Al centro della conferenza “Dove sta andando la Pac: l’evoluzione della Pac tra il Green Deal e l’emergenza Covid-19”, tenutasi in videoconferenza il 21 dicembre, vi è stata la serie di quaderni “Dove sta andando la Pac”, che Coldiretti promuove allo scopo di descrivere l processo dell’attuale riforma della Pac. All’incontro online hanno preso parte Vincenzo Gesmundo, Segretario Generale Coldiretti, Paolo Magaraggia, di Coldiretti Bruxelles, il prof. Felice Adinolfi dell’Università di Bologna, il prof. Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia, Stefano Leporati dell’Area Economica Coldiretti, Catia Bastioli, Amministratore delegato Novamont, Paolo De Castro di Comagri ed Ettore Prandini, Presidente Nazionale Coldiretti, moderati dal prof. Fabrizio De Filippi dell’Università Roma Tre. La definizione del bilancio a lungo termine dell’Unione europea – il cosiddetto Quadro finanziario pluriennale (Qfp) – e, al suo interno, la rivisitazione della Politica agricola comune (Pac), sono sempre frutto di un processo negoziale lungo e complesso. Nel caso del Qfp 2021-27 e della relativa Pac, una serie di circostanze hanno reso il percorso ancora più lento e accidentato facendo slittare di due anni l’entrata in vigore della “nuova” Pac. Tra queste circostanze contingenti ricordiamo la Brexit, le elezioni europee del 2018, l’insediamento della nuova Commissione, avvenuto a fine 2019, la pandemia del Covid-19 e, infine, il veto che Ungheria e Polonia hanno posto nel corso dell’ultima fase del processo di approvazione del Qfp.
La lunga genesi della nuova Pac
Il primo passo formale per la definizione della nuova Pac 2021-2027 è avvenuto il 2 febbraio 2017, con la consultazione pubblica indetta dalla Commissione al fine di raccogliere le opinioni dei cittadini europei sulla Pac post-2020, opinioni che hanno contribuito ad implementare ed indirizzare il primo documento di proposta ufficiale dal titolo Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura, relativo alle linee guida sul futuro della Pac. Il 1° giugno 2018, la Commissione europea ha poi presentato le proposte legislative sulla Pac 2021-2027, tra le quali spiccano alcune novità: in primis la redazione di un piano strategico nazionale, i nuovi pagamenti diretti, la convergenza, la possibilità di abolire i titoli, il capping, la nuova definizione di agricoltore attivo, denominato genuine farmer (agricoltore “vero e proprio”) ed alcune nuove misure per la politica di sviluppo rurale. Tra gli obiettivi inediti nel panorama della Pac figurano le catene del valore, i servizi ecosistemici, l’occupazione, la bioeconomia, la digitalizzazione, l’alimentazione e la salute. Le divergenze di opinioni tra gli Stati membri sulla proposta relativa al nuovo Qfp, riscontrate nel Consiglio europeo del 17-18 ottobre, e le incertezze che erano ancora in corso sulla Brexit hanno portato ad uno slittamento dell’accordo sul Qfp al 2020: a tale scopo, il 31 ottobre 2019, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento che stabilisce un periodo transitorio per il 2021, poi ulteriormente prorogato, il 30 giugno 2020, al 31 dicembre 2022, con l’entrata in vigore della nuova Pac a decorrere dal gennaio 2023.
Nel frattempo, già nel mese di dicembre 2019, la Commissione europea aveva presentato la comunicazione sul Green deal e, nei primi mesi del 2020, la strategia Farm to fork. Il 21 luglio il Consiglio europeo ha poi raggiunto l’accordo sul nuovo Qfp 2021-2027 e il pacchetto del Fondo di ripresa (Next Generation Eu). Il fondo del Next Generation Eu (Ngeu), secondo l’accordo politico in sede di Consiglio europeo di luglio 2020 ammonta a 7,5 miliardi di euro a prezzi costanti 2018 (8,2 miliardi a prezzi correnti): i Psr potranno disporre nel 2021 e 2022 della dotazione ordinaria con l’aggiunta delle risorse messe a disposizione dal programma Next Generation Eu per un importo complessivo di 8,07 miliardi di euro.
La pandemia e il cambio di rotta
A partire dal mese di marzo 2020, con lo scoppio della pandemia da Covid-19, la situazione si è ulteriormente complicata e già a metà marzo 2020 la Commissione europea ha presentato la Coronavirus Response Investment Initiative (Crii) per spingere gli Stati membri ad utilizzare i fondi di coesione 2014-2020 non ancora impegnati. Il 18 maggio, il cancelliere tedesco Merkel e il presidente francese Macron hanno sostenuto la creazione di un ambizioso Recovery fund, sotto forma di fondo di ripresa con una dotazione di 500 miliardi di euro finanziati tramite il bilancio dell’Ue e destinati ai settori e alle regioni più colpite, nel contesto della transizione ecologica e digitale basata sulla ricerca e l’innovazione. Su tali basi, il 27 maggio 2020, la Commissione europea ha proposto un Qfp 2021-2027 rivisto e potenziato nel quale, ai 1.100 miliardi di euro della proposta della Commissione per il Qfp 2021-2027, si sono aggiunti 750 miliardi del Ngeu, per un importo complessivo di 1.850 miliardi di euro. Infine, la Commissione ha previsto di stanziare 11,5 miliardi di euro già dal 2020, aggiuntivi rispetto agli importi dell’attuale Qfp, e che almeno il 25% delle risorse complessive del Qfp e del Ngeu siano destinate alle azioni per il clima e l’ambiente. Il nuovo pacchetto di risorse finanziarie proposto si aggiungeva ai 540 miliardi di euro già approvati dal Consiglio europeo il 23 aprile 2020, da erogare sotto forma di prestiti tramite il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e il programma Sure (a sostegno dei lavoratori).
Il mattino del 21 luglio i Capi di Stato e di Governo al Vertice straordinario di Bruxelles, hanno raggiunto un accordo politico sul nuovo Qfp e sul pacchetto Ngeu, per una dotazione totale di 1.824,3 miliardi di euro:
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- Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 con dotazione complessiva di 1.074,3 miliardi di euro
- Strumento europeo di emergenza per la ripresa (Ngeu) del valore di 750 miliardi di euro; il principale programma nell’ambito Ngeu è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf), che prevede un importo complessivo di 672,5 miliardi: l’Italia dovrebbe essere il primo paese beneficiario per complessivi 209 miliardi di euro
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L’accordo finale stabilisce una dotazione Pac di 336.444 milioni di euro, dei quali 258.594 milioni al primo pilastro e 77.850 milioni al secondo. L’accordo politico su Qfp comporta però diverse conseguenze finanziarie sulla Pac:
- Convergenza esterna finanziata in modo proporzionale da tutti gli Stati membri
- Limitazione dei pagamenti diretti (capping), introdotto su base volontaria a un livello di 100.000 euro
- Riserva agricola e disciplina finanziaria: l’importo della riserva agricola è fissato a 450 milioni di euro a prezzi correnti all’inizio di ogni anno nel periodo 2021-2027, alimentato con gli importi non utilizzati della riserva dell’esercizio finanziario 2020
La dotazione Pac assegnata all’Italia, a prezzi correnti, comporta un aumento del 6,2% rispetto alla proposta della Commissione di maggio 2018. L’aumento del I pilastro (Feaga) è concentrato sui pagamenti diretti (+1,7%), mentre rimane inalterata la dotazione per le spese di mercato. Al contrario, la dotazione del II pilastro aumenta del 20%.
La Pac e il Psr nel contesto del regolamento transitorio
Dal punto di vista giuridico, si conferma il regime del regolamento (Ue) n. 1307/2013, per cui il sistema attuale dei pagamenti diretti (pagamento di base, pagamento greening, pagamento giovani agricoltori, pagamento accoppiato, pagamento piccoli agricoltori) sarà mantenuto per gli anni di domanda Pac 2021 e 2022.
I titoli all’aiuto sono prorogati per il 2021 e il 2022 ma il regolamento transitorio dispone che gli Stati membri possano continuare a utilizzare, anche negli anni 2020, 2021 e 2022, il meccanismo di convergenza interna che invece l’attuale regolamento 1307/2013 prevede si fermi al 2019.
Per quanto riguarda lo sviluppo rurale, gli attuali Psr possono essere prorogati sino al 31 dicembre 2022 e le misure da essi previste si baseranno sulle norme e sugli strumenti attuali.
Dal punto di vista finanziario ci sono due opzioni:
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- i Psr che a causa della mancanza di risorse finanziarie non sono in grado di assumere nuovi impegni giuridici, possono prorogare i loro programmi di sviluppo rurale fino al 31 dicembre 2022, finanziandoli con la corrispondente dotazione di bilancio del nuovo Qfp per l’anno 2021 e 2022;
- i Psr che hanno ancora diponibilità di fondi degli anni precedenti possono trasferire la dotazione di bilancio per il 2021 e 2022 alle dotazioni finanziarie per gli anni dal 2023 al 2025.
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Le spese relative a impegni pluriannuali continueranno ad essere ammissibili anche dopo il 2021: i Psr potranno aprire nuovi bandi e nuovi impegni per un periodo più breve di 1-3 anni (anziché 5 anni), oppure stabilire un periodo più lungo sulla base della natura degli impegni, oppure i Psr possono prevedere una proroga, non superiore a un anno, degli impegni dopo la scadenza del periodo iniziale, a decorrere dal 2021.
I Psr italiani potranno beneficiare, nel 2021, di un ammontare complessivo di risorse pari a 1,918 miliardi di euro annui di quota Feasr (1.648,6 di dotazione ordinaria + 269,4 di dotazione Ngeu), che può arrivare a 3,836 miliardi di euro con il cofinanziamento nazionale); nel 2022 le risorse complessive ammonteranno a 1,991 miliardi di euro annui di quota Feasr (1349,9 di dotazione ordinaria + 641,2 di dotazione Ngeu), che possono arrivare a 3,982 miliardi di euro con il cofinanziamento nazionale.
L’elaborazione del piano strategico nazionale della Pac sarà quindi il terreno effettivo su cui si misurerà la capacità dello Stato e delle Regioni di costruire un impianto di programmazione e un modello di gestione capaci di coniugare una visione globale di sviluppo sostenibile del settore con i bisogni e le caratteristiche specifiche dei diversi territori. Autore: Milena Zarbà