Le aziende risicole italiane rischiano il collasso per «l’invasione dei prodotti da Oriente: urge che le industrie escano allo scoperto e dicano in modo
chiaro se vogliono o meno la trasparenza con l’etichettatura obbligatoria». La Coldiretti del Piemonte sottolinea le conseguenze del sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime Eba: «sta agevolando le multinazionali del commercio – afferma Paolo Dellarole, presidente di Coldiretti Vercelli e Biella con delega al settore risicolo – e a farne le spese sono le nostre imprese risicole che stanno subendo pesanti ricadute economiche». L’Italia «è il primo produttore di riso, con un territorio di 237 mila ettari e un ruolo ambientale insostituibile, oltre a opportunità occupazionali – ricorda Delia Revelli, presidente di Coldiretti Piemonte – è quindi urgente che a sostegno delle imprese gli organi di competenza, quali l’Ente Risi, assumano una posizione chiara e si intervenga in tempi brevi per rendere obbligatoria una normativa sull’etichettatura d’origine». Oggi la Coldiretti nazionale ha pubblicato il rapporto Agromafie in cui parla anche del nostro settore: «Dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi, dall’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei supermercati italiani fino ai fiori del Kenya, quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese», ha dichiarato citando dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO). L’organizzazione dice anche che l’aumento delle importazioni di riso «varia dal +489% per gli arrivi dal Vietnam al +46% dalla Thailandia per effetto dell’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi) a dazio zero. Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano gli agricoltori locali, i quali subiscono peraltro lo sfruttamento del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati in Europa».
«Le industrie devono uscire una volta per tutte – sostiene inoltre il Delegato Confederale Bruno Rivarossa – allo scoperto e dire in modo chiaro se vogliono o meno la trasparenza con l’etichettatura d’origine obbligatoria. Nel comparto esistono comportamenti da basso Medioevo. Basta con le speculazioni degli industriali che, oltre a pagare a poco prezzo il risone, obbligano le imprese a stoccare nei loro magazzini il prodotto generando forme di vincolo inconcepibili e non più accettabili. L’Ente Risi – conclude Rivarossa – oggi così è un ente che ha abbandonato il proprio ruolo di difesa delle produzioni di riso italiano per una sudditanza palese verso le lobby industriali».