Riceviamo e volentieri pubblichiamo: «Cari colleghi in questi giorni tutti noi stiamo programmano quali varietà di riso seminare e come difenderci dal brusone, dal nematode e dalle altre insidie. Come se non bastasse, con la nuova Pac che è appena entrata in vigore è stato più difficile del solito decidere cosa fare. Prese le decisioni, riflettiamoci sopra: non è inutile. Chi come me ha già provato a fare due conti ha notato che i prezzi dei fattori di produzione – dalla semente ai concimi, dai diserbanti ai fungicidi – sono in netta crescita rispetto all’anno scorso, quando avevamo già dovuto contabilizzare degli aumenti sostanziosi. Vi voglio dare alcuni dati: il prezzo del seme delle due varietà più seminate dalle mie parti, entrambi risi da interno, ha fatto registrare un aumento di 20-30 euro per quintale (da 120 a 140-150) e ciò è avvenuto dopo un’annata infausta, per le piogge che hanno falcidiato le rese e favorito il nematode; stesso discorso per i concimi azotati come l’urea ( da 33 a 40 euro) ed è una tendenza generale ed inarrestabile. Io sono un piccolo risicoltore veronese e sono tentato di abbandonare – come altri miei colleghi – questa coltivazione a causa dei costi troppo alti, non essendoci peraltro una stabilità di mercato in grado di garantirci, pur nell’ambito del rischio che è connaturato ad un’attività imprenditoriale, una stabilità di reddito da “sussistenza”. Sicuramente anche per le altre colture non sono rose e fiori ma credo che sia divenuto indifferibile ridurre i costi per restare a galla. Credo che sia necessario aprire un dibattito anche su questo versante e che convenga agli stessi produttori di sementi e di prodotti chimici: cosa sarebbe del loro “mercato” se noi fallissimo? Enrico Soffiati – risicoltore a Cerea (Vr) (nella foto piccola Enrico Soffiati, nella foto grande uno scorcio della sua azienda) (24.01.15)
DIECI ANNI DI LAVORO PER IL RISO
Intervista al past president del gruppo riso di Copa Cogeca, Giuseppe Ferraris