Il Pd chiede al ministro Martina di avere una linea più decisa in difesa del riso italiano. Lo dice chiaramente il viceministro al Lavoro, Gigi Bobba: «io sono vercellese e il problema mi tocca da vicino, ma è evidente che non possiamo assistere alla crisi del settore senza fare nulla. Abbiamo stilato una lista di priorità, che ha assunto la forma di una risoluzione parlamentare e che verrà sottoposta al ministro Martina in occasione del tavolo del 13 aprile» rivela. Bobba ha sollecitato la Commissione agricoltura della Camera dei Deputati dopo aver incontrato i vertici del movimento #ildazioètratto. «Le proposte che avanziamo sono tutte praticabili, non è il tempo della retorica» sottolinea Bobba il quale confida che per il riso «si segua la via già battuta per il latte e il grano». Ma ecco il testo della risoluzione presentata dal deputato Massimo Fiorio, vicepresidente della Commissione agricoltura della Camera. Dovrebbe essere approvata prima del 13 aprile.
«La XIII Commissione,
premesso che:
la produzione europea di riso ammonta a 1,8 milioni di tonnellate annue per un fatturato annuo di circa 3 miliardi di euro. L’Italia è il maggior produttore di riso con i suoi 234 mila ettari coltivati a riso, 4.265 aziende risicole, 100 industrie risiere per un fatturato annuo di 1 miliardo di euro;
la filiera risicola europea presenta delle peculiarità che la distinguono dalle filiere risicole del resto del mondo; infatti, è caratterizzata da:
· un’elevata specializzazione;
· un fondamentale ruolo di gestione delle acque, garantendone la disponibilità nel lungo termine;
· un’importante valenza ambientale in termini di riduzione dell’inquinamento delle acque sotterranee, di preservazione di diverse specie di animali, di prevenzione dei fenomeni alluvionali e di contrasto della salinizzazione dei terreni limitrofi alle foci dei fiumi;
· un prodotto che non può essere considerato una commodity in quanto rifornisce diversi segmenti di mercato;
· una valenza storica, sociale e culturale;
considerato che:
la filiera europea del riso sta vivendo in questi anni una profonda crisi aggravata dall’entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 732/2008 del Consiglio, del 22 luglio 2008, relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate (SPG), successivamente aggiornato dal Regolamento (CE) n. 978/2012;
il sistema di preferenze generalizzate, istituito dal 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo, è lo strumento con il quale l’Unione europea accorda un accesso preferenziale al proprio mercato ad alcuni Paesi mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi applicabili all’atto dell’importazione. Il Sistema comprende il cosiddetto regime EBA (“everything but arms”), che concede l’accesso senza dazi e contingentamenti a tutti i prodotti provenienti dai Paesi meno sviluppati (Least developed country – LDC), senza limitazioni quantitative e senza dover pagare alcuna tariffa, eccezion fatta per le armi e le munizioni. Per i prodotti sensibili, quali riso, zucchero e banane, è stata prevista una implementazione graduale del regime;
l’aumento anomalo delle importazioni di riso a basso prezzo dai paesi asiatici sta riducendo i prezzi di mercato del riso prodotto nell’Unione al di sotto dei costi di produzione, con gravi danni per le imprese europee;
l’analisi del mercato dalla data di completa liberalizzazione delle importazioni dai PMA (1° settembre 2009) ha infatti evidenziato:
· una crescita progressiva delle importazioni totali dell’UE (incremento del 65 per cento dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16), raggiungendo il record di 1,34 milioni di tonnellate nella campagna 2015/2016;
· un rilevante incremento delle importazioni di riso semigreggio Basmati (aumento del 97 per cento dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16);
· un aumento spropositato sia delle importazioni di risone dai Paesi Africani, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) (crescita del 5.650 per cento dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16) sia delle importazioni di riso lavorato dai PMA (aumento del 4.440 per cento dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16);
· un incremento delle importazioni di riso lavorato in piccole confezioni (crescita del 45 per cento dal 2013 al 2016, monitorati dalla Commissione per anno solare);
questi trend, dovuti principalmente alla completa liberalizzazione delle importazioni dai PMA e dagli ACP hanno determinato una forte riduzione della superficie Ue a riso Indica (riduzione del 40 per cento) ed un aumento della superficie Ue a riso Japonica (aumento del 14 per cento), creando uno squilibrio di mercato per entrambe le tipologie di prodotto. La Commissione europea ha preventivato per la campagna 2016 – 2017 stock finali ad un livello record di 586.000 tonnellate (equivalente al 30 per cento della produzione Ue) e la situazione non potrà che peggiorare se i due studi pubblicati dalla Commissione europea alla fine del 2016 troveranno conferma nei fatti; nello studio intitolato “Eu agricultural outlook – Prospects for Eu agricultural markets and income 2016/2026” la Commissione ha evidenziato per il settore del riso un aumento del consumo di appena il 6 per cento che sarà completamente coperto dall’aumento delle importazioni, in particolare dai PMA che arriveranno a rappresentare il 50 per cento dell’import UE totale; lo studio dal titolo “Cumulative economic impact of future trade agreements on Eu agriculture”, effettuato dal JRC (Joint Research Centre), si è concentrato sugli effetti dei negoziati di libero scambio per i diversi mercati agricoli dell’Ue, prendendo in esame i maggiori esportatori di riso come i Paesi dell’area economica Mercosur, la Thailandia ed il Vietnam, ma non l’India. Lo studio mette in evidenza che il settore del riso risulterà essere uno dei più penalizzati con un consistente aumento delle importazioni, soprattutto dalla Thailandia, che determinerà una riduzione della produzione Ue ed un calo delle quotazioni;
stabilito che:
entro novembre di quest’anno la Commissione europea sarà chiamata a redigere una relazione sugli impatti derivanti dalla importazione di risi dai paesi extra Ue;
i rappresentanti della filiera risicola europea sono gravemente preoccupati dalla situazione di mercato delle campagne scorse e dalle prospettive per i prossimi anni;
la risicoltura europea rischia infatti di essere fortemente ridimensionata, mettendo in pericolo un vasto territorio e tutta la filiera, con gravi ripercussioni non solo economiche ed occupazionali ma anche ambientali (l’abbandono dei terreni coltivati compromette infatti l’ecosistema e l’equilibrio idrogeologico) e sanitari (dai prodotti di origine asiatica è stata rilevata la presenza di pesticidi non autorizzati);
i paesi europei produttori di riso (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria) si sono incontrati nel mese di febbraio 2017 a Milano per condividere una piattaforma comune condivisa dall’intera filiera (agricoltori, trasformatori ed istituzioni) che è stata presentata ai Ministeri dell’Agricoltura delle rispettive nazioni. Obiettivo prioritario di tale documento è l’apertura di un tavolo con la Commissione Europea per la revisione delle norme vigenti sulla importazione di riso dagli stati extra comunitari;
il Sistema di preferenze generalizzate (SPG) prevede in ogni caso meccanismi di sorveglianza e di salvaguardia, che consentono anche di ripristinare i normali dazi della tariffa doganale comune qualora un prodotto originario di un paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali sia importato in volumi o a prezzi tali da causare o rischiare di causare gravi difficoltà ai produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti;
valutato che:
con il Regolamento (UE) n. 1169/2011 l’Unione europea si è dotata di norme efficaci, rigorose, chiare e trasparenti in materia di origine dei prodotti;
in seguito a tale Regolamento è stato emanato il Decreto 9 dicembre 2016 “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del Regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”. Grazie a tale atto viene indicato con chiarezza la provenienza delle materie prime di molti prodotti come latte Uht, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini (in particolare paese di mungitura del latte e paese di condizione o trasformazione del latte);
nel mese di dicembre 2016 è stato inviato a Bruxelles, per la prima verifica, lo schema di decreto, condiviso dai Ministri delle politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che introduce la sperimentazione dell’indicazione obbligatoria dell’origine per la “filiera grano pasta in Italia”;
grazie a tale atto sarà predisposto un modello di etichettatura che consente di indicare con chiarezza al consumatore, sulle confezioni di pasta prodotta in Italia, l’area dove è coltivato il grano e quello in cui è macinato. In particolare se coltivazione e molitura avvengono nel territorio di più paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: “Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE”; e se il grano duro è coltivato almeno per il 50 per cento in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”;
è auspicabile, alla luce di quanto espresso, che venga adottata una analoga sperimentazione dell’indicazione obbligatoria dell’origine anche per la filiera risicola in Italia;
preso atto che:
il 23 luglio 2014 la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha approvato la Risoluzione numero 8-00069 che ha impegnato, tra l’altro, il governo:
· ad intervenire in tempi rapidi nelle competenti sedi europee a tutela delle imprese risicole italiane e del mercato nazionale in senso più generale, affinché sia attivata la clausola di salvaguardia prevista all’articolo 22 del Regolamento (UE) 978/2012;
· ad adottare le iniziative necessarie per rendere immediatamente applicabile al riso e ai prodotti a base di riso la normativa sull’etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari a tutela dei consumatori e degli operatori della filiera e ad attivarsi affinché, nel quadro di quanto stabilito nel Regolamento (UE) n.1169/2011, l’Unione europea si doti di norme efficaci, rigorose, chiare e trasparenti in materia di origine dei prodotti;
Impegna il governo:
ad intervenire in tempi rapidi presso le sedi comunitari preposte, coerentemente anche con quanto fino ad oggi attivato nel rispetto degli impegni assunti con la citata risoluzione numero 8-00069, affinché la filiera risicola europea ed italiana sia tutelata attraverso le seguenti azioni:
· la pronta applicazione della clausola di salvaguardia nei confronti delle importazioni dai PMA (revisione del Regolamento Ue n.978/2012) per rivedere le agevolazioni ad oggi previste per determinati dazi doganali e la conseguente individuazione di regole condivise e reciproche sia tra gli stati membri dell’Ue sia tra i gli stati membri dell’Ue e i Paesi Terzi, in ambito fitosanitario e commerciale, per favorire un mercato trasparente nel rispetto dei diritti sociali, dei lavoratori e della tutela dell’ambiente;
· il mantenimento della “specificità” del settore risicolo nell’ambito della prossima Politica Agricola Comune con obiettivi e strumenti adeguati per il comparto;
· l’adozione di una sperimentazione dell’indicazione obbligatoria dell’origine della filiera risicola in Italia, come già fatto per la filiera “grano pasta in Italia”, nel quadro di quanto previsto dal Regolamento (UE) n.1169/2011;
· l’attuazione di campagne promozionali finanziate con fondi comunitari per incrementare il consumo di riso coltivato nell’Unione europea».