Da oggi, 1 gennaio 2018, sono in vigore le norme del cosiddetto Regolamento “Omnibus”, ovvero il pacchetto di disposizioni che rivedono alcuni aspetti della Politica Agricola Comunitaria (PAC), che costituisce di fatto una “mid term revue” della riforma avviata nel 2015, come annunciato dall’ on. De Castro lo scorso mese di novembre ( https://www.risoitaliano.eu/de-castro-spiega-laccordo-omnibus/ ).
In particolare il regolamento “Omnibus” ritocca alcuni aspetti delle norme sul “greening” (con un caso che riguarda direttamente il settore riso), sui pagamenti ai giovani agricoltori, sulla copertura dei rischi per i produttori agricoli, sulle organizzazioni di mercato (OCM).
La “ratio” che avrebbe guidato il legislatore comunitario nell’elaborazione del regolamento “Omnibus” sarebbe quella di semplificare un impianto normativo che in molti casi si è rivelato alla prova dei fatti un vero ginepraio. Sulla base di questo intento certo lodevole il pacchetto “Omnibus” è stato accolto con favore da molti rappresentanti istituzionali (https://www.risoitaliano.eu/de-castro-e-carra-buona-riforma/), ma andrà appunto verificato alla prova dei fatti e delle burocrazie nazionali e regionali che, come dimostra l’italianissima “querelle antimafia”, sembrano possedere una autentica abilità nella complicazione delle questioni.
Nello specifico, per quanto riguarda la normativa “greening” vengono introdotte alcune nuove casistiche di esenzione dall’obbligo di diversificazione delle colture e di destinazione di porzioni aziendali ad aree di interesse ecologico (EFA). In particolare viene stabilita l’esenzione dalla normativa “greening” delle aziende che investono più del 75% della superficie a seminativo con colture leguminose compresa l’erba medica (che era stata piuttosto incomprensibilmente considerata un seminativo a sé stante e non una foraggera e quindi era soggetta a “greening” con grandi malumori dei coltivatori di zone altamente vocate alla produzione di erba medica disidratata di altissima qualità nutrizionale).
Viene inoltre stabilita l’esenzione dagli obblighi “greening” per le aziende che investono più del 75% della superficie a seminativo con colture che richiedono la sommersione per una periodo considerevole del loro ciclo colturale (ovvero il riso) indipendentemente dall’estensione della superficie non sommersa(come noto l’esenzione si applicava fino ad oggi alle aziende con almeno il 75% della superficie a riso e non più di 30 ettari ad altre colture). La novità probabilmente semplifica un poco l’approccio per le aziende ad ordinamento risicolo-cerealicolo di maggiore estensione. Non è facile tuttavia prevedere quale sarà il suo effettivo impatto sulle scelte e sugli investimenti degli imprenditori, anche in considerazione delle incognite e delle difficoltà di un mercato oggettivamente penalizzante.
Sarà da verificare anche l’impatto della nuova normativa riguardante le aree EFA in cui dal 1 gennaio 2018 sarà vietato l’utilizzo dei prodotti fitosanitari. Siccome la normativa finora vigente consentiva di seminare nella EFA colture azotofissatrici, gli agricoltori avevano fatto largo ricorso alla soia per utilizzare comunque questi terreni a scopi produttivi, contenendo l’impatto negativo della normativa EFA, che aumenta i costi fissi aziendali riducendo la competitività della produzione comunitaria rispetto a quella di importazione. La nuova normativa è stata fortemente voluta dalla potentissima componente ambientalista del Parlamento e della Commissione Europea. E’ molto criticata da vari esperti in quanto aggirabile con relativa facilità, di difficilissima verifica circa la sua effettiva applicazione, e comunque indicativa della volontà politica di ridurre la produttività dell’agricoltura europea, volontà confermata anche dall’esenzione da “greening” per chi lascia incolto più del 75% del terreno aziendale. E’ comunque probabile che, come prevedono alcuni osservatori tra cui il CESAR (Centro Studi per lo Sviluppo Agricolo e Rurale), la nuova normativa comporti una significativa riduzione delle superfici destinate a soia, specialmente nel Nord Italia. Altri osservatori consigliano di cercare di limitare l’impatto negativo delle EFA sugli striminziti bilanci delle imprese agricole utilizzando come aree ecologiche tutte le possibili “tare” aziendali consentite dalla normativa vigente, tra cui gli alberi isolati, le fasce boscate ai bordi dei campi, ma anche i fossati e canali utilizzati per irrigazione e drenaggio. Ad essi si aggiungerà da oggi la possibilità di seminare nelle EFA colture mellifere che tra l’altro dovrebbero avere “fattore di conversione” pari a 1,5 (come peraltro accade per gli alberi isolati, mentre i fossati hanno addirittura fattore di conversione pari a 2). Grazie ai fattori di conversione 1 ettaro di coltura mellifera verrebbe quindi conteggiato come 1,5 ettari EFA ed 1 ettaro di fossato come 2 di EFA, con buona pace dell’intento di semplificazione che anima il legislatore comunitario, e forse con qualche sollievo per gli agricoltori soggetti alla normativa.
Per quanto riguarda i giovani, il regolamento “Omnibus” consente agli Stati membri di raddoppiare i fondi disponibili, mentre per la gestione del rischio viene da un lato ridotta la “franchigia”, ovvero la percentuale di perdita di prodotto non compensabile (che passa dal 30 al 20%), e dall’ altro viene innalzato dal 65 al 70% il potenziale contributo pubblico sul costo delle polizze. Un contributo molto più teorico e potenziale che effettivo, come dimostra l’esperienza italiana, in cui l’agricoltore deve attendere diversi anni per vedersi riconoscere il rimborso della quota di premio soggetta a contribuzione pubblica (in genere con percentuali molto inferiori al teorico 65%). Esperienza che ha portato molti coltivatori ad uscire dal complicatissimo sistema delle polizze “sovvenzionate” e dei Consorzi di Difesa, per affidarsi a forme assicurative totalmente private, ritenute da qualcuno più snelle ed efficienti.
Nel frattempo la Commissione Europea ha reso pubblico il primo documento sul “Futuro dell’Alimentazione e dell’Agricoltura”, che costituisce la prima traccia della PAC post 2020. Il documento è consultabile da http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-4841_it.htm . In esso si ipotizzano le seguenti linee di intervento:
- Incoraggiare l’utilizzo di tecnologie moderne a sostegno degli agricoltori sul campo e garantire maggiore trasparenza del mercato e sicurezza
- Maggiore attenzione agli sforzi per incoraggiare i giovani a diventare agricoltori, da coordinarsi con le competenze proprie degli Stati membri in settori quali la tassazione fondiaria, la pianificazione e lo sviluppo delle competenze
- Rispondere alle preoccupazioni dei cittadini in merito alla produzione agricola sostenibile, incluse salute, alimentazione, sprechi alimentari e benessere degli animali
- Ricercare azioni coerenti in linea con la dimensione globale della PAC tra le politiche, in particolare in materia di commercio, migrazione e sviluppo sostenibile
- Creare una piattaforma a livello dell’UE sulla gestione del rischio per aiutare al meglio gli agricoltori a far fronte all’incertezza dovuta ai cambiamenti climatici, alla volatilità del mercato e ad altri rischi
Secondo la “road map” che chiude il documento le prossime tappe dovrebbero passare attraverso la valutazione degli impatti (da gennaio ad aprile 2018) , la definizione del bilancio comunitario pluriennale (maggio 2018 Brexit permettendo), per arrivare nel secondo semestre 2018 alla impostazione dei testi legislativi della nuova PAC. Bisognerà vedere, anche alla luce delle risultanze delle prossime consultazioni elettorali, se e come il governo ed il mondo agricolo italiano saranno in grado di affrontare questi delicati passaggi. Autore: Marco Sassi