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Le conclusioni della citata inchiesta giornalistica, tratte dalle dichiarazioni rilasciate dall’unico produttore di riso biologico intervistato, inducono a ritenere che sia economicamente vantaggioso coltivare riso “biologico”, praticando avvicendamenti biennali riso – maggese con sovescio, ed accontentandosi di produzioni inferiori a 3 t/ha, ottenute ad anni alterni. La Regione Piemonte, accogliendo prontamente questa tesi, con il DGR 41-526 del 4 novembre 2014, ha revocato una precedente delibera che derogava l’obbligo di avvicendamenti colturali per il riso bio. Dal 2015, definito come anno di partenza, è ammessa una monosuccessione a riso per tre anni, seguita da due anni di avvicendamento, uno dei quali destinato a leguminosa o coltura da sovescio.
Tutto sistemato dunque?
La risicoltura è stata praticata senza fertilizzanti chimici fino al 1847, data dei primi esperimenti condotti da Camillo Benso conte di Cavour, nella tenuta di Leri. Nel 1926, grazie all’affermazione dei fertilizzanti di sintesi, le produzioni medie unitarie di risone erano raddoppiate rispetto al 1860 ( da 2,2 a 4,5 t/ha). Solo a partire dagli anni ’50 del secolo scorso sono stati disponibili gli erbicidi selettivi. Prima di allora, nonostante l’applicazione di rotazioni colturali, (normalmente comprendevano due-tre anni di riso, una sarchiata, una coltura autunno-vernina ed una foraggera) era indispensabile praticare la monda manuale, che richiedeva oltre 270 ore di lavoro ad ettaro. Questo accadeva prima dell’introduzione accidentale in Italia (1968) di Heteranthera sp, una infestante che, per la grande capacità di disseminazione, il portamento e la capacità di riprodursi anche per rizoma, rende impossibile la monda manuale.
La storia è ricca di sperimentazioni di lotta meccanica alle infestanti della risaia: i migliori, più recenti, risultati riportano percentuali di controllo pari al 60%, che non sono tecnicamente ed economicamente accettabili. Al momento una risicoltura senza erbicidi sarebbe sostenibile nel tempo solo se la lotta meccanica, in aggiunta alla rotazione colturale, conseguisse il controllo del 98% delle infestanti. Permangono quindi gli interrogativi ed i forti dubbi su quali metodi vengano utilizzati nel riso “biologico”, per difenderlo dalle infestanti, attività fondamentale per ottenere abbondanti produzioni che si protraggano nel tempo.
L’idea di poter “nutrire il mondo” senza l’utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi, ripetuta all’infinito, si è trasformata in un assioma che, pur indimostrabile, è alla base di una ideologia in grado, grazie alla forte pressione mediatica, di costruire una ricca domanda. A questa, il mercato riesce a fornire una risposta altrettanto ideologica». (09.01.15)