Impellente necessità di un cambiamento nell’approccio della politica, delle rappresentanze e degli agricoltori stessi verso l’agribusiness. E’ l’appello che lancia Antonio Boschetti (foto piccola), il direttore de L’Informatore Agrario nell’ultimo numero della rivista prima della pausa estiva. Un monito che interessa anche la risicoltura, alle prese con una serie di sfide epocali, dalla concorrenza cambogiana alla riforma della legge sulla denominazione dei risi in commercio in Italia. Per Boschetti «l’esigenza di un cambiamento di passo emerge già da tempo e con chiarezza» dal giornale che da tempo denuncia «inefficienze e decisioni dettate da ragioni diverse da quelle degli interessi dell’agricoltura». Boschetti cita gli Ogm, «questione affrontata da politici e organizzazioni, lo abbiamo scritto spesso, in modo esclusivamente ideologico. Tant’è che invece di spingere sulla ricerca per fugare i legittimi dubbi in materia, si è preferito distruggere le prove in campo in atto all’Università della Tuscia e, al contempo, agitare spauracchi improbabili anziché mettere mano alle regole di coesistenza come l’Europa ci chiede da anni». Ma non solo. Nel mirino del giornale veronese ci sono anche le decisioni delle Regioni e del Mipaaf rispetto agli aiuti accoppiati della pac. «Quelle risorse fi nanziarie dovevano essere utilizzate per sostenere filiere in crisi e per rafforzarle in un’ottica di competitività internazionale. Poche decine di euro a ettaro non possono incentivare alcun comportamento virtuoso, né imprenditoriale, né ambientale. Né tanto meno possono sostenere occupazione e investimenti. Ministero e Regioni a nostro avviso hanno sbagliato a non concentrare le risorse su filiere strategiche». Conclusione che ciascuno – ovviamente – può tirare dalla propria parte, come si fa con una coperta corta: ma se si può discutere sul concetto di “strategico” non si può che dare ragione toto corde al direttore dell’Informatore Agrario per il coraggio di denunciare «le responsabilità dei burocrati e delle organizzazioni professionali. Se la sburocratizzazione langue, scrive nell’editoriale, gran parte delle colpe è da ricondurre a chi di burocrazia vive: funzionari pubblici e organizzazioni. All’agricoltura serve più pragmatismo, meno difese corporativistiche e un progetto strategico che guardi ai prossimi 10-20 anni. Chiediamo a chi la pensa come noi di darci un segnale di vicinanza» conclude Boschetti. Eppure non è la fine del discorso, perché all’interno del giornale Lorenzo Andreotti espone i risultati di un sondaggio promosso dalla rivista secondo il quale la maggioranza degli agricoltori (27%) spende tra i 1.000 e i 2.000 euro all’anno per gli adempimenti burocratici obbligatori (costo che comprende tempo, commercialista, Caa, ecc.), ma sono tantissimi (24%, praticamente un agricoltore su quattro) a spenderne più di 4.000. Un risultato spaventoso» commenta il giornalista ricordando che sono spese ovviabili «informatizzando la Pubblica amministrazione e istituendo il Registro unico dei controlli». Sempre secondo il sondaggio, più del 60% degli agricoltori subisce nello stesso anno per due volte o più lo stesso controllo da enti diversi e circa il 15% è sottoposto più di 3 volte allo stesso accertamento… «Una situazione a dir poco inaccettabile per un Paese civile» è il giudizio del giornalista. (10.08.14)
PREOCCUPA L’ACCUMULO NEVOSO
L’analisi idrologica a cura di Confagricoltura Pavia e di Alberto Lasagna