L’Associazione dei Dottori in Scienze Agrarie e Forestali di Vercelli e Biella presenta su Risoitaliano l’aggiornamento 2024 del bilancio dell’azienda risicola, di cui conosciamo già le edizioni 2002, 2005, 2009, 2012, 2016, 2021, 2023. Se ci guardiamo indietro, questo documento fotografa con evidenza i cambiamenti del nostro mondo. Alcuni provocati dalle guerre – «i costi di tutto quello che dipende dall’energia per la produzione, in particolare fertilizzanti e macchinari sono ancora saliti, forse anche più di quanto ci si poteva aspettare in un solo anno» scrivono gli estensori del rapporto – ed altri dalle politiche europee: «il Piemonte non ha prodotto “ecoschemi” utilizzabili per il riso, pertanto gli imprenditori nel 2024 hanno dovuto accontentarsi del contributo a superficie, più l’accoppiato, per il totale di 664 €/ha.
COSTO DELLE SEMENTI
L’aumento dei prezzi delle sementi ha assorbito tutto il contributo per l’accoppiato. Inoltre l’eliminazione del dazio “EBA”, che riguardava alcuni Paesi orientali per incentivarne l’introduzione della democrazia, è stato sospeso dalla clausola di salvaguardia. Questa è scaduta e non più rinnovata, pertanto i dazi verso Cambogia e Myanmar sono di nuovo scomparsi. La situazione attuale richiede di ripristinare la clausola di salvaguardia: si spera che succeda presto» è il commento di apertura. Non vi togliamo il gusto della lettura, ma dobbiamo almeno dire come termina questo studio che è unico nel suo genere.
PREZZO MEDIO 550 €/t
«Col prezzo medio di 550 €/t del risone – sottolineano gli autori nelle conclusioni – solo le aziende di 150 e 300 ha sarebbero a malapena in attivo. Il prezzo di 550 €/t è stato ricavato dalla media di tutte le varietà nei listini di Vercelli da ottobre a gennaio. Vista la grande differenza delle varietà, da 1000 a 400 €/t, la possibilità di coprire i costi dipende molto dalle scelte di varietà fatte al momento della semina. Se i costi dell’energia e dei fattori produttivi non si ridurranno, la possibilità di proseguire l’attività risicola dipenderà solo da un adattamento dei prezzi del risone. Per le altre aziende, i prezzi da 633 a 670 €/t, dunque 6,3 e 6,7 centesimi al kg, sarebbero necessarie per la sopravvivenza. A quel prezzo l’industria risiera potrebbe fornire lavorato sfuso a 1,3 €/kg. Nella grande distribuzione i prezzi hanno anticipato l’inflazione, tanto da trovare sugli scaffali pacchetti da 5 €/kg. Il solito problema è la difficoltà dell’agricoltura di recuperare una parte ragionevole del valore aggiunto della filiera.
AUMENTO DELLA RESA NELL’AZIENDA RISICOLA
La seconda possibilità consiste nell’aumento della produzione unitaria mediante l’utilizzo della genetica moderna (TEA) e dalla disponibilità di erbicidi efficaci. Soluzione contrastante con la direttiva europea “From Farm to Fork”, in fase di attuazione. Per il riso, il dimezzamento dei diserbanti sarebbe un disastro: metà dosi non sono letali per le infestanti, quindi sarebbe meglio risparmiarle totalmente. La concorrenza asiatica può ancora utilizzare la monda manuale invece degli erbicidi: i salari di 5$ al giorno per gli addetti alla monda, per 40 giorni/ha, costano 200 €/ha a fronte dei nostri 600 €/ha con gli erbicidi e, se mai si trovasse personale disponibile ad un lavoro molto gravoso, con le nostre tariffe sindacali oltre 4.000 €/ha.
Le sperimentazioni fatte sul biologico indicano un dimezzamento delle produzioni nelle annate buone, ma anche un avvicendamento annuale che significa limitare a ¼ la produzione media annuale. Per tentare di sopravvivere, la risicoltura deve armarsi di scienza e di un ragionato ottimismo». Buona lettura: il rapporto si scarica qui: Bilancio risicoltura 2024.
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