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DAZI SUL LAVORATO DEI PMA

da | 29 Nov 2018 | NEWS

import tollerance

La sera del 4 dicembre probabilmente l’Europa adotterà la clausola di salvaguardia sulle importazioni di riso lavorato dalla Cambogia e Myanmar. L’Ente Risi e il governo esulteranno, seguiti a ruota i sindacati. Hanno ragione. E’ un successo della filiera. I risicoltori e gli industriali mozzano gli artigli alla concorrenza, l’Ente Risi si intesta il successo del dossier che ha imposto alla Commissione di rimettere i dazi e i sindacati dimostrano di aver difeso la redditività del settore. Ma concretamente che cosa avverrà? Saranno reintrodotti i dazi sul riso lavorato bianco proveniente dai Pma: 175 €/ton per il primo anno e in misura ridotta per il secondo e terzo anno. Lo ripetiamo per evitare la confusione che si è creata quando qualcuno, per eccesso di zelo, ha presentato la battaglia dei Pma come la fine di tutte le importazioni.. Ora vediamo perché bloccare l’import del riso lavorato dai Pma era così importante.

Il danno diretto è sul lavorato

Come sappiamo, la richiesta della clausola è stata avanzata dal Mise e non dal Mipaaft: c’è una ragione giuridica e una economica. Oltre al fatto che la clausola è di competenza della DG Trade, e pertanto interpella il Mise, in base alle analisi condotte dall’Ente Risi il danno provocato direttamente – cioè in termini di mancate vendite sul mercato europeo – dalle importazioni dei Pma riguardava quasi esclusivamente il riso Indica bianco lavorato e, in base alla normativa vigente, era possibile invocare la clausola sul prodotto che aveva subito un danno diretto. Così si è fatto. (HAI SCARICATO LA NUOVA APP DEI RISICOLTORI?)

Effetto domino

Come tutti sanno, il danno provocato dalle importazioni Indica si è esteso poi a domino investendo tutto il mercato del riso e dei risoni, provocando un deprezzamento del prodotto europeo superiore al 30% e una riduzione della risaia coltivata ad Indica da 77mila a 33mila ettari solo in Italia. Con il contraccolpo che sappiamo sul riso Japonica e sul tondo, che continua tuttora. L’effetto meno immediatamente visibile e più diretto dell’esenzione di cui hanno goduto i Pma è però un altro: la riduzione del collocamento di riso lavorato europeo sul mercato interno e quindi le esportazioni di riso indica dall’Italia al resto d’Europa, perché a causa delle concessioni daziarie il nostro prodotto era (ed è, in assenza di dazi) meno competitivo di quello d’importazione. Per questa ragione – la contrazione dell’export di Indica in Europa – i prezzi dell’indica sono crollati, allineandosi ai valori pagati per il riso cambogiano “esentasse”; per questa ragione i coltivatori hanno abbandonato il riso lungo destinato all’export; per questa ragione l’investimento degli agricoltori si è orientato pesantemente sul riso japonica; per questa ragione il prezzo del riso japonica è crollato… perché il riso lavorato dei Pma ha preso il posto del riso lavorato europeo sul mercato europeo.

I numeri

Le importazioni di riso indica lavorato da Cambogia e Myanmar nel 2008/2009 ammontavano infatti a 5.297 tonnellate mentre nel 2017/2018 sono state 326.007 (+ 5056%, e sono cresciute ancora nel 2018, superando le 372.000) mentre le vendite di riso lavorato italiano nell’Ue sono passate da 240.305 tonnellate a 192.302 nello stesso arco di tempo (-20%). Per fermare questo tsunami i sindacati e l’Airi hanno chiesto all’Ente Risi e al Ministero di chiedere la clausola di salvaguardia, che, chiudendo la falla apertasi nel mercato dell’indica, riportasse tutto il mercato – lavorato e risoni – in equilibrio.

Ora che succede?

Tuttavia la partita non si chiude qui. Bisogna ragionare in prospettiva: in primis, cosa vuole provocare la Commissione europea concedendo la clausola? Bruxelles pone due condizioni, reintroducendo i dazi: 1) che non vi siano speculazioni industriali, ossia che il riso esente dazio bloccato in Cambogia e Myanmar non arrivi in Europa per altre vie in cui continueranno a vigere le concessioni, dal Vietnam alla Guyana; 2) che la clausola propizi l’aumento di investimento nell’indica europeo, in modo che la maggior disponibilità di prodotto comunitario vada a soddisfare la domanda che si creerà con la reintroduzione del dazio sui Pma.

La responsabilità dell’industria

Cosa avverrà realmente? Sul fronte internazionale è presumibile che le industrie cambogiane nuove di zecca, costruite per lavorare riso da export, cercheranno nuove vie per vendere il loro prodotto. La più vicina è la Cina, ma da quelle parti c’è anche il Vietnam, che ha appena siglato un accordo con l’Ue. Sul piano interno, come abbiamo visto, i risicoltori oggi sono più propensi a coltivare risi lunghi A e risi tondi: se continueranno a farlo, la clausola potrà essere reintrodotta. D’altro canto, agli attuali prezzi dell’indica è difficile ipotizzare un percorso diverso e il punto debole del disegno italiano è proprio questo: non il fatto che non si possano bloccare le importazioni agevolate di semigreggio ma che l’indica non è più remunerativo. In altre parole, la clausola funzionerà solo se l’industria, che in questi mesi ha invocato spesso un maggior ettarato indica, metterà mano al portafoglio e riconoscerà un equo compenso ai produttori di questo tipo di riso. Non c’è alternativa. (Post scriptum: l’Europa si prepara a rivedere l’intero sistema SPG, cioè tutte le concessioni. Se questo avvenisse, nei primi mesi del 2019, sarebbero reintrodotti i dazi anche su semigreggio e risone) (HAI LETTO LE NEWS SULLA SICUREZZA DEL RACCOLTO?)
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