Nell’invocare la clausola di salvaguardia contro la Cambogia, il Ministero dello Sviluppo economico ricorda che “l’Unione Europea consuma 2,5 milioni di tonnellate di riso lavorato e non è autosufficiente” soprattutto nella tipologia indica, quella importata. “Da rilevare – sottolinea il dossier – che la coltivazione del riso indica in Europa è stata introdotta alla fine degli anni ’80 grazie a specifici aiuti Ue per incentivare la coltivazione di questo tipo di riso, gradito dal consumatore europeo, riducendo la dipendenza dal riso d’importazione. In pochi anni la coltivazione di tali varietà in Italia è cresciuta, sia grazie all’apprezzamento dei consumatori e all’allargamento della UE, fino a superare i 70.000 ettari negli ultimi anni. La concorrenza esercitata dal riso lavorato cambogiano riguarda il riso lavorato non parboiled e parboiled ricavato dal riso greggio indica coltivato nell’Unione Europea”. In altre parole, l’Ue sta dissipando i propri investimenti: “nelle ultime 5 campagne le importazioni di riso lavorato dalla Cambogia nell’Unione europea sono aumentate da 5 mila a 181 mila tonnellate, raggiungendo il 23% di tutto l’import UE, grazie alla completa liberalizzazione tariffaria, avvenuta il 1° settembre 2009, a favore dei Paesi beneficiari del sistema di preferenze tariffarie generalizzate di cui all’articolo 1, § 2, lettera c (EBA) del regolamento (UE) n. 978/2012″. Secondo il governo italiano “l’evoluzione delle importazioni a dazio zero dalla Cambogia ha assunto proporzioni che compromettono il corretto funzionamento dell’organizzazione comune di mercato. La concorrenza cambogiana ha di fatto ridotto i prezzi di mercato del riso greggio di tipo indica prodotto nell’Unione europea al di sotto dei costi di produzione, provocando, di conseguenza, una prima sensibile contrazione delle superfici seminate nel 2014 (circa 22% in meno). Il persistente aumento delle importazioni dalla Cambogia, oltre che dal Myanmar, continua a creare pressione sul mercato UE con conseguente ulteriore riduzione dei prezzi del riso greggio e disincentivo a coltivare questo tipo di riso. Senza l’urgente attivazione delle misure di salvaguardia, le industrie italiane (e quelle dei Paesi produttori dell’UE), non potranno più approvvigionarsi di riso greggio indica e perderanno il mercato del riso lavorato indica, acquisito nell’ultimo decennio grazie a importanti investimenti in corso di ammortamento. Ciò causerà un irreversibile deterioramento dell’equilibrio economico e finanziario del settore industriale al quale sarà impossibile porre rimedio a posteriori, con conseguente crisi occupazionale e serio rischio di fallimenti. Il consumo comunitario tenderà a dipendere sempre più dalle importazioni”. Poiché il riso è un prodotto estremamente sensibile per molti Paesi, in particolare dell’estremo Oriente, la sicurezza degli approvvigionamenti di riso per il mercato comunitario sarà a rischio, sottolineano gli analisti, ricordando le recenti misure protezionistiche adottate dall’India, dall’Egitto e dalla Thailandia. La crisi, conclude, non riguarda solo i produttori di indica in quanto “un drastico calo delle superfici determinerà difficoltà di approvvigionamento e aumento del costo dell’acqua per le aziende agricole che continueranno a coltivare riso japonica; conseguenze ambientali irreversibili nel medio periodo, tra cui lo sconvolgimento della biodiversità; l’abbassamento della falda freatica con conseguenze per l’approvvigionamento idrico anche per uso domestico e industriale”. (ULTERIORI DETTAGLI SUL DOSSIER ALLE ORE 21)
DE MINIMIS: IL NUOVO REGOLAMENTO
La Commissione europea pubblica il 13 dicembre 2024, il nuovo regolamento che alza la soglia “de minimis”, a 50.000euro/agricoltore/triennio.