Si è svolto il 27 aprile il field tour dimostrativo del progetto Ristec per l’individuazione delle migliori pratiche di sostenibilità ambientale ed economica in risicoltura. Ristec rientra nell’ambito dell’iniziativa Sairisi, che a sua volta fa riferimento alla piattoforma internazionale Sai (Sustainable Agriculture Initiative), cui aderiscono numerose imprese agroalimentari oltre a istituti ed enti di ricerca e sperimentazione.
Alla presenza di Richard Burkinshaw, referente di Sairisi per l’areale europeo, i ricercatori dell’Ente Nazionale Risi, coordinati da Marco Romani, e quelli delle Università di Milano e di Torino, hanno illustrato l’avanzamento di studi e sperimentazioni riferiti in particolare alle tecniche della sommersione invernale e del sovescio.
Le potenzialità della sommersione invernale dei suoli, con le sue ricadute anche in termini di valorizzazione della risorsa idrica (secondo alcuni tecnici la pratica potrebbe ricreare i benefici sull’equilibrio idraulico un tempo esercitati dal sistema delle marcite) sono state illustrate dalla prof. Arianna Facchi dell’ Università Statale di Milano. La prof. Luisella Celi dell’Università di Torino ha riferito sui risulati delle sperimentazioni basate su sommersione invernale e sovescio in termini di effeti sulla chimica dei suoli.
La giornata dimostrativa, che nonostante il periodo di intensi lavori agricoli ha visto una significativa presenza di agricoltori e di tecnici, si è svolta in parte presso il Centro Ricerche dell’ Ente Nazionale Risi ed in parte presso l’azienda agricola Bandi di Nicorvo, che è stata individuata come “flagship farm” per la sua pluriennale esperienza nella tecnica del sovescio di leguminose, iniziata nel 2011 con il supporto tecnico di un agronomo libero professionista.
Dalle sperimentazioni emergono conferme della validità sia della tecnica della sommersione invernale che del sovescio.
Tra le due, la pratica della sommersione invernale ha finora suscitato un interesse più limitato rispetto a quella del sovescio. Ciò sembra dovuto in parte alla preoccupazione di molti agricoltori (specie se situati in zone come Bassa Novarese, Alta Lomellina e vaste aree del Vercellese in cui lo sgrondo delle acque meteoriche può rappresentare un problema) di non poter più accedere ai terreni per le lavorazioni primaverili in caso di andamento pluviometrico sfavorevole. Ma anche alla complicazione delle norme contenute nei vari PSR per l’accesso ai contributi, subordinati a procedure complesse e per molti scoraggianti.
Più diffusa sembra la tecnica del sovescio, anche se con modalità, vincoli e procedure molto diverse tra i vari PSR regionali, che spesso si contraddicono tra loro. Nello specifico caso della stagione in corso le colture da sovescio (tra cui Vicia villosa) appare come la specie più adattabile ai nostri ambienti) hanno risentito di un andamento climatico complessivamente sfavorevole. Dopo un ritardo nella germinazione dei semi legato al deficit pluviometrico autunnale si è infatti registrato un andamento fortemente piovoso e con temperature inferiori alla norma per gran parte del periodo primaverile.
Solo dopo la metà di aprile alcune coltivazioni da sovescio hanno potuto “ripartire” recuperando gran parte del ritardo accumulato (cfr foto fatta in un’azienda al confine tra le provincie di Pavia e Novara). In ogni caso, secondo alcuni tecnici, lo sviluppo degli apparati radicali delle leguminose utilizzate per il sovescio assume un’importanza primaria per la capacità di fissare azoto atmosferico nei suoli attraverso la simbiosi coi batteri del genere Rhizobium. Per questo la tecnica del sovescio di leguminose consente significativi risparmi nelle concimazioni azotate, con benefici effetti sia in termini ambientali che di contenimento dei costi di produzione. Autore: Marco Sassi