L’unico segnale positivo è che le vendite sui mercati vanno a rilento. Ma i listini restano in coma, al punto che si inizia a dubitare che ci sarà il solito “rimbalzo” e si ragiona sulla possibilità che alla ripresa autunnale i mercati del risone partano dalle quotazioni di oggi. Che sono da profondo rosso. Una situazione che vede i risicoltori indifesi. Per arrestare il ribasso innescato dalle importazioni dall’Asia si può soltanto non (s)vendere. Secondo l’Ente Nazionale Risi, i trasferimenti sono in crescita dell’1,6% al 28 marzo, ma bisogna ricordare che quest’anno c’è un super-raccolto da collocare e gli operatori che frequentano i mercati ci raccontano di un sostanziale stallo, in cui i tondi continuano a scendere (meno otto il Sole, meno undici il Selenio, meno quindici il Balilla a Vercelli – vedi tabella in basso) e lo stesso Baldo sembra aver perso l’appeal delle scorse settimane. I risicoltori, che per diversi mesi hanno sostenuto gli sforzi del governo e dell’Ente Risi per richiedere un blocco delle importazioni esenti da dazio, ora si sentono vittime della speculazione e l’unità della filiera è in forse. Mai come in questo momento, l’industria è vista come una controparte che persegue interessi di bottega, in contraddizione con il proposito dichiarato di mantenere in vita una risicoltura italiana. Per la prima volta, Confagricoltura ha messo nero su bianco l’eventualità di un tracollo delle semine, parlando di 180.000 ettari contro gli attuali 234.000 e l’Associazione laureati in scienze agrarie della Provincia di Vercelli ha pubblicato un’analisi dei conti dell’azienda risicola che, di fatto, intona il de profundis, annunciando per i prossimi anni la chiusura di numerose imprese.
In questa situazione, l’Ente Risi è diventato il parafulmine del malcontento agricolo: le critiche della Coldiretti alla gestione dell’Ente sono sempre più esplicite e lo sono ancora di più quelle della base. Un malessere che viene coagulato dal movimento #ildazioètratto. Il presidente Paolo Carrà cerca di rintuzzare gli attacchi scrivendo ai Commissari europei Hogan e Malmström ed al Presidente del Parlamento europeo Tajani per sottolineare «la necessità di rivedere le regole di applicazione della clausola di salvaguardia approfittando della situazione offerta dall’art. 40 secondo comma del regolamento Ue 978/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, che fissa al 21/11/2017 la presentazione di una proposta legislativa di modifica del regolamento stesso». L’Ente Nazionale Risi «invita tutte le delegazioni italiane ed estere presenti all’incontro del 20/02/2017 ad inviare una lettera di stesso tenore così da poter sensibilizzare unanimemente chi oggi ha la responsabilità di dare concrete risposte alla filiera risicola». Sembra un appello disperato. Senza nulla togliere alla buona volontà, la sensazione è che si sia perso tempo e che adesso le armi siano spuntate: i risicoltori invocano misure immediate, che fermino il tracollo dei prezzi, ma l’Europa fa orecchie da mercante e il governo italiano sembra non volere o non poter intervenire. Martina non fa per l’agricoltura ciò che Calenda fa per l’industria.
Una prima verifica della situazione avverrà il 13 aprile al Mipaaf, dove si terrà una riunione del Tavolo di filiera del riso, «per analizzare le tematiche relative al comparto con un focus sull’effetto di mercato delle importazioni da Paesi terzi. All’incontro prenderà parte il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina», come informa un comunicato emesso dall’Unione agricoltori di Vercelli. Considerato che l’ultima riunione del Tavolo fu quella in cui si consumò il patatrac degli aiuti all’indica, è probabile che la Coldiretti – che in quell’occasione aveva denunciato le divisioni della filiera – farà la voce grossa e ribadirà la richiesta dell’etichettatura obbligatoria del riso, con l’indicazione dell’origine della materia prima sulle scatole di prodotto lavorato. In settimana, si è riunito il comitato di presidenza dell’Airi: l’industria sarebbe orientata a concedere solo l”etichettatura volontaria, finora rivelatasi inefficace.
Il secondo punto in discussione saranno i finanziamenti alla promozione: piatto ricco per chi ci si ficca, visto che l’Ente Risi ha in pancia 16 milioni di euro che i sindacati vorrebbero fargli spendere in promozione del prodotto nazionale. Un progetto che ha tanti lati oscuri – a partire da quello che nessuno può assicurare un ritorno effettivo dell’investimento in termini di vendite del riso italiano – ma che, nella situazione di disperazione che si sta vivendo oggi, è diventato un mantra. Tant’è vero che il 15 marzo sarebbe sceso in campo addirittura il presidente nazionale della Coldiretti Roberto Moncalvo, il quale, con una lettera al presidente dell’Ente Risi, ha “strigliato” Paolo Carrà chiedendogli di muoversi a investire quei soldi. Richiesta cui Carrà ha risposto picche, trincerandosi dietro il divieto di spesa introdotto dalla legge 196/2009. La lettera di Moncalvo è finita anche sul tavolo di Martina, vero destinatario della missiva, perché è l’unico soggetto politico in grado di sbloccare quei soldi.