono in primis concentrate su quattro grandi colture da cui dipende oggi il 65% del fabbisogno mondiale di calorie e cioè il frumento, il riso, il mais e la soia. In chiave storica è interessante chiedersi quale di queste quattro colture abbia fatto da battistrada a tale fenomeno di incremento delle rese e per l’Italia tale coltura è stata senza alcun dubbio il riso, come emerge da una ricerca pubblicata da Gabriele Cola, Aldo Ferrero e Luigi Mariani sull’Agronomy journal, rivista della Società scientifica statunitense di agronomia (American Society of Agronomy – ASA). Tale ricerca ha per titolo “The evolution of cereal yields in Italy over the last 150 years: The peculiar case of rice” e in essa si analizzano gli incrementi delle rese ettariali di frumento, mais e riso dal 1870 (anno della breccia di Porta Pia) a oggi, sviluppando anche interessanti comparazioni con quanto avvenuto sia negli Stati Uniti d’America (per frumento, mais e riso) sia in Francia e Gran Bretagna (per frumento).

Come evidenziato in questo lavoro, le rese del riso hanno fatto registrare nel nostro paese incrementi significativi a partire dal lontano 1895, precedendo di alcuni decenni il mais e il frumento, colture le quali hanno manifestato incrementi analoghi solo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (si veda in proposito il diagramma ).

diagramma riso

La figura presenta i livelli delle produzioni italiane annuali (punti) per le colture di riso, mais e frumento nel periodo 1870-2018. Le linee di interpolazione mettono chiaramente in luce che, nel caso del riso, l’avvio della fase più significativa degli incrementi produttivi precede di circa mezzo secolo quella del mais e del frumento, con un raddoppio delle produzione in poco più di un ventennio, già a partire dalla fine del 1800. Le principali ragioni di tale successo produttivo nel riso sono soprattutto da attribuire alla particolare attenzione già a quel tempo dedicata alle innovazioni relative alle tecniche colturali (trapianto, gestione dell’acqua e delle malerbe) e alla genetica, attraverso la messa a punto e diffusione di varietà sempre più produttive.

Innovazione sulle tecniche colturali e sulla genetica

Le ragioni di tale precoce fenomeno sono da ricercarsi nella fiducia che i risicoltori ebbero nell’innovazione tecnologica su base scientifica, che fu promossa anche attraverso un serie di convegni internazionali sul riso tenutisi nei primi anni del XX secolo a Novara e Pavia. L’innovazione si concentrò in particolare sulle tecniche colturali (trapianto, gestione delle acque e delle infestanti, concimazioni) e sulla genetica (dalle cinque varietà che risultavano coltivate nel 1872 – Ostiglia, Bertone, Novara, Francone e Giapponese – si passa alle 44  razze/varietà segnalate dal Gobbetti nel 1905, fra cui il Chinese Originario, il cui nome includeva, quasi certamente, più varietà, caratterizzate da buona resistenza al brusone ed elevata produttività).  La rapida diffusione di queste innovazioni  fu senza dubbio favorita dal fatto che il riso era coltivato in pochi distretti specializzati del Nord Italia (in primis Lomellina, Novarese e Vercellese) in cui i risicoltori agivano a stretto contatto gli uni con gli altri e con il resto della filiera. Ciò si tradusse in un successo produttivo impensabile per colture, a quel tempo, molto più sparse sul territorio, quali il mais e il frumento.

A tal proposito è interessante segnalare l’articolo sul Corriere della Sera di Luigi Einaudi (1910) in cui il grande economista evidenziava la necessità di restringere l’aerale colturale del frumento alle zone maggiormente vocate per incrementare le rese unitarie ad ettaro, allora particolarmente scarse. (Einaudi, L. (1910). L’Italia coltivava troppo grano? Una rivelazione della nuova statistica agraria, Corriere della sera, 23 luglio 1910. http://www.luigieinaudi.it/doc/litalia-coltivava-troppo-grano-una-rivelazione-della-nuova-statistica-agraria/?id=876) Proprio l’opposto di quanto fece, poi, il regime fascista che, con la battaglia del grano, puntò ad aumentare la produzione nazionale complessiva mediante la coltivazione in aerali non vocati di collina e montagna, penalizzando le rese unitarie e vanificando l’originalissimo lavoro di miglioramento genetico attuato dal genetista  Nazzareno Strampelli, creatore delle varietà di frumento a taglia bassa.

Un precursore dell’incremento delle rese in riso con un approccio fondato sula scienza fu senza dubbio Camillo Cavour che, sensibile alle esperienze  innovative attuate in vari paesi  europei (Francia, Svizzera, Germania, Inghilterra e Scozia), si impegnò nello sviluppo dell’innovazione varietale (con  l’introduzione delle varietà Ostiglia, Nostrale, Resca nera, Bertone, Americano.. ) e delle tecniche colturali (con l’impiego dei concimi di sintesi, del drenaggio tubolare, ecc.), come dimostrato  con grande dettaglio dal carteggio con il socio agronomo Giacinto Corio, tenuto durante il periodo compreso fra 1846 e 1856, allorché dirigeva le aziende di famiglia di Leri, Montarucco e Torrone site nei pressi di Trino Vercellese. Tali aziende, ad orientamento cerealicolo-zootecnico, presentavano una superficie superiore ai 400 ettari ed erano condotte a risaia avvicendata con mais, frumento e prato mente il bestiame era in prevalenza di razza bruno-alpina, a quei tempi la più produttiva in latte.

Quali insegnamenti ci vengono da questo passato

Sul piano tecnico le prospettive per il futuro della nostra risicoltura resteranno positive se si manterrà immutata l’attenzione allo sviluppo della ricerca scientifica e al trasferimento dei suoi risultati a livello pratico applicativo. In tal senso ad esempio i risi ibridi e i risi geneticamente modificati prodotti con tecnologia CRISPR costituiscono interessanti opportunità.

A tale riguardo è essenziale per il riso tenere in considerazione la lezione negativa che ci viene dal mais, coltura che  la diminuita sensibilità verso l’innovazione (particolarmente nefasta fu la decisione tutta politica di non consentire in Europa neppure la ricerca sui mais OGM) ha condannato ad una stagnazione delle rese del cereale, che persiste ormai dalla fine degli anni ’90, determinando un dimezzamento delle superfici coltivate nel nostro paese e un conseguente aumento delle importazioni di prodotto, in larga misura OGM.

L’augurio è che nel settore risicolo non si ripeta lo stesso errore strategico fatto per il mais e che ci porterebbe a cedere quote di mercato sempre più ampie ai nostri competitor stranieri.

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