La sorte della Corisa appesa a un filo. Lo rivela la Nuova Sardegna, che spiega come il consorzio del riso cerchi un socio per riavviare la produzione. I cancelli della coop sono chiusi da qualche giorno ma c’ chi resta convinto che si possa fare ripartire l’attivit nello stabilimento della zona industriale di Oristano. L’Organizzazione produttori risicoli di Oristano e San Gavino, che raggruppa il settanta per cento dei coltivatori di riso, potrebbe, insieme a una societ privata, riavviare la produzione. Lo ha anticipato nei giorni scorsi al giornale sardo il presidente della Corisa, Antonello Scano. La scelta di passare a una liquidazione volontaria, ufficializzata in uno studio notarile, fa intendere che i superstiti della Corisa, 35 soci con in testa proprio Antonello Scano, sono intenzionati a salvare lo stabilimento, che vale il triplo dei debiti accumulati, avvisa il giornale. "Non abbiamo ancora del tutto abbandonato il campo e stiamo cercando un’alternativa al fallimento – ha dichiarato Antonello Scano -. L’obiettivo quello di coinvolgere tutti i produttori isolani per riavviare lo stabilimento. L’unit dei produttori fondamentale proprio in questo delicato passaggio. Se riusciremo a fare ripartire la produzione anche la Regione garantir il suo intervento". Lo stabilimento della Corisa, tecnologicamente uno dei pi avanzati in Italia, era stato realizzato nel 2000 con l’obiettivo di garantire la lavorazione di almeno 70mila quintali annui. Quantitativo sotto il quale si sarebbe andati in perdita, soprattutto a causa della concorrenza agguerrita non solo di altri Paesi dell’Europa, ma anche del resto del mondo. Nel giro di breve tempo, ha ricostruito il quotidiano dell’isola, i soci diminuirono notevolmente e il costo dell’acqua, che arriv a toccare i 450 euro ad ettaro, diede il definitivo colpo di grazia. La produzione scese dai 67mila quintali del 2002 ai poco meno di 18mila dello scorso anno. "Siamo subentrati alla vecchia dirigenza accollandoci un debito di quattro milioni di euro – ha detto anche Antonello Scano – determinato proprio dalle spese di realizzazione del nuovo impianto, che era costato allora 17 miliardi di vecchie lire. Il 75 per cento era stato finanziato dalla Regione, il resto era frutto di un investimento dei soci. Quel debito iniziale, diluito negli anni, non stato mai saldato e ha pesato sempre nei bilanci. Nel primo anno della nostra gestione, con la produzione ancora a quota 60mila quintali – ha detto ancora il presidente della Corisa – siamo riusciti a ridurre il debito di un milione di euro, ma poi arrivata la crisi e tutte le traversie che si sono susseguite sino a oggi. Lo scorso anno, alla presenza anche dell’assessore all’agricoltura Foddis, avevamo ipotizzato un progetto di rientro dei debiti, ma il sistema creditizio, l’annunciata unione dei produttori e la crisi economica della Regione non ci ha consentito di fare decollare nuovamente il rilancio della societ ". La Corisa stata tra le poche aziende in Italia, e l’unica in Sardegna, a garantire al suo interno tutto il ciclo di vita del prodotto: dalla ricerca scientifica, attraverso la selezione delle sementi, alla coltivazione, la raccolta, l’essiccazione e lo stoccaggio del riso grezzo, sino alla lavorazione, al confezionamento e alla commercializzazione del prodotto finito. La cooperativa era nata nel 1975 per iniziativa di nove soci fondatori, con lo scopo di raggruppare l’intera produzione del riso sardo e valorizzarne l’eccellente qualit . Alla met degli anni ’90 venne acquistata nella zona industriale l’area di 25.000 metri quadrati dove si realizz una prima struttura che riusc a stoccare oltre 20mila quintali di riso. Nel 2000 la Corisa ultim l’informatizzazione del processo produttivo con la robotizzazione dell’impianto di confezionamento, tra i pi moderni in Italia.
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