Clausola di salvaguardia. Il presidente di Coldiretti Vercelli, Paolo Dellarole: «ciò che viene importato deve rispettare le stesse regole della produzione europea». Anche l’Ente Risi si è espresso di recente sull’argomento attraverso Riso Italiano.
CLAUSOLA SALVAGUARDIA CONTRO IMPORT SELVAGGIO
«La clausola di salvaguardia ha funzionato andando a limitare la crescente importazione in Unione europea da Cambogia e Myanmar. Ora bisogna che ci si muova politicamente in Europa per fare in modo che la clausola si attivi in maniera automatica ogni qual volta si venga a verificare una situazione di crisi per la risicoltura». Questa la posizione di Paolo Dellarole, Presidente di Coldiretti Vercelli-Biella con delega al settore risicolo. La questione legata alla scadenza della clausola di salvaguardia, la misura introdotta nel 2019, e in vigore per tre anni, aveva ripristinato i dazi sull’importazione del riso dai due Paesi del Sud-Est asiatico. L’obiettivo era tutelare le aziende agricole europee che erano entrate in grande sofferenza a causa dell’aumento del consumo di riso asiatico.
STOP ALLA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA
Il 18 gennaio, però, questa particolare condizione è decaduta e la situazione rischia di precipitare nuovamente. «Il presidente dei produttori di riso cambogiani Song Saran – spiega Dellarole – ha dichiarato che prima del 2016 l’Unione europea assorbiva il 65% delle esportazioni di riso lavorato cambogiano, per poi scendere al 43% nel periodo 2017-2019 e al 30% nel periodo 2020. Quindi possiamo affermare che la clausola ha portato benefici. Ora, però, si rischia di tornare ai livelli di alcuni anni fa. Va ricordato, inoltre, che la situazione in Europa è deficitaria perché la produzione comunitaria copre all’incirca poco più del 50%. Dunque il riso è soggetto a continue concessioni verso Paesi produttori extra europei come ad esempio il recente accordo con il Vietnam».
BASTA BUROCRAZIA
Dellarole indica il percorso che si dovrebbe intraprendere: «Bisogna che ci si muova politicamente in Europa per fare in modo che la clausola si attivi in maniera automatica ogni qual volta che si venga a verificare una situazione di crisi per la risicoltura europea. Questo però deve avvenire senza le lungaggini burocratiche della sua attivazione che abbiamo visto al momento che ci si era impegnati per la sua entrata in vigore. Anche perché – prosegue – da notizie presenti sui mercati, ritornando il dazio zero, gli importatori europei si stanno già muovendo per far arrivare riso dalla Cambogia nonostante il rincaro dei noli».
PRINCIPIO DI RECIPROCITA’
«Bisognerebbe inoltre – aggiunge Dellarole – riuscire a far condividere in Europa il concetto che le concessioni sulle importazioni debbano basarsi sulla reciprocità. Ciò che viene importato deve rispettare le stesse regole sanitarie, ambientali, sociali e di sostenibilità della produzione europea. Si tratta di rispettare non solo la lealtà commerciale, ma soprattutto per garantire che in quei Paesi ci sia un vero sviluppo. Insomma, il principio di reciprocità dovrebbe essere raccolto dalla clausola di salvaguardia».
LA BREXIT
I miglioramenti, in quest’ultimo periodo, ci sono stati. «Negli anni in cui vigeva la clausola di salvaguardia, il comparto non è stato fermo. Ci si è attivati per aprire spazi verso nuovi mercati, come il recente accordo con la Cina. L’industria ha ampliato la gamma dei prodotti offerti seguendo una crescente domanda di riso sia in Italia, sia in Europa. I risi Indica che maggiormente hanno sofferto della concorrenza sleale delle importazioni a dazio zero hanno recuperato quotazioni remunerative. Il tutto, in un periodo in cui si è dovuto fare i conti con la Brexit, con tutti i timori che c’erano nell’approcciarsi con un Paese importante per consumi di riso come la Gran Bretagna, ma da affrontare con regole nuove non essendo più componente dell’Ue».
GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA
«In ultimo – conclude – è arrivato il Covid che oggi influenza i mercati di tutti i settori per gli scompensi che ha generato sull’economia a livello globale. Seppur le quotazioni del risone siano crescenti, i costi dei fattori di produzione sono saliti alle stelle e il rischio dell’aumento dell’inflazione è reale: la preoccupazione è che nelle prossime campagne di produzione ci possa essere un ritorno a quotazioni del risone più basse ma a costi di produzione ormai lievitati». (Fonte: Coldiretti Vercelli-Biella)