Il clima anomalo che ha caratterizzato l’ultima campagna risicola e i riaccolti ritardati hanno favorito la comparsa di Sclerotium, un fungo “scomparso” da anni dalle risaie italiane. La sua diffusione quest’anno è stata elevata, indipendentemente dalle varietà di riso coltivate e dagli areali di produzione. In caso di elevata infezione, il fungo si riconosce aprendo la porzione basale del fusto della pianta che, esternamente scuro o marcescente, contiene tanti piccoli “sassolini” neri, ben visibili ad occhio nudo e di consistenza dura al tatto. Come spiega la ricercatrice Marinella Rodolfi dell’Università di Pavia, la prima segnalazione del marciume dello stelo, questo il nome della malattia causata dal fungo, venne effettuata nel 1876 in Italia. Ancora oggi può manifestarsi come una delle più pericolose malattie per la coltura del riso, ed è causa di perdite produttive variabili dal 10% al 80% in tutto il mondo. In California, in seguito dell’avvento di nuove varietà di riso di bassa statura, è divenuto un problema non trascurabile, portando subito a perdite produttive dell’8%. Il fungo è in grado di sopravvivere da una stagione vegetativa all’altra nel terreno, nelle acque di irrigazione, nelle paglie. Quest’inverno particolarmente mite, inoltre, non ne ostacola la persistenza e la vitalità. In altre parole, anche nelle risaie apparentemente al sicuro, può nascondersi questo insidioso avversario. Laddove non si può effettuare la bruciatura delle paglie di riso – l’unica azione che garantisce l’eliminazione del patogeno – la Rodolfi consiglia di rimuovere quanto più possibile i residui di riso, di drenare bene i campi, di controllare il pH del suolo (che non deve essere acido) e di effettuare a tempo debito arature profonde. (20.01.14)
CHE FINE FA IL CHEROSENE?
Sottolineiamo un’emergenza mentre parte il monitoraggio