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CHIMICA E BIO: LIBERI TUTTI

da | 15 Mar 2020 | NEWS

Abbiamo analizzato con l’agronomo Giuseppe Sarasso il regolamento sul biologico pubblicato dall’Unione Europea (REGOLAMENTO BIO 2018-848 DEL 30.5.2018) che entrerà in vigore dall’1 gennaio 2021.

Questo regolamento si apre con una serie di affermazioni che inquadrano il legame intrinseco tra la produzione biologica e la qualità. Lo condivide?

Mi sento di citare l’ultima direttiva emanata dal Ministero della Sanità in materia di mense pubbliche, dal titolo “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica”, in cui viene specificato come non vi sia alcuna differenza nutritiva tra i prodotti biologici e convenzionali. Ritengo che l’ideologia della “natura benefica” sia utile per lo più al marketing, ma priva di fondamento. Lo sta tristemente provando in questi giorni la mutazione “naturale” di un virus, fino a ieri ignorato, parassita di un pipistrello cinese…

Ai paragrafi 20 e 81 del regolamento si parla del rapporto tra sostanze contenute nei prodotti fitosanitari e nei concimi di sintesi e produzione biologica, parlando della loro approvazione ed etichettatura, affermando testualmente: “[…]L’uso di prodotti o sostanze che sono contenuti nei prodotti fitosanitari, o che li costituiscono, diversi dalle sostanze attive, dovrebbe essere consentito nella produzione biologica, a condizione che sia autorizzato a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio[…]”. Crede che sia il modo giusto di affrontare questo rapporto, che agli occhi del consumatore “biologico” non dovrebbe esistere?

A mio modo di vedere sembra una sorta di “liberi tutti”. Le grandi industrie di fitofarmaci stanno sviluppando prodotti per l’agricoltura biologica, basandosi ad esempio sulle fitoalessine (sostanze rilasciate dalle piante come repellente per funghi e insetti). Questi prodotti sono di origine naturale ma molti di essi hanno potenziali inquinanti più elevati di alcuni prodotti di sintesi.  Altro fatto da sottolineare è che le analisi chimiche delle produzioni biologiche non vengono più richieste, in seguito a forti pressioni degli organismi di controllo. Il limite residuale sul prodotto finito di 0,1 mg/kg (non 0, essendo impossibile da raggiungere in un sistema aperto come quello agricolo) per tutte le sostanze è ottenibile, in risicoltura, anche in seguito all’utilizzo corretto dei prodotti fitosanitari.

Nel testo vengono prese decisioni riguardo alle moderne biotecnologie sulla base di “percezione del consumatore ed incompatibilità concettuale”. Cosa pensa di queste dichiarazioni?

Credo che un’ importante possibilità che abbiamo di ridurre l’impiego di fitofarmaci sia l’utilizzo di queste tecnologie, in particolare quelle Crispr cas9 che hanno lo stesso meccanismo d’azione delle mutazioni naturali delle specie, solamente reso più preciso dall’uomo, permettendo di sviluppare nuove e migliori varietà in 1 o 2 anni invece che 10.

Cosa pensa della possibilità di sviluppo di una semente certificata biologica, cui fa riferimento anche il Regolamento, ricordando che “il materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico può essere commercializzato senza rispettare i requisiti di registrazione e senza rispettare le categorie di certificazione dei materiali pre-base, base e certificati, o i requisiti per altre categorie”?

Anche se parlare di semente biologica credo sia qualcosa di ideologico, penso che ci sia la necessità di sviluppare delle varietà diverse per la produzione biologica rispetto a quelle utilizzate in convenzionale, per le differenti necessità agronomiche che si hanno nel corso della coltivazione. Ad esempio le piante a taglia bassa, molto in voga oggi, sono meno competitive con le infestanti rispetto alle varietà antiche, che però producevano molta paglia e poco raccolto, dunque sono poco adatte alla produzione biologica. Enti di ricerca nel mondo stanno provando a sviluppare piante di riso con una diversa efficienza fotosintetica, C4 come il mais ed il giavone non più C3, per avere una buona produzione con nuove varietà che coniughino una crescita veloce con l’elevata produttività, ma la strada è lunga e credo sarà difficile riuscire ad avere la botte piena e la moglie ubriaca.  A livello di concia naturale, sono certo che troveranno qualcosa, ad esempio credo sia efficace l’insetticida Spinosad ricavato da alcuni batteri. Dal punto di vista della tollerabilità delle sostanze per il nostro organismo, tuttavia, questo principio attivo si presenta molto più nocivo che l’Atrazina ad esempio, dimostrando come origine naturale non significhi più sano per forza.

Il Regolamento, al paragrafo 85, parla dell’introduzione del concetto di “gruppo di operatori”, al fine di semplificare la gestione e la burocrazia nelle piccole aziende. Cosa ne pensa?

Penso che sia una cosa positiva per quei gruppi di produttori, per lo più gestori di piccole aziende, che hanno quindi problemi con la burocrazia. Con questa regola, inoltre, si favorisce il guadagno degli enti certificatori che vengono pagati attraverso percentuali sul fatturato aziendale, che chiaramente cresce se si uniscono diverse aziende in un’unica certificazione. 

Al paragrafo 95 viene affrontato il tema delle importazioni, definendo: “È opportuno che i prodotti biologici possano continuare ad accedere al mercato dell’Unione quando, pur non essendo conformi alle norme dell’Unione sulla produzione biologica, provengono da paesi terzi i cui sistemi di produzione biologica e di controllo siano stati riconosciuti equivalenti a quelli dell’Unione.” Pensa sia una restrizione giusta o si permette troppa libertà ai commercianti?

Chi comanda a Bruxelles? I commercianti e la Grande Distribuzione Organizzata, perché hanno maggiori guadagni economici e influenza sulle decisioni, mi sembra ovvio che in questo tipo di affermazioni ci sia il loro zampino. Gli agricoltori (in questo caso sia bio, sia sostenibili) hanno poco potere, inoltre viaggiano in ordine sparso senza un obbiettivo comune e, in questo modo, non riescono a far sentire la loro voce e a farsi riportare dai media.

Cosa pensa del sistema di certificazione attuale?

Credo che esista un pesante conflitto d’interesse, in quanto gli Organismi di Controllo che certificano il biologico vengono pagati direttamente dai controllati. Emblematico anche lo scandalo che nel recente passato scoppiò al Ministero dell’Agricoltura, quando si scoprì che alcuni funzionari incaricati di controllare i citati Organismi di controllo, erano proprietari di quote degli stessi.

L’Allegato I al paragrafo 1.10.1 cita: “La prevenzione dei danni provocati da organismi nocivi ed erbe infestanti si basa PRINCIPALMENTE sulla protezione ottenuta attraverso: i nemici naturali, la scelta delle specie, delle varietà e del materiale eterogeneo, la rotazione delle colture, le tecniche di coltivazione, come la biofumigazione, i metodi meccanici e fisici, i processi termici, quali la solarizzazione o, nel caso delle colture protette, il trattamento a vapore del suolo a profondità limitata (profondità massima di 10 cm).” Quel “principalmente” non dovrebbe essere un “esclusivamente”, per essere in linea con l’idea di biologico che è stata data al consumatore?

Le agenzie di marketing hanno creato, con argomentazioni spesso poco veritiere, una domanda per questi prodotti e l’UE cerca di dare un’offerta soddisfacente. Per farlo si affida agli organismi di controllo che dettano regole al fine di permettere una certificazione flessibile, adattabile alle loro esigenze; se si pensa ciò si capiscono tutte queste regole molto versatili. Il prodotto bio è considerato fideisticamente migliore dell’altro, per questo il consumatore si fida del marchio senza sapere a cosa si riferisca chiaramente. Autore: Ezio Bosso

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