Dopo esserci confrontati con la Presidentessa di FederBio, Maria Grazia Mammuccini, riguardo al sostegno all’agricoltura biologica nella futura Pac, scoprendo che quasi sicuramente sarà legato ad entrambi i pilastri e necessiterà di 900 milioni di € all’anno per soddisfare gli obbiettivi imposti dell’Ue (superficie biologica al 25% entro il 2030), spostiamo il focus maggiormente sulla risicoltura. I numeri del biologico in risicoltura parlano di una coltivazione complessa e poco praticata, su cui investire sarebbe molto importante per favorire il raggiungimento degli obbiettivi proposti dall’Ue. La superficie a riso investita con metodo di produzione biologico (compresa conversione) è pari nel 2020 a 17.020 ettari, circa il 7% del totale risicolo ed appena lo 0,1% della superfice bio nazionale. La presenza di rilevanti avversità e di elevate infestazioni di malerbe, inoltre, rende molto complessa l’adozione in risicoltura della produzione biologica, il cui potenziale di espansione è, alle condizioni attuali, contenuto. Anche la situazione per la risicoltura convenzionale si fa via via più complessa, infatti, come emerso dal rapporto Nomisma, i tagli al sostegno per il nostro settore nella futura Pac saranno molto ingenti (leggi articolo) e se i prezzi non dovessero rimanere su livelli elevati la redditività sarà messa in discussione, soprattutto per aziende di piccole dimensioni. Per questi motivi, confrontandoci con la realtà risicola maggiormente improntata sulla produzione biologica, la Baraggia, abbiamo cercato di capire se l’adozione delle pratiche di agricoltura biologica possano mitigare questo crollo, permettendo di mantenere e magari migliorare la competitività delle aziende che scelgano di intraprendere questa strada.
Ecoschema biologico
«Non credo che l’inserimento dell’ecoschema relativo al biologico possa essere da solo un importante incentivo alla conversione in risicoltura – spiega Carlo Zaccaria, presidente del Consorzio di Tutela della DOP Riso di Baraggia Biellese e Vercellese (nella foto) -: va coadiuvato con altre politiche. Il primo impulso dovrebbe arrivare dalla differenza di prezzo sul mercato all’ingrosso, ad oggi troppo bassa se considerate le difficoltà intrinseche alla produzione risicola biologica in quanto a potenzialità produttive, inferiori e molto instabili in un contesto realmente bio. Una soluzione può essere la vendita al dettaglio, che tuttavia non è alla portata di tutti per diverse motivazioni, tra cui la presenza sul mercato di prodotto biologico a prezzi veramente bassi. Un concetto importante su cui sarebbe interessante fermarsi a riflettere è l’azienda mista. Attuare pratiche di vera risicoltura biologica non è qualcosa che si riesca a calibrare nella propria realtà dall’oggi al domani, per questo ritengo possa essere interessante non escludere chi scelga di convertire la propri azienda a piccoli passi, come invece è stato fatto in passato nella Misura 11 del Psr. Questa impostazione renderebbe più accessibile la conversione agli occhi di molti risicoltori, potendo abbracciare un cambiamento complesso senza dover rischiare la produttività e la redditività di tutta l’azienda. Fatico a pensare che aziende di 100-200 ha, quali quelle risicole, possano convertirsi efficacemente ad una vera agricoltura biologica se non le si permetterà di effettuare questo cambiamento in modo graduale. Nei primi anni di conversione, dovendo apprendere nuove pratiche, difficilmente si ottengono produzioni soddisfacenti, senza contare la difficoltà nello scovare coltivazioni adatte all’anno di alternanza, necessario in un regime realmente biologico.
Concedendo il sostegno anche ad aziende miste, inoltre, si riuscirebbe a sfruttare meglio i fondi relativi all’ecoschema, evitando di dividerli su quantitativi elevati di superficie contemporaneamente in conversione, se questo venisse correlato ad un sostegno alla conversione appunto. Con questa impostazione si avrebbe anche un incremento dell’offerta di riso biologico graduale, evitando che questa diventi eccessiva di colpo rispetto alla domanda, circostanza che farebbe crollare il prezzo sul mercato del prodotto. La costruzione di un sistema solido passa attraverso scelte razionali e chi ha a cuore la risicoltura biologica deve tutelare l’azienda mista, per permettere ai produttori convenzionali di affacciarsi a questo mondo in modo graduale evitando rischi eccessivi per sé stessi e per tutto il comparto. L’obiezione posta a questa impostazione, ossia che favorisca le frodi, ritengo che sia legata ad una carenza di controlli, in quanto le differenze nel corso della campagna tra una risaia bio e una convenzionale si vedono sempre, certo in modalità differenti ma non tali da non essere riconosciute da chi di risicoltura se ne intenda». Autore: Ezio Bosso