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APPROVATO IL PAN LOMBARDO

da | 11 Mar 2015 | NEWS, Tecnica

foto FlavioLa Giunta regionale della Lombardia ha approvato nella seduta di venerdì 6 marzo le “Linee guida per l’applicazione in Lombardia del Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”, più comunemente conosciute come PAR (Piano di azione regionale). Il documento, giunto al traguardo dopo un percorso abbastanza lungo e travagliato, presenta delle notevoli differenze rispetto alla bozza fatta circolare da Regione Lombardia alla fine di novembre 2014. Senza entrare nel merito di valutazioni “politico-sindacali” che non competono a chi scrive, vale la pena di analizzarne alcuni aspetti tecnici che investono direttamente l’attività agricola e la produzione del riso in particolare. Anche se, ad onor del vero, il PAR non rappresenta solo uno strumento che impone regole, ma anche come uno studio dettagliato –curato da ARPA- della situazione relativa all’ impiego dei fitofarmaci in Lombardia, dedicando molta attenzione agli aspetti eco tossicologici dei prodotti fitosanitari, secondo l’ ottica del più moderno approccio tecnico scientifico. Ed individua alcuni strumenti e linee guida che mancano nel PAN e che potrebbero risultare di considerevole utilità per adeguarsi alla normativa comunitaria sovraordinata  (dir. 2009/128/CE). Nelle prossime ore il documento sarà pubblicato nella sua forma ufficiale sul Bollettino della Regione Lombardia, il Burl, ma siamo in grado di anticiparne i contenuti nel dettaglio. Per scaricare le linee guida clicca QUI e per scaricare la delibera di Giunta relativa all’approvazione clicca QUI.

Oxadiazon, Glifosate e Terbutilazina

La prima stesura del PAR prevedeva forti limitazioni ad alcuni principi attivi di utilizzo generale, come glifosate, o specifici del mais (terbutilazina) e del riso (oxadiazon). Limitazioni tanto pesanti da far temere per la stessa praticabilità delle colture in alcune aree  ed in alcune situazioni, e che avevano suscitato proteste a livello sindacale (www.risoitaliano.eu/panlombardo-confagricoltura-dice-no/) e perplessità a livello tecnico (www.risoitaliano.eu/il-panlombardo-e-da-buttare/ ).

Il testo definitivo, emendato grazie ad un complesso lavoro che ha visto coinvolti l’ Ente Risi, vari tecnici, rappresentanze dei professionisti (Fodaf), delle aziende fitofarmaceutiche e degli agricoltori, appare decisamente più equilibrato.

Per quanto riguarda Oxadiazon, ovvero il p.a. che più direttamente interessa i risicoltori ( e che rappresenta molto spesso un pilastro irrinunciabile nelle strategie di diserbo, anche in un’ ottica di gestione delle eventuali “resistenze”), vengono previste limitazioni di impiego solo per la tecnica della semina a file con successiva irrigazione turnata. Per questa specifica tecnica colturale i limiti previsti a partire dal 2016 nelle aree non protette (per le quali vale un discorso a parte), sono i seguenti:

– 2016: utilizzo di oxadiazon al massimo sul 80% della SAU a riso gestita con la tecnica della semina interrata a file con irrigazione turnata; –

 2017: utilizzo di oxadiazon al massimo sul 70% della SAU a riso gestita con la tecnica della semina interrata a file con irrigazione turnata;

– dal 2018: utilizzo di oxadiazon al massimo sul 50% della SAU a riso gestita con la tecnica della semina interrata a file con irrigazione turnata.

Indipendentemente dalla tecnica di semina viene richiesta  dal 2017 l’ adozione di“misure di mitigazione” che consentano di ridurre la deriva di almeno il 30% (il che corrisponde esattamente a quanto proposto  dai tecnici che “vivono” la realtà di campo). Si tratta di tecniche di implementazione relativamente agevole e su cui esiste una corposa letteratura (dagli studi del prof. Balsari al Progetto TOPPS-Prowadis).

Relativamente a Terbutilazina (p.a. di pre/post precoce utilizzato nel mais) le limitazioni previste dal 2016 sono le seguenti:

– 2016: ammesso l’utilizzo della sostanza attiva al massimo sull’ 80% della SAU aziendale seminata a mais;

– 2017: ammesso l’utilizzo della sostanza attiva al massimo sull’ 70% della SAU aziendale seminata a mais;

– dal 2018: ammesso l’utilizzo della sostanza attiva al massimo sull’ 50% della SAU aziendale seminata a mais;

– In alternativa le stesse percentuali di utilizzo potranno essere raggiunte con l’adozione della tecnica del diserbo localizzato durante le operazioni di semina. In tal caso, la banda trattata potrà essere al massimo il 50% dell’interfila.

Per l’ utilizzo in post emergenza viene richiesta l’ adozione di misure antideriva. Anche in questo caso l’ approccio di Regione Lombardia appare più aderente alla realtà, consentendo comunque l’ utilizzo di una molecola “vecchia” ma spesso utile con una certa flessibilità (ad esempio trattando ad anni alterni).

Forse più complicato appare il discorso relativo a Glifosate il cui metabolita AMPA – acido aminometilfosfonico – viene rilevato in diversi corpi idrici (anche se l’ origine non è detto sia prevalentemente agricola, poichè gli aminometilfosfonati possono derivare dalla degradazione di prodotti largamente impiegati come detergenti e disincrostanti in diversi processi industriali e civili).Per Glifosate vengono previste, sempre a partire dal 2016, i seguenti limiti:

– 2016: ammesso l’utilizzo della sostanza attiva al massimo sull’ 80% della SAU aziendale;

– 2017: ammesso l’utilizzo della sostanza attiva al massimo sull’ 70% della SAU aziendale;

– dal 2018: ammesso l’utilizzo della sostanza attiva al massimo sull’ 50% della SAU aziendale.

Anche qui viene richiesta  dal 2017 l’ adozione di“misure di mitigazione” che consentano di ridurre la deriva di almeno il 30%.

La limitazione potrebbe creare qualche problema, peraltro risolvibile, ai risicoltori abituati ad utilizzare esclusivamente questo p.a. nella lotta al riso crodo con la tecnica della “falsa semina. Un discorso a parte vale per l’ uso di Glifosate nelle tecniche di agricoltura “conservativa” (minima lavorazione e sod seeding). E’ vero che il PAR, correggendo un’ evidente lacuna del testo base, decreta che le limitazioni di impiego del Glifosate non si applicano alle aziende che aderiscono a programmi di agricoltura conservativa “ufficialmente riconosciuti”. Ma qui potrebbe sorgere una complicazione: perché la formula “ufficialmente riconosciuti” farebbe pensare alle aziende che aderiscono alle misure di agricoltura “conservativa” previste dal PSR. Il quale però finanzia solo l’ introduzione di queste tecniche, e non il loro mantenimento. Per cui chi termina i cinque anni di impegno (del PSR in scadenza) o i sei (del PSR che si attende, se partirà nel 2015) potrebbe trovarsi in difficoltà (a meno che non arrivi un chiarimento normativo forse auspicabile).

Aree Natura 2000

In queste aree (ZPS, Sic, ecc.)  il testo iniziale prevedeva forti limitazioni di impiego di fitosanitari, che arrivavano al divieto assoluto per Oxadiazon in alcuni casi.

Il testo definitivo, accogliendo molte osservazioni dei tecnici, prevede alcune limitazioni e norme di impiego che riguardano riso e mais.

Per il riso vengono previsti i seguenti limiti per l’ Oxadiazon nella sola tecnica di semina a file e irrigazione turnata:

– 2016: utilizzo di oxadiazon al massimo sul 70% della SAU a riso gestita con la tecnica della semina interrata a file con irrigazione turnata

– 2017: utilizzo di oxadiazon al massimo sul 50% della SAU a riso gestita con la tecnica della semina interrata a file con irrigazione turnata

– dal 2018: utilizzo di oxadiazon al massimo sul 25% della SAU a riso gestita con la tecnica della semina interrata a file con irrigazione turnata

Per la lotta al punteruolo acquatico (tra le sostanze oggetto di attenzione per la loro ridotta PNEC c’è lambda-cialotrina, oltre a deltametrina e clorpirifos impiegati nel mais e altre colture) viene raccomandato l’ uso di sementi conciate, e consentito il trattamento insetticida solo su una fascia perimetrale di 25 metri al superamento di una soglia del 20% di piante colpite, peraltro coerente con i principi di protezione integrata della coltura.

Per il mais  l’utilizzo di geodisinfestanti è ammesso per il controllo degli elateridi solo nel caso in cui i monitoraggi condotti evidenzino il superamento della soglia di danno. Per la protezione da diabrotica l’impiego del geodisinfestante è subordinato agli esiti del monitoraggio condotto l’anno precedente . Anche i trattamenti insetticidi in campo sono ammessi soltanto nel caso in cui il monitoraggio aziendale eseguito per piralide e per diabrotica evidenzi il superamento della soglia di danno.

Pure in questi ambiti territoriali per tutti i trattamenti i fenomeni di deriva dovranno essere ridotti del 30% a partire dal 2017.

Altre norme

Un  aspetto molto criticato della prima versione del PAR riguardava l’ obbligo di utilizzo del Registro Elettronico dei Trattamenti in ambiente SISCO, che veniva previsto a partire dall’ 1 gennaio 2015 per diverse tipologie aziendali. Nel testo definitivo il Registro Elettronico dovrebbe essere obbligatorio (il condizionale è d’ obbligo viste le problematiche emerse nell’ uso del supporto elettronico regionale, non ancora del tutto risolte) a partire del 2016 per le aziende con SAU superiore a 150 ettari in aree Natura 2000 e inoltre per le altre aziende secondo il seguente schema:

– 2016: aziende maidicole con una SAU a mais superiore a 300 ha, aziende risicole con una SAU a riso superiore a 250 ha, aziende viticole con una SAU a vite superiore a 60 ha;

– 2017: aziende maidicole con una SAU a mais superiore a 250 ha, aziende risicole con una SAU a riso superiore a 200 ha, aziende viticole con una SAU a vite superiore a 30 ha, aziende con differente ordinamento colturale con una SAU superiore a 300 ha;

– dal 2018: aziende maidicole con una SAU a mais superiore a 150 ha, con una SAU a riso superiore a 150 ha, aziende viticole con una SAU a vite superiore a 25 ha, aziende con differente ordinamento colturale con una SAU superiore a 200 ha

L’ obbligo di utilizzo del Registro Elettronico su SISCO -che secondo il PAR può essere delegato ai CAA, ma forse non al consulente (!!!)- dovrebbe sussistere nel 2015 solo per le aziende che aderiranno alla misura per la difesa integrata volontaria del nuovo PSR (anche qui il condizionale è d’ obbligo in attesa dei bandi attuativi).

Va ricordato infine che il PAR introduce l’obbligo di prescrizione (ricetta) solo per i trattamenti effettuati in aree urbane e che riscrive, conformemente a quanto dettato dalla dir.128 e dal PAN, le regole per la formazione degli utilizzatori, dei distributori e dei “consulenti”. Una materia spinosa, in parte ancora indecifrabile, specie per quanto riguarda la figura del “consulente” (il PAN è oggetto di ricorso al TAR da parte di alcune categorie professionali).

Vincolo o opportunità?

Certamente il PAR (la Lombardia è, allo stato attuale, l’unica Regione ad essersi dotata di uno strumento attuativo del PAN) impone ulteriori vincoli all’ attività agricola, già “ai limiti della sopravvivenza” per i tanti obblighi burocratici cui è sottoposta. Potrebbe tuttavia costituire anche un’ opportunità per rendere sempre più razionale l’ utilizzo dei prodotti fitosanitari.

A questo proposito va ribadito che la prima misura di mitigazione, spesso dimenticata da un’ impostazione “ideologica” incentrata sui divieti, è costituita dall’ efficacia del trattamento, che dovrebbe essere l’ obiettivo primario da raggiungere.

Il PAR, pur con qualche lacuna (si dimentica, ad esempio, del preoccupante fenomeno dei furti di fitosanitari nelle aziende agricole e delle conseguenze che ciò può avere sul mercato, anche in relazione alla questione del “finto bio”), fornisce alcune linee ed alcuni strumenti operativi in tal senso (come agli allegati 7 e 8) che il PAN lasciava in un ambito di indeterminatezza (www.risoitaliano.eu/pan-ma-con-qualistrumenti/ ). La Regione si impegna nel testo ad implementare un sito internet dedicato alla protezione integrata della colture, ed a fornire indirizzi ed indicazioni operative assolutamente essenziali. Da questo punto di vista il settore del riso, in cui operano il Centro Ricerche ed il Servizio Assistenza Tecnica dell’ Ente Risi, già dispone di alcune eccellenti basi di partenza. Un’ integrazione tra le varie istituzioni ed i vari servizi, anche con l’ apporto dei professionisti che vivono quotidianamente la realtà di campo, appare in questo senso estremamente auspicabile, per fare in modo che gli obblighi derivanti dalle norme si tramutino in servizio alle imprese. Autore: Flavio Barozzi (flavio.barozzi@odaf.mi.it). (11.03.15)

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