«La scelta dell’imprenditore è libera e ogni agricoltore ha tutto il diritto di seminare come gli pare, ma il consorzio irriguo, in extrema ratio, potrebbe far leva sull’aspetto economico…» Benedetto Coppo ragiona a voce alta e dice l’inevitabile. La rete irrigua non è in grado di dissetare tante risaie seminate in asciutta. Anche il neopresidente dell’Unione agricoltori di Vercelli si schiera per il contingentamento. E Coppo, diciamolo subito, non è uno qualunque. Presidente della Commissione prezzi della Borsa merci di Vercelli, è uno degli imprenditori più ascoltati in Confagricoltura.
L’intervista a Benedetto Coppo
Presidente Coppo, a continuare con questo ritmo di semina in asciutta la risicoltura rischia veramente di morire di sete?
Il problema è noto da anni ed è serio. Personalmente sono sempre stato convinto che è necessario un contingentamento di questa pratica di semina, anche se, da liberale, non sono d’accordo con chi vorrebbe “imporre” una soluzione. Adesso, però, il problema si è aggravato e non possiamo far finta di nulla. La rete irrigua che serve la risaia del triangolo Vercelli-Novara-Pavia è costituita da canali che hanno una dimensione idonea alla irrigazione continua e non turnata e senza la sommersione si impoverisce la falda. Ciò comporta scarsità di risorsa idrica e costi maggiori. L’Ovest Sesia ha consigliato in passato ai propri utenti di non superare il 50% della superficie seminata in asciutta a livello aziendale. Io addirittura ridurrei questa quota.
Perché non si fa?
Perché la semina interrata a file è comoda e offre vantaggi agronomici. Ma c’è un limite ed è la sostenibilità. Non possiamo infrangerlo. La scelta dell’imprenditore è libera e ogni agricoltore ha tutto il diritto di seminare come gli pare, ma i consorzi rischiano di collassare insieme alla rete irrigua e per evitarlo potrebbero far leva, in extrema ratio, sull’aspetto economico… Discorso da approfondire, certo, ma non possiamo più accantonarlo, come non possiamo accantonare quello dei principi attivi: la rarefazione di quelli autorizzati, in attesa di nuovi formulati, ci imporrà di puntare i piedi sulle autorizzazioni in deroga. Sono problemi diversi che ricadono pesantemente sui conti aziendali.
Bisogna dire con onestà che quest’anno i conti del riso non sono malaccio…
I prezzi si sono posizionati su livelli interessanti, i magazzini sono vuoti e speriamo che le quotazioni tengano il livello raggiunto nei mesi scorsi. Non pensiamo però di essere fuori pericolo: l’associazione laureati in scienze agrarie di Vercelli sta aggiornando il bilancio dell’azienda risicola alla luce della prossima Pac e sembra che i 30 euro al quintale che erano la base della remuneratività della risicoltura italiana non bastino più. Ormai si deve far conto su un prezzo del risone di almeno 35 euro.
La nuova Pac sarà lacrime e sangue. Avete una strategia?
Ci aspettiamo un taglio del 50% della Pac e dovremo affrontare una serie di percorsi ecosostenibili per recuperare una parte di questo 50%. Devo dire che al momento non abbiamo ancora un quadro chiaro degli ecoschemi che saranno elaborati a livello nazionale. Stiamo lavorandoci perché siano di facile comprensione e applicazione.
Non ritiene che anche il Psr piemontese necessiti di una revisione?
Certo e lo abbiamo fatto presente all’assessore all’agricoltura. Il sistema delle graduatorie messo in atto per le misure strumentali ha tagliato fuori interi territori e intere colture, come il riso. Non solo ci auguriamo che la prossima tornata sia più equilibrata ma ricordiamo a tutti che il psr non può essere fatto su misura di qualche territorio e di qualche coltura, ai danni delle altre.