È un messaggio di moderato ottimismo quello che giunge dall’assemblea di Cia Lombardia svoltasi oggi, 22 luglio, all’hotel Michelangelo di Milano. «Pur nelle gravi difficoltà di mercato in cui è costretta a dibattersi, l’agricoltura lombarda e italiana mostra segni di vivacità e non ha nulla da invidiare a quella di altri paesi europei in quanto ad apertura al cambiamento e capacità concorrenziali» ha affermato Giovanni Daghetta presidente di Cia Lombardia.
L’innovazione delle imprese agricole e la loro capacità organizzativa e di aggregazione sotto forma di consorzi e reti di impresa sono requisiti strategici per competere sul mercato globale. Sul fronte interno pressante si fa invece l’esigenza di un riequilibrio della distribuzione del “valore” nell’ambito della filiera agroalimentare, dove i produttori di materia prima sono quelli che registrano le maggiori sofferenze. Questo quanto emerso dalla riunione che ha visto anche la partecipazione dell’assessore all’agricoltura di Regione Lombardia Gianni Fava, del presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari e del professor Giovanni Ferrazzi del dipartimento di Economia Management e Metodi Quantitativi dell’Università degli Studi di Milano e del presidente di Cia nazionale Dino Scanavino.
Nell’aprire i lavori, davanti ai numerosi soci intervenuti, il presidente di Cia Lombardia Giovanni Daghetta si è soffermato sull’analisi dell’attuale situazione di mercato. «L’ultimo rapporto di Unioncamere Lombardia evidenzia una crisi generalizzata dell’agricoltura lombarda che ormai persiste da quasi tre anni, con prezzi in calo e scarsa redditività dell’intera filiera. Nel primo trimestre 2016 anche le coltivazioni che nel 2015 avevano beneficiato di un andamento positivo hanno manifestato forti criticità nella dinamica dei prezzi”, ha spiegato Daghetta. “Le maggiori difficoltà settoriali si concentrano nella zootecnia, che rappresenta il cuore dell’agricoltura lombarda e che vede nel comparto lattiero caseario uno dei primi fattori di debolezza, pur registrando negli ultimi tempi una lieve ripresa delle quotazioni del latte spot. Ma sono tutti i comparti a soffrire, ad eccezione di quello vitivinicolo. Hanno peggiorato le proprie quotazioni anche i cereali e il riso pur mantenendo quest’ultimo una buona redditività. In tale contesto”, ha proseguito Daghetta, “evoluzioni geopolitiche internazionali come la Brexit e la situazione turca rischiano di avere un impatto negativo sul nostro settore primario. La Gran Bretagna importa ogni anno dal nostro paese 70mila tonnellate di tondo riso tondo, mentre la Turchia è un importante importatore di carne e prodotti del vivaismo. Capire come e la filiera agroalimentare possa affrontare queste problematiche è quindi argomento di stretta attualità”, ha concluso il Presidente di Cia Lombardia. “Innovare e organizzarsi per essere competitivi sullo scenario mondiale in continua evoluzione sono le parole d’ordine per il futuro delle imprese agricole».
Delle strategie di sviluppo dei sistemi agricoli e della competitività del settore ha parlato nella sua relazione il professor Giovanni Ferrazzi del dipartimento di Economia Management e Metodi Quantitativi dell’Università degli Studi di Milano. «La competitività è l’arma vincente, ma troppo spesso viene messa sotto accusa – ha dichiarato -. Vi è una diffusa e ingiustificata avversione all’impiego delle tecnologie innovative frutto della ricerca nel settore primario. Ma solo attraverso un maggior ricorso ad esse si può contenere l’impatto delle avversità e recuperare produttività. Se l’innovazione è più difficile per la singola impresa, ha proseguito Ferrazzi, è invece più agevole per realtà organizzate sotto qualsiasi forma, come ad esempio reti di imprese o consorzi. Il futuro, per recuperare valore aggiunto, sono quindi i sistemi di filiera integrati».
Un richiamo all’eticità del mercato è invece giunto dal presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari. «La garanzia di qualità del prodotto deriva anzitutto dall’equità del suo prezzo, ha dichiarato. In Italia abbiamo le migliori produzioni di qualità e la nostra biodiversità non ha eguali al mondo. Dobbiamo tuttavia saperla valorizzare, ha proseguito Calzolari. Per aggredire il mercato occorrono anche dimensioni aggregate. Spesso i mercati esteri sono bloccati da dazi e vincoli. Per superarli ed esportare con successo i nostri prodotti è necessario che i produttori si aggreghino con i distributori».
L’importanza del fattore organizzativo e della cooperazione è stata sottolineata anche dall’Assessore regionale all’Agricoltura lombardo Gianni Fava, che ha focalizzato il suo intervento soprattutto sulla situazione del comparto lattiero caseario. «Dove è forte la cooperazione c’è anche la volontà di fare interventi innovativi per migliorare la competitività aziendale, ha affermato. Chi è organizzato e strutturato resiste anche nei momenti di crisi. Il problema attuale è che il valore della filiera è totalmente sbilanciato sulla distribuzione ai danni della produzione. Anche il comparto di trasformazione è in sofferenza. L’integrazione dei segmenti della filiera ai fini di ridistribuire “il valore” è dunque un aspetto prioritario da affrontare».
A chiudere i lavori dell’assemblea è stato il Presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino che ha evidenziato l’importanza di incentivare l’agroindustria per garantire la sostenibilità del sistema. «Tutelare il reddito di chi produce all’interno della filiera significa anche valorizzare la componente ambientale legata all’agricoltura». Diversi interventi dei soci hanno infatti posto l’accento sul fatto che la funzione ambientale e di tutela del territorio che svolgono gli agricoltori non ha alcun riconoscimento remunerativo. L’importanza del fattore aggregativo e degli accordi di filiera è stata richiamata dal presidente di Cia Nazionale anche in merito alla questione di estrema attualità relativa alla crisi del prezzo del grano «Favorire una maggiore aggregazione dell’offerta e serve che i Consorzi agrari tornino a fare il loro lavoro, ha affermato. Perché oggi, invece di stoccare il prodotto, lo immettono sul mercato accrescendo di fatto la pressione sui prezzi, con comportamenti di tipo speculativo e anticoncorrenziale. Inoltre, è necessario incentivare da subito accordi e contratti di filiera capaci di garantire una più equa redistribuzione del valore e ottenere la massima trasparenza nella formazione del prezzo».
Il presidente di Cia nazionale ha poi concluso rinnovando le critiche alla recente proposta riguardante le modalità di contenimento della produzione latte. «I 150 milioni di euro stanziati dall’Ue per il contenimento dell’offerta produttiva di latte, spiega Scanavino, sembrano essere un risarcimento per quelle imprese, principalmente del Nord Europa, che hanno aumentato le capacità produttive senza misurarsi con il mercato e sottovalutando le conseguenze sugli equilibri economici. Al contrario, riteniamo che una programmazione produttiva duratura, strutturale e non condizionata alla congiuntura, sia una strada percorribile per ridare ossigeno agli allevatori».