La semina in asciutta da pratica sperimentale è diventata stabilmente una pratica agronomica con molti aspetti positivi sulle economie aziendali, su cui anche Riso Italiano ha spesso riflettuto. Esistono misure per incentivare la sommersione, ma oggi sembrano incidere poco. Ad oggi la semina in asciutta è diffusa nel 70 – 80% delle aziende risicole lombarde con punte superiori al 90%. Eppure a fronte dei tanti punti di forzi dimostrati a livello di azienda esiste un’importante esternalità negativa a livello di bacino: l’effetto spugna garantito dalle acque di colatura dei campi di riso durante il mese di aprile in grado di ricaricare le falde acquifere viene meno. Questo comporta che ai primi caldi le crisi idriche sono più frequenti. Il fenomeno è dovuto ad altri fattori come una distribuzione diversa delle piogge (maggiormente concentrate in eventi intensi intervallati da periodi siccitosi e la competizione con altre colture tipicamente di pianura che proprio in giugno richiedono importanti volumi di acqua. In questo periodo le falde non si ricaricano perché le piogge primaverili sono cessate così come i fiumi non ricevono più le acque del disgelo ormai concluso. Insomma, all’appello manca una delle voci positive più importanti nel bilancio idrico di bacino. Regione Lombardia starebbe lavorando ad una misura del Programma di sviluppo rurale finalizzata ad incentivare la sommersione non solo durante la fase di semina ma anche dopo la raccolta in presenza delle stoppe. Gli allagamenti programmati consentirebbero di ricaricare la falda acquifera. A tracciare il quadro è stato Il Risicoltore di aprile con un articolo di Michele Bove, responsabile del settore agricolo e sviluppo rurale del Parco del Ticino.
«La semina in asciutta è una scelta prevalentemente agronomica che compete alle singole aziende risicole – dice il Direttore generale dell’Associazione d’Irrigazione Ovest Sesia, Luca Bussandri. Limitatamente alla gestione aziendale quella dei consorzi irrigui è una funzione residuale in quanto è improprio intervenire sulla redditività degli investimenti che i risicoltori compiono mesi e mesi prima della stagione irrigua. Certo, la sensibilizzazione dei risicoltori è possibile e in questa direzione abbiamo già lavorato ma le scelte aziendali sono dettate sempre dalla massimizzazione della redditività. Rispetto alla gestione delle acque – continua Bussandri – il consorzio ha il compito di prevedere l’andamento irriguo della stagione proponendo delle soluzioni infrastrutturali. Questo avviene anche grazie a un monitoraggio ormai puntuale che può fare affidamento su una massa di dati enorme raccolta negli ultimi 160 anni e oggi informatizzata. È vero la diffusione della semina in asciutta sta creando grossi problemi, soprattutto alle parti più terminali del consorzio come Palestro, Trino, Casalese dove la mancanza delle acque di colatura e lo scarso livello della falda si fanno sentire a partire da maggio – giugno. Per capire il peso delle acque di colatura sull’approvvigionamento complessivo basti pensare che in corrispondenza della massima capacità dei fiumi la portata in entrata è di circa 100 metri cubi al secondo mentre se ne osservano ben 150 metri cubi al secondo all’interno del sistema consortile. Alla minor disponibilità di acque di colatura si può pertanto rispondere per mezzo della realizzazione di nuovi canali che migliorino il collegamento con le aree meridionali e con la riduzione dei volumi a monte. Inoltre, si può aspettare l’arrivo della prima acqua di colatura». Autore: Andrea Bucci