La Pac post 2020 potrebbe portare a grossi tagli nei pagamenti diretti delle aziende risicole. L’accoppiato è un’incognita. Molto dipende dalle scelte nazionali, anche una Ocm che potrebbe salvare il salvabile. Toccherà aggrapparsi ai finanziamenti che saranno erogati a chi fa agricoltura sostenibile, e converrà farlo con convinzione. Sono alcune delle novità emerse dal convegno “Quale Pac per quale riso” organizzato da Banco Bpm e Risoitaliano.eu a Novara, venerdì mattina. Auditorium Bpn gremito di agricoltori, malgrado la bella giornata e i lavori di preparazione del terreno ormai nel pieno del loro svolgimento, a dimostrazione di quanto gli agricoltori siano interessati al tema. Lo hanno compreso subito le confederazioni agricole che hanno deciso di confrontarsi pubblicamente su una sfida – pesare di più come filiera riso nel negoziato Pac – che si può vincere solo uniti. E’ esattamente per questo che Risoitaliano e il Banco Bpm hanno propiziato questo incontro dei tre sindacati, finora restii ad affrontare un tema così politico tutti insieme.
Confagricoltura e la transizione
L’esplorazione è iniziata con una constatazione: le evoluzioni della Politica Agricola Comunitaria nella programmazione 2020-2027 sono ancora tutte da decifrare, perché le decisioni non sono ancora state assunte, come hanno dimostrato gli avvenimenti della notte precedente all’incontro, quando un confronto del Parlamento Europeo sul budget ha portato ad un nulla di fatto. Dopo i saluti di Giovanni Bosco, direttore di sede del Banco, e l’analisi di Marco Sulpasso, dell’ufficio studi del Banco Bpm, il quale ha inquadrato il settore sul piano economico e finanziario, Vincenzo Lenucci, responsabile dell’area economica di Confagricoltura, è partito dalla (inevitabile) diminuzione di risorse che dovremo affrontare nel prossimo settennio per analizzare la prima grande incognita: il periodo transitorio che potrà essere di uno o due anni tra la scadenza della odierna programmazione e l’inizio della nuova. Si parla quindi del primo gennaio 2022/2023. «Nella transizione -ha spiegato Lenucci – saranno mantenuti i pagamenti accoppiati e i titoli, che potrebbero tuttavia essere ricalcolati. Verrà proseguita anche la convergenza (tendenza dei pagamenti ad uniformarsi su tutto il territorio), che continuerà ad influenzare negativamente il contributo ai risicoltori. Questo periodo influenzerà i PSR, potendo assumere nuovi impegni agroambientali solo per 1-3 anni». Nella nuova programmazione i pagamenti diretti relativi ai titoli potrebbero essere del tutto soppressi o si potrà continuare con la convergenza, la scelta spetterà alla singola Nazione, ha sottolineato l’esperto.
Nodo (scorsoio) del negoziato in corso: il valore dei titoli. «In caso di “cancellazione” dei titoli, il pagamento ad ettaro verrebbe spalmato, in base al massimale, o su tutta la superficie nazionale o sulla superficie della propria area (regione o zona individuata dal legislatore), altra decisione che spetterà alle nostre istituzioni. Dal massimale verranno anche detratte le quote per i pagamenti accoppiati, per i giovani, per le Misure Settoriali (investimenti volute dalle istituzioni in un determinato comparto), per l’Eco-schema (andrà a sostituire il greening) e per il pagamento redistributivo, che avranno un peso differente sempre in base alle posizioni dei nostri enti decisionali. Nella prossima programmazione cambierà anche il PSR, in quanto Bruxelles richiede che tutti i pagamenti siano inclusi in un unico Piano Strategico Nazionale, coerente e rivolto all’ottenimento di risultati. In Italia sarà difficile definire chi gestisce questo piano ma ci auguriamo che si crei un processo semplice e trasparente» ha osservato Lenucci.
Coldiretti e la sostenibilità
Paolo Magaraggia, responsabile delle relazioni istituzionali Ue di Coldiretti a Bruxelles, ha spiegato invece cosa comporterà, in termini di ricadute sulla Pac dei risicoltori, il Green New Deal, che punta al bilancio zero delle emissioni nocive entro il 2050. «Il percorso ecologico dovrà essere accettato da tutti gli imprenditori – ha chiarito – perché su questo esiste un consenso unanime da istituzioni e opinione pubblica che è impensabile contrastare. La Pac avrà, inoltre, una nuova architettura verde, con l’Eco-schema che influenzerà in modo importante anche il primo pilastro, ma non dobbiamo abbatterci. La coltivazione del riso è fondamentale per l’equilibrio ambientale del nostro continente, contribuendo a preservare biodiversità ed ecosistemi ricchi e favorendo un’azione di riserva, regolazione e filtro naturale delle acque. La risicoltura risponde alle nuove sfide proposte dall’UE ma dobbiamo ricordarlo ai Commissari, come abbiamo già fatto come Coldiretti nel 2003, ottenendo importanti risultati (mediamente si passò da possibili 400 €/ha di contributo a 700 effettivi). In ogni caso, saranno richiesti dei cambiamenti nel modo di lavorare e nel bilancio aziendale e noi dobbiamo affrontare questo processo di transizione cogliendo le opportunità che ci saranno offerte dall’Ue» ha esortato.
Magaraggia ha chiarito che non si intende fare alcuno sconto all’Europa, semmai essere realisti ed anche individuare tra le pieghe del Green Deal e della nuova Pac quegli elementi che possono tornare utili al risicoltore italiano: «In base alle nuove norme europee sulla sostenibilità, i prodotti alimentari che non saranno conformi alle discipline europee in materia ambientale non saranno autorizzati sui mercati dell’Ue» ha sottolineato, ricordando la battaglia in corso con Cambogia e Myanmar e ribadendo la necessità di lavorare per l’indicazione obbligatoria del Paese d’origine in etichetta, «misura chiaramente legata al tema dei consumi dei prodotti importati» ha detto Magaraggia.
Cia e l’opinione pubblica
Molto “caldo” l’intervento Ivan Nardone, del Dipartimento economico Cia-Agricoltori Italiani: «Non possiamo subire le Politiche Agricole e dobbiamo lottare per deciderle, poiché stabiliscono parte del guadagno e delle possibilità di centinaia di migliaia di agricoltori italiani. Il contributo che ogni singolo cittadino europeo fornisce oggi all’agricoltura è di 0,20€ al giorno, analizzando il bilancio comunitario, ed io mi chiedo – ha esclamato – se le istituzioni possano realmente essere così ambiziose nelle loro richieste. La differenza d’opinione del resto è evidente tra le istituzioni comunitarie, emersa dalle proposte di Parlamento, Commissione e Consiglio, circa lo stanziamento di fondi per la Pac. Questi elementi sottolineano la complessità delle decisioni, a cui si aggiunge la Brexit, che porterà sicuramente a una riduzione dei fondi. In questa complessità ha un peso molto negativo il fatto che l’opinione pubblica continui a lamentarsi dei contributi all’agricoltura (35,4%), per quanto in altri periodi l’aiuto rappresentasse davvero l’80% del bilancio comunitario: trovo sia una follia che questa lamentela sia in voga ancora oggi. Agli agricoltori oggi viene chiesto – ha affermato con tono perentorio Nardone – di produrre le stesse quantità, con crescenti virtù ambientali e maggiore efficienza, utilizzando sempre meno mezzi e falcidiando i loro contributi, portandoli al 29%. Trovo che sia qualcosa di assurdo: ci vorrebbe una manifestazione di piazza al giorno come minimo in questa situazione!» Nardone ha ricorda i meriti storici della Pac, esortando a riconoscere il valore del cambiamento che ha portato all’agricoltura comunitaria – i ¾ dei posti letto di villeggiatura oggi è nelle aree rurali – ma anche la sua fragilità – costi alti e piccole dimensioni (12 ha in media) e sostenendo che per far quadrare i conti della Pac l’unica strada è «una Ocm di settore per il riso, come per altre colture, che potrebbe vedere l’Ente Risi nel ruolo del protagonista». Palla lanciata nel campo dell’ultimo relatore, Paolo Carrà, Presidente di Ente Nazionale Risi… (L’intervento di Paolo Carrà sarà illustrato da un altro articolo nelle prossime ore) Autore: Ezio Bosso