Come ridurre le contaminazioni da arsenico nel riso? Lo spiega una recente ricerca di Marco Romani dell’Ente Nazionale Risi presentata al simposio Iupac di Copenhagen. Si tratta dei risultati di anni di sperimentazioni condotte presso il Centro Ricerche sul Riso e nelle principali zone risicole del Nord Italia, ricerche che cercano di contenere un probema ancora non soggetto alla regolamentazione comunitaria che fissi un limite di esposizione massima alle forme di arsenico inorganico introdotte quotidianamente attraverso gli alimenti. Il lavoro di Romani è volto a individuare i sistemi di coltivazione in grado di minimizzare la biodisponibilità di arsenico per le piante, individuando i principali fattori critici che influenzano l’assorbimento e l’accumulo di arsenico. I risultati di alcune sperimentazioni hanno mostrato maggiori concentrazioni di arsenico inorganico nella granella di riso prodotta utilizzando la tecnica che prevede la semina interrata e la sommersione posticipata dei campi (146 μg kg-1), mentre la tecnica tradizionale (semina in acqua e sommersione continua) ha riportato concentrazioni leggermente più basse (125 μg kg-1). Le minori concentrazioni di arsenico nel riso (42 μg kg-1) sono state riscontrate, invece, nella tecnica “riso in asciutta”, caratterizzata da una semina interrata e sole irrigazioni turnate durante il ciclo colturale. Due anni fa, una ricerca di Consumer Reports fece scalpore perché analizzando oltre 220 campioni di alimenti tra i quali cereali da colazione ha scoperto che la concentrazione di arsenico inorganico, cioè della forma cancerogena, è molto spesso alta, anche se in molti casi al di sotto della soglia di pericolosità. Un’altra amara scoperta riguardò i prodotti integrali, poiché ovviamente l’arsenico tende ad accumularsi nei rivestimenti esterni che vengono asportati durante la raffinazione e la lavorazione del riso bianco ma che restano nel riso integrale. In quel caso l’EFSA fece sapere che il riso può contenere arsenico inorganico, ma i consumi europei non sono tali da destare eccessive preoccupazioni, fatta eccezione per le comunità asiatiche con elevati consumi di riso, e che comunque rischi maggiori derivano da altri cereali come grano e avena in ragione del consumo più frequente. (17.06.14)
IL RISO E’ SOST
Presentati i risultati della sperimentazione Risosost