Questa Pasqua sembra San Silvestro. E’ la Pasqua più inquieta degli ultimi anni. Uno spartiacque tra un passato di crescita e un futuro incertissimo. La festività religiosa porta con sé significati bellissimi: la Resurrezione, la primavera dello spirito e del corpo, un rinnovamento interiore. Un giorno in cui, di solito, finisce il freddo e si rivede il sole. Di solito, perché quest’anno non è così. Il sole continuiamo a vederlo e il freddo si avverte ancora, secco e duro di notte, anche quando le giornate annunciano l’estate. Ma quel che è peggio: non si rinasce sulle macerie.
MESI DI TENSIONE
Abbiamo alle spalle mesi di tensione, in cui il clima non ha regalato niente e i risicoltori si sono divisi drammaticamente tra chi spera di avere l’acqua e chi teme di non averla, tra chi ritiene di aver il diritto di tenersi quella che ha e chi vorrebbe prendergliela, in nome di un diritto naturale al bene comune che invoca ma che probabilmente non rispetterebbe, a parti rovesciate. Chi scrive ha un privilegio assoluto: non ha terra e non ha altro interesse che pubblicare le idee di tutti affinché tutti le leggano. E’ una realtà talmente incomprensibile in un Paese di tifosi che ancora non è stato capito, ma il problema non è questo. Il problema è la grande differenza tra la politica e la sopravvivenza. Una cosa è fare il tifo e dividersi sulla poltrona del presidente dell’Ente Risi, sul riso biologico o sull’eterna gara tra Coldiretti e Confagricoltura; un’altra cosa è farlo su una barca che affonda, tra chi riuscirà a salire sulla scialuppa e chi finirà in bocca agli squali del mercato. Una scialuppa è una salvezza momentanea.
LE DECISIONI PRESE
In passato, si è discusso animosamente nelle nostre risaie. Ad esempio, se la clausola di salvaguardia sia stata efficace, se il triciclazolo fosse davvero cancerogeno e come sostituire il glifosate… Problemi grassi, consentitemi. Quella sull’acqua non è una discussione ma la guerra dei poveri. Negli scorsi mesi ci si è presi a badilate, dividendosi all’insegna del mors tua vita mea. Questo giornale online ha cercato di dare voce a tutti – chi non ha preso la parola è perché ha voluto tacere, malgrado i nostri solleciti e con un atteggiamento incomprensibile – perché, discutendo, emergesse un sentiero di soluzione. Al momento, non si è trovato. Le decisioni sono note, ne abbiamo parlato ampiamente. Le Regioni hanno deciso di posticipare le semine; i consorzi si sono attrezzati per andare in guerra, prevedendo un’estate siccitosa e raccolti scarsi o nulli; l’Est Sesia ha partorito un regolamento irriguo accusato di favorire la Lomellina contro il Novarese, ma che andrà valutato alla prova dei fatti; quello della Baraggia ha già sventolato bandiera bianca perchè la risorsa invasata è insufficiente; l’Ovest Sesia e il Villoresi confidano nel flusso della Dora e del Ticino per salvare il salvabile. I risicoltori, dal loro punto di vista, stanno in attesa: c’è ancora più di un mese per seminare. Se piove, le previsioni più fosche che parlano di un tracollo della risaia a quota 180mila ettari saranno smentite.
LA POLITICA INCOMPETENTE
Capirete anche voi che, a nevai scarichi e cielo terso, è difficile augurarsi che la Pasqua porti a una rinascita. Anche perché, se il mondo agricolo e quello dei consorzi dimostra una certa resilienza, cioè prova a trovare soluzioni fondate sull’analisi dei dati, applicandosi al problema e cercando di tessere alleanze, il mondo politico sta dimostrando tutta la propria incompetenza, assumendo decisioni incomprensibili e ritardando quelle necessarie, ma senza aver il pudore di affrontare la più grande crisi ambientale e produttiva degli ultimi anni con l’umiltà che sarebbe opportuna. Come la si dovrebbe affrontare? Studiando e ricordandosi che amministrare la cosa pubblica è un mestiere delicato, che richiede senso di responsabilità. Pubblicando meno post e prestando più attenzione alle conseguenze reali – economiche, sociali e ambientali – delle scelte che, finite le conferenze stampa, diventano decreti e atti amministrativi che incidono nella carne delle imprese.
L’AUGURIO
La siccità si affronta solo uniti, concetto ancora poco chiaro ai politici ma anche ai cittadini e agli stessi risicoltori. Siamo tutti italiani e tutti quanti abbiamo poca consapevolezza dell’interdipendenza. Nei secoli è stata chiamata in tanti modi. Bene comune, spirito di comunità, senso dello Stato: purtroppo, ogni volta che l’uomo sentiva il bisogno di stringersi in un gruppo per difendersi c’era qualcuno che instillava il dubbio che divisi si potesse star meglio. Dividersi è un’arte in cui noi italiani siam maestri. Ma, fortunatamente, nel momento del pericolo, l’istinto di sopravvivenza ci ricorda che solo uniti si vince. Quindi, non ho altro augurio per questa Pasqua assetata: ricordiamoci che quella irrigua è una rete e che non esiste solo il “mio” canale. Autore: Paolo Viana (foto di Andrea Cherchi)
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