L’Accademia dei Georgofili ha organizzato il 28 novembre una pregevole giornata di studio sul tema “Alternative ecocompatibili ai prodotti di sintesi per la difesa delle colture: opinioni a confronto”. La giornata di studio è stata coordinata dal prof. Piero Cravedi e dal prof. Giovanni Vannacci del Comitato consultivo per la protezione delle piante dell’Accademia dei Georgofili. L’impostazione di fondo, come ha ricordato il presidente dei Georgofili prof. Massimo Vincenzini, è stata basata sul metodo dell’acquisizione delle informazioni e della descrizione del quadro normativo, oltre che sull’analisi dell’evoluzione della ricerca scientifica in questo complesso e delicato settore, e dei punti di forza e di debolezza insiti nelle soluzioni proposte.
Si è trattato di un confronto pacato, inquadrato nel contesto della costante ricerca che il mondo scientifico e quello della sperimentazione e della tecnica agraria oggi più che mai mettono in atto per individuare soluzioni che garantiscano la sostenibilità delle produzioni agricole attraverso un approccio integrato ed innovativo. Impegno non semplice da realizzare, specie in tempi difficili come quelli che viviamo, caratterizzati da una straordinaria abbondanza di pregiudizi, di “derive antiscientifiche”, ma anche da speculazioni commerciali e da qualche “furbizia” di troppo. Impegno che rappresenta tuttavia una sfida che è necessario vincere per assicurare lo sviluppo di mezzi innovativi di protezione fitosanitaria, che è strumento indispensabile per il mantenimento di una produzione agricola di qualità oggi messa in pericolo da normative fortemente restrittive e dall’affacciarsi di nuove emergenze.
Il tema della giornata di studio ha permesso di evidenziare tanto criticità quanto aspetti interessanti e meritevoli di approfondimento.
La prima criticità di fondo è rappresentata dal quadro normativo che ha consentito spesso una incerta collocazione di molti prodotti immessi sul mercato in specie negli ultimi anni. Situazione di ambiguità che avrebbe consentito di inquadrare come fertilizzanti –generalmente ammessi per l’impiego in “agricoltura biologica- formulati con azione antiparassitaria che avrebbero dovuto essere sottoposti alla normativa sui prodotti fitosanitari. In questo modo sarebbero stati by-passate le più complesse e rigorose procedure autorizzative previste per gli agrofarmaci ed al tempo stesso elusi i limiti di dosaggio d’impiego prescritti per alcune sostanze attive come, ad esempio, rame e cuproderivati. Il tema è stato particolarmente analizzato da Bruno Caio Faraglia del MIPAAF, che ha illustrato il quadro normativo definito dal nuovo Reg. 2019/19 relativo ai prodotti fertilizzanti nell’UE, che modifica quello delineato dal Reg. 2003/03 e dal D.L.vo 75 del 2010, sottolineando che in presenza di azione “multipla” i prodotti dovrebbero essere soggetti alle regole del Reg.1107/09 e delle Dir. 2009/127 e 2009/128 come qualsiasi altro agrofarmaco. Anche Marco Nuti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha affrontato le criticità del quadro normativo, ricordando che i prodotti di origine “naturale” contenenti macro e microrganismi (cosiddetti “microbials”), i semiochimici (feromomi e allochimici) e gli estratti vegetali ad azione fitosanitaria rientrano nell’ambito regolatorio del Reg.1107/09 e delle Dir. 127 e 128 sugli agrofarmaci. Ciò dovrebbe consentire di superare le interpretazioni conflittuali sulla collocazione di prodotti definiti bio-stimolanti e bio-pesticidi e fare chiarezza su un mercato tuttora piuttosto nebuloso.
D’altra parte le norme europee, se da un lato con la loro restrittività e la conseguente lunghezza ed onerosità delle procedure di registrazione rallentano l’immissione mercato, dall’altro dovrebbero consentire di valutare tutti gli aspetti problematici legati a questi prodotti.
La seconda criticità è legata al profilo ecotossicologico di prodotti che, benché qualificati come “naturali” e talora impropriamente “a basso rischio”, non sono privi di pericoli. Al contrario presentano diverse potenziali criticità di carattere ecotossicologico (destino ambientale, sviluppo di metaboliti secondari, ecc.) che devono essere attentamente analizzate e valutate per limitare i rischi connessi al loro uso e soprattutto alla loro dispersione nell’ambiente. Che assume particolare rilievo nel caso di prodotti fitosanitari contenenti microrganismi (quali batteri, funghi e virus) i quali non vengono distribuiti in quantità finite e non hanno una diffusione puntuale o comunque limitata come un agrofarmaco di sintesi, ma possono riprodursi, moltiplicarsi e disperdersi naturalmente in maniera più o meno incontrollata (con un rischio di diffondere patologie o creare resistenze agli antibiotici dalla pericolosità teorica piuttosto elevata).
A fronte di questi aspetti critici altri meritano interesse sia nell’ambito della bioprotezione e del biocontrollo (quindi della risposta ad avversità biotiche) che in quello della biostimolazione (ovvero del miglioramento dello stato di salute delle piante e della risposta ad avversità abiotiche). Negli ultimi anni sia le multinazionale dell’agrochimica che altre industrie hanno investito in RD ed immesso sul mercato diversi prodotti e proposto molteplici soluzioni che nel corso del convegno sono state illustrate da alcuni operatori del settore.
In particolare nei settori fitoiatrici della protezione da funghi patogeni ed insetti si dispone già di formulati e soluzioni “green”con interessanti caratteristiche, anche se con una percentuale di efficacia (giova ricordare che l’efficacia di un trattamento fitosanitario rappresenta la prima misura di mitigazione del suo impatto, che esiste comunque indipendentemente dal prodotto e dalla metodologia cui si ricorre) generalmente inferiore a quella dei corrispondenti prodotti di sintesi. La numerosità delle avversità da controllare, la molteplicità delle colture e delle produzioni che necessitano di protezione fitosanitaria e l’enorme quantità di variabili in gioco rendono la strada alquanto difficile e la sfida particolarmente complessa ma anche avvincente. In definitiva per questi settori della difesa fitosanitaria le disponibilità attuali e le prospettive future inducono a ritenere che possa esistere un interessante potenziale di sviluppo di agrofarmaci di origine “naturale”. Un altro settore in cui la ricerca e lo sviluppo di tecnologie di protezione “green” suggerisce prospettive interessanti è quello del biocontrollo dei nematodi. Un aspetto che potrebbe rivestire particolare rilevo per la risicoltura (interessanti sperimentazioni per il controllo di nematodi del gen. Meloydogine sono in atto nel settore del pomodoro in serra).
In ogni caso l’approccio alla protezione fitosanitaria del futuro dovrebbe integrare più competenze e più ambiti disciplinari in modo da utilizzare un più ampio ventaglio di soluzioni a partire da quelle che potrebbero essere messe a disposizione dalla nuove biotecnologie. Su cui un certo “ambientalismo” integralista pone tuttora veti insormontabili, forse senza comprendere che da esse ricaverebbero vantaggio soprattutto le produzioni agricole “biologiche”.
Appare decisamente più complicato ed aleatorio individuare agrofarmaci “green” per il controllo delle erbe infestanti, che nelle coltivazioni erbacee in genere ed in risicoltura in particolare costituisce il maggiore problema fitosanitario. Benchè il tema sia stato appena accennato nel corso della giornata, è difficile allo stato attuale scorgere prospettive nell’ambito di ipotetici “biodiserbanti” selettivi. E anche nel settore dei diserbanti “totali” le sperimentazioni avviate in particolare per trovare alternative “naturali” al glifosate hanno restituito risultati non particolarmente esaltanti sia in termini di efficacia che di profilo ecotossicologico, oltre che difficilmente sostenibili in termini economici. Potrebbe viceversa risultare utile l’abbinamento di erbicidi selettivi di sintesi -magari a dosaggio ridotto- con biostimolanti, veicolanti o esaltatori di efficacia di origine naturale su cui sono in corso diverse interessanti sperimentazioni illustrate in particolare da Daniele Villa in rappresentanza della FISSSA (Federazione delle Società di Servizi di Sperimentazione in Agricoltura).
Il convegno di Firenze, che ha costituito l’ennesima testimonianza di come il mondo della ricerca scientifica, della sperimentazione e della divulgazione tecnica indipendente in agricoltura sia impegnato nello sforzo per individuare strategie innovative per un approccio dinamico ed integrato alla protezione fitosanitaria, si è concluso con l’intervento di Maurizio Brasina della Direzione Qualità di Coop che ha illustrato il punto di vista di un leader della GDO. Purtroppo il relatore ha dovuto abbandonare la riunione immediatamente dopo aver concluso il suo intervento, rendendo impossibile un confronto che sarebbe stato probabilmente interessante. A prescindere dalle valutazioni circa la recente campagna pubblicitaria di Coop, che ha suscitato tante perplessità per alcune immagini che si potrebbero definire tecnicamente infelici, tre aspetti dell’intervento del dott. Brasina avrebbero meritato un approfondimento.
Il primo riguarda la necessità di puntare “sulla sostanza” di prodotti intrinsecamente sicuri e non semplicemente “sull’immagine” dei processi produttivi adottati (il cui valore aggiunto viene peraltro incamerato prevalentemente dalla GDO): le problematiche lamentate dal relatore in merito a residui di rame e fosfiti in alimenti certificati “bio” che sarebbero stati riscontrati nell’ambito di alcune filiere sono apparse l’ennesima conferma di questo aspetto.
Il secondo concerne l’apprezzabile progetto per un’agricoltura “ad alta sostenibilità” che Coop ha intrapreso per orientare la produzione verso approcci virtuosi, e che secondo il relatore avrebbe tra i suoi punti cardinali l’adozione di tecniche di “agricoltura di precisione”. Non c’è dubbio che in questo campo la risicoltura sia uno dei settori più avanzati, non certo per effetto di futuribili imput provenienti dalla GDO, ma per le autonome e lungimiranti iniziative messe in atto già da anni ad opera di imprenditori agricoli, studiosi e tecnici sempre attenti, dinamici ed aperti all’innovazione di cui il mondo del riso italiano è ricco.
L’ultimo aspetto meritevole di riflessione riguarda l’eliminazione di alcuni erbicidi (in primis glifosate, oltre che terbutilazina, bentazone e S-methoalachlor) da alcune filiere (in specie ciliegie, clementine, uva e meloni) disposta dai disciplinari Coop da alcuni mesi e sottolineata con particolare orgoglio nel corso del convegno fiorentino.
L’iniziativa di Coop potrà avere notevoli risultati comunicativi su consumatori che generalmente non dispongono di informazioni tecniche particolarmente approfondite. Ma sui tecnici presenti all’Accademia dei Georgofili -visto e considerato che gli erbicidi “messi al bando” non hanno sostanziale rilevanza tecnica per l’uso sulle colture interessate o addirittura non sono neppure registrati per l’impiego- ha ottenuto un effetto differente. Più o meno lo stesso che avrebbe fatto un eschimese che si fosse vantato di .… non usare il frigocongelatore. Autore: Flavio Barozzi, dottore agronomo