Un’importante focus sulle infestazioni da nematode è stato presentato durante il convegno organizzato dal CREA a Castello d’Agogna (PV), tenutosi il 5 febbraio e al quale Risoitaliano ha partecipato. Sono stati due gli oratori che hanno affrontato il tema, Daniele Tenni e Stefano Sacchi. Il primo, ricercatore dell’Ente Risi, ha proposto uno studio sul nematode galligeno del riso (Meloidogyne graminicola), un organismo endoparassita dell’apparato radicale, da quarantena secondo il servizio fitosanitario, che vive nel suolo sotto forma di larva o di uovo per poi penetrare nelle radici e compiere il suo ciclo biologico. Gli effetti che ne scaturiscono sono la presenza di galle sulle radici e morte della piante.
Meloidogyne graminicola
Il ricercatore spiega: «La trasmissione di questo parassita avviene attraverso il terreno, non il seme, e la sua diffusione è iniziata nei paesi asiatici raggiungendo di recente l’occidente. Nel giugno 2016 vi fu il primo ritrovamento in Italia, che portò al Decreto Ministeriale 6 luglio 2017 (Misure d’emergenza per impedire la diffusione di Meloidogyne graminicola Golden & Birchfield nel territorio della Repubblica italiana). Venne decisa la creazione di aree delimitate non coltivabili: zona Infestata, ossia un appezzamento in cui la presenza dell’organismo è confermata; zona cuscinetto, cioè un’area di raggio 100 metri intorno alla zona infestata; inoltre si svilupparono indagini sul territorio nazionale attraverso rilievi visivi e campionamenti che portano a misure fitosanitarie nelle aree delimitate. Nel corso delle nostre analisi, dal 2016 ad oggi, il totale degli appezzamenti infestati è stato 77 (superficie tot 94 ha) e le tecniche che abbiamo adottato per il contenimento sono state: sommersione continua in assenza di coltura e coltivazione di piante ad azione nematocida da sovescio. La prima ha dimostrato una certa efficacia, non riuscendo però ad eradicare il nematode; infatti, dopo 3 anni di continua sommersione, sono state rilevate delle larve nel suolo, seppur in numero notevolmente minore. Tra le piante nematocide abbiamo scelto il rafano che, comunque, non ha ottenuto risultati migliori della sommersione».
A.besseyi
Stefano Sacchi, del servizio fitosanitario, ha proposto il proprio studio, relativo alla presenza del nematode A.besseyi nelle sementi di riso, e quello della dottoressa Fumagalli, riguardante la diffusione di Meloidogyne graminicola in Lombardia, in cui il primo ritrovamento risale al 2018, il 4 giugno per l’esattezza. Anche in Lombardia in caso di ritrovamento si delimitano la zona infestata e il cuscinetto circostante, suddividendo il terreno in quadranti di 1 km^2; tuttavia, i terreni sciolti, caratteristici dell’area infestata lombarda, non consentono un’agevole realizzazione della sommersione continua. Per questo è stato seguito un percorso diverso, fornendo un buon ospite (Riso) e procedendo alla devitalizzazione della coltura, una volta constata l’avvenuta infestazione (III foglia), mediante diserbo (chimico e/o fisico), rendendo impossibile il compimento del ciclo vitale dell’organismo e la riproduzione. L’analisi dei dati è ancora in corso ma è stato notato un abbattimento dell’infestazione radicale dopo aver effettuato questo trattamento.
Parlando invece del proprio studio, relativo ad A.besseyi, il dottor Sacchi ha voluto ricordare il cambiamento della normativa riguardante la certificazione della semente, entrata in vigore il 14 dicembre scorso: «Questo cambiamento- spiega il ricercatore- ha reso Aphelenchoides besseyi un organismo nocivo regolamentato non da quarantena (diversamente a prima che veniva considerato da quarantena, pur non dovendo attuare le misure previste a causa della deroga concessa) rilevante per l’Unione ai sensi dell’art. 36 capo III del Reg. 2016/2031/UE. Ciò significa che non è necessario delimitare l’area e non coltivare, come nel caso di Meloidogyne, però, essendo organismo nocivo, non può essere spostato in altre zone. Per questo motivo non deve essere presente nella semente, che deve certificarne l’assenza, come accade da sempre. La presenza dal 1996 (prima segnalazione) al 2010 è sempre calata, non certificando la semente in cui il nematode era presente, ma negli ultimi anni abbiamo avuto una crescita delle infestazioni (forse per la diffusione del reimpiego, ndr). Fortunatamente questo dato è nuovamente in calo, come dimostra il nostro studio, effettuato tra 2018 e 2019, che ha evidenziato un’infestazione calante con l’assenza di popolazioni “alte” o “molto alte” nell’ultimo anno (vedi tabella)». Autore: Ezio Bosso