«Contingentare gli stock di riso da importare dai Paesi meno avanzati (Pma), ponendo quindi un limite oltre al quale dovranno doverosamente scattare i dazi doganali». La proposta dell’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, contenuta in una lettera spedita al commissario europeo Phil Hogan, trova il pieno apprezzamento di Cia Lombardia che da anni si batte contro l’import selvaggio di riso dai paesi meno avanzati, Cambogia in testa. Un problema sempre più serio che ora rischia di mettere in ginocchio la risicoltura lombarda e non solo.
«L’Unione Europea non può più negare che la concessione fatta nel 2008 ai Paesi meno abbienti di esportare prodotti a dazio zero sta avendo serie ripercussioni sui risicoltori italiani e di tutto il vecchio continente», ha affermato Giovanni Daghetta, presidente di Cia Lombardia. «La proposta dell’Assessore Fava va nella giusta direzione, sottolinea Daghetta, le motivazioni umanitarie che hanno spinto la Commissione a sottoscrivere gli accordi Eba, senza gli opportuni contrappesi diventano un elemento di forte criticità che mina i redditi dei produttori risicoli comunitari. Peraltro . precisa il Presidente di Cia Lombardia – di queste agevolazioni non beneficiano direttamente i contadini dei paesi meno avanzati, come la Cambogia o Myanmar, ma solo le industrie di trasformazione, che spesso sono a capitale thailandese. Non è un caso che la Thailandia non abbia mai protestato contro queste concessioni. È dunque necessario – conclude Daghetta – intervenire con celerità per ripristinare i dazi doganali, oltre una certa soglia, limitando così l’import di riso lavorato da questi paesi».
Nella missiva a Hogan Fava evidenzia che partendo dal 1° settembre 2009, da quando cioè ha preso il via la completa liberalizzazione delle importazioni dai Pma, si è assistito a “una crescita progressiva delle importazioni totali dell’Ue (+65% dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16), raggiungendo il record di 1,34 milioni di tonnellate nella campagna 2015/2016. E le conseguenze di tutto questo potrebbero diventare rilevanti anche a livello ambientale. «Siamo di fronte al pericolo che un intero ecosistema, caratterizzato da 200.000 ettari di zone umide, sparisca», scrive Fava. «Garantiamo volumi di import che riteniamo solidali – conclude Fava – superati i quali, però, applichiamo un dazio. Altrimenti la risicoltura europea scomparirà per sempre».