Nuovo attacco alla risicoltura dal fronte delle Ong. Si parla, stavolta, dell’industria che produce riso, soia, mais, grano e olio di palma e che genererebbe da sola una quantità di emissioni di gas serra superiore a quella prodotta da qualsiasi altro paese al mondo, ad eccezione di Cina e Stati Uniti. Il riso da solo, secondo la Ong Oxfam, sarebbe responsabile di emissioni pari a 1 miliardo, 316 milioni e 815.985 tonnellate di CO2 equivalenti all’anno, seguito da soia e mais. Con questo trend è impossibile centrare gli obiettivi chiave nell’accordo di Parigi.
A rivelarlo è il nuovo dossier “A qualcuno piace caldo: così l’industria alimentare nutre il cambiamento climatico” diffuso da Oxfam in occasione del Summit su Business e Clima 2016 che ha riunito a Londra a fine giugno i rappresentanti delle grandi aziende, della finanza e delle istituzioni internazionali. (SCARICA IL DOSSIER)
Il documento ovviamente è di parte ma di un certo interesse, in quanto analizza il rapporto tra industria alimentare e cambiamento climatico, e ribadisce come le grandi aziende produttrici di queste cinque materie prime, assieme a molte altre, debbano ridurre drasticamente e al più presto la quantità di emissioni in atmosfera. A rischio, infatti, ci sarebbe prima di tutto il raggiungimento degli obiettivi chiave definiti nell’accordo di Parigi del dicembre scorso, ossia l’azzeramento delle emissioni entro la metà del secolo e il contenimento dell’aumento delle temperature entro 1,5 °C. Due obiettivi che senza una immediata inversione di rotta sarà impossibile centrare secondo l’Ong. Il rapporto individua nelle emissioni provenienti dalla produzione agricola intensiva una delle cause principali del cambiamento climatico: basti pensare al metano prodotto dalle risaie allagate o al protossido di azoto derivante dall’utilizzo dei fertilizzanti, si legge nel report. Se sommate, questo genere di emissioni sono dannose per l’ambiente quanto quelle prodotte dalla deforestazione per scopi agricoli. «L’accordo di Parigi è stato un primo importante passo avanti, ma non riusciremo a raggiungerne gli obiettivi senza un ulteriore sforzo e un’azione urgente – afferma Elisa Bacciotti, direttrice delle Campagne di Oxfam Italia, – Le grandi aziende riunite a Londra devono dar prova che Parigi è stato davvero un trampolino di lancio verso tagli più consistenti alle emissioni e devono assicurare un maggiore sostegno agli agricoltori di piccola scala nella lotta agli effetti del cambiamento climatico. Il settore alimentare è il primo ad essere chiamato in causa e dovrebbe davvero aprire la strada per gli altri settori, affinché questo processo virtuoso diventi realtà».
Secondo Oxfam l’industria alimentare – ma l’atto d’accusa colpisce indirettamente e pesantemente anche chi pratica agricoltura intensiva – oggi è responsabile per almeno il 25% delle emissioni di gas serra a livello globale, e quindi tra i principali responsabili dei cambiamenti climatici. Un sistema produttivo fondato anche sul lavoro di milioni di agricoltori di piccola scala, si sottolinea, che sono le prime vittime di shock climatici estremi, ormai sempre più frequenti. Ad essere le più colpite sono le donne, che in molti paesi meno sviluppati non hanno diritto a possedere la terra e molte più difficoltà ad avere accesso al credito e ad altre risorse economiche. Per di più, sono spesso escluse dalle cooperative agricole e dagli altri sistemi fondamentali nel supportare il sistema agricolo quando il verificarsi di disastri climatici mette a rischio i raccolti: proprio per questo motivo la Ong sostiene di aver pubblicato i dati sul livello di emissioni associate alla produzione intensiva di diversi generi alimentari. Per saperne di più: https://policy-practice.oxfamamerica.org/work/climate-change/food-commodity-footprints/