A Milano, oggi, è piovuta una doccia rumena sulle speranze del riso italiano, gelata proprio come quella scozzese. «I dati sulle importazioni non giustificano ancora l’adozione della clausola di salvaguardia. Continuiamo a monitorare la situazione» ha dichiarato infatti il commissario uscente all’agricoltura Damian Ciolos, a margine del vertice informale dei ministri dell’Ue in corso a Milano. Ciolos, che è un agronomo, ha spiegato che per adottare la clausola di salvaguardia e fermare le importazioni a dazio zero dalla Cambogia «occorrono più dati» ed è parso serenamente irremovibile nel riferire che «i servizi della Commissione tengono sotto controllo questa situazione». Quando poi gli è stato chiesto se teme che lo stesso problema si ripeta presto con le importazioni birmane, si è trincerato dietro un «too late» troppo tardi: Ciolos infatti a breve lascerà la poltrona di eurocommissario e quel dossier passerà nelle mani di Phil Hogan. Una risposta che gela le speranze della filiera, proprio nel giorno in cui i dirigenti della Commissione europea e dei ministeri europei hanno fatto visita al centro ricerche sul riso di Castello d’Agogna. Ad accompagnarli, oltre al presidente Paolo Carrà, anche il direttore generale delle politiche internazionali del Mipaaf, Felice Assenza. Dai colloqui tecnici è trapelata la conferma che il dossier Cambogia e la richiesta di adozione della clausola di salvaguardia sono stati presentati con eccessivo “anticipo” rispetto alla raccolta dei dati di mercato necessari per indurre la Commissione europea a sospendere gli effetti di un accordo politicamente “pesante” come la direttiva Eba. Insomma, da Roma a Bruxelles, siamo ancora lontani dall’adozione di contromisure anti-Cambogia. Non casualmente, sempre oggi, mentre a Castello d’Agogna si svolgeva la visita e a Milano il vertice informale, Confagricoltura Novara emetteva su quest’argomento un comunicato stampa dai toni drammatici: «se la Cambogia continuerà ad esportare nella UE il proprio riso a dazio zero, sarà la fine non solo della risicoltura italiana – la più importante in Europa – ma di tutto il riso comunitario. Non c’è, infatti, un Paese europeo – tra quelli che producono riso – in grado di competere con il prezzo di arrivo del riso lungo “indica” cambogiano – spiega la nota sindacale -. Il riso lavorato lungo B (varietà del tipo indica) prodotto in Italia costa mediamente 55 euro/quintale mentre dovrebbe costare non più di 43 euro/qle per poter reggere la concorrenza del corrispondente riso cambogiano. Per ottenere questo risultato – commenta la presidente Paola Battioli dovremmo vendere il nostro risone all’industria a 19 euro/qle, il che, per un risicoltore che spende 32 euro per produrre quel quintale di risone, equivarrebbe alla bancarotta. Dai dati della Commissione Europea per la campagna 2013/14 emerge che, tra il 1° settembre 2013 e il 31 agosto 2014, le importazioni nell’UE di riso a dazio “zero” dalla Cambogia sono aumentate del 60% rispetto alla campagna 2012/13, superando le 254 mila tonnellate. Negli ultimi 5 anni (2009-2014) l’import di riso cambogiano si è di fatto decuplicato. Ancor più rapida la crescita del riso importato dal Myanmar (ex Birmania): la quantità in soli due anni è pressoché decuplicata, passando da 16.000 a 139.000 tonnellate. L’accordo doganale EBA (Everithing But Arms, tutto meno le armi) rappresenta un enorme vantaggio offerto unilateralmente dall’Unione Europea alla Cambogia, il cui riso lungo “indica”, con l’applicazione del dazio, non sarebbe competitivo rispetto al thailandese e al vietnamita, che hanno prezzi più bassi a pari qualità. E’ per questo che la Cambogia sta spingendo l’export verso l’UE: il mercato europeo è l’unico dove l’esenzione dal dazio rende il riso cambogiano imbattibile in termini di prezzo. In italia l’impatto più forte si è avuto sui risoni di tipo lungo B, destinati prevalentemente al mercato comunitario, i cui prezzi di mercato sono scesi di oltre il 20% negli ultimi 4 mesi e si collocano attualmente a 24 euro/qle, prezzo che non riesce più a coprire, pur sommando gli aiuti PAC, i costi di produzione. Perdurando queste condizioni di mercato, la campagna commerciale 2014/15, che si è aperta lo scorso 1° settembre, si prospetta piena di incognite per i risicoltori. Un primo effetto negativo si è già registrato sulle semine della scorsa primavera, con le superfici coltivate a riso “indica” che sono diminuite di circa il 22% rispetto alla scorsa annata, passando da 71.000 a 55.000 ettari (stima Ente Nazionale Risi) a fronte di un aumento del 13% degli ettari coltivati a riso “japonica” (la tipologia di risi tondi e lunghi più venduta in Italia). La crescita della disponibilità di risoni del tipo “japonica” potrebbe incidere negativamente anche su questo segmento di mercato, che non è in grado di assorbire aumenti di offerta a due cifre. Altra incertezza è rappresentata dalle possibili conseguenze dell’estate appena trascorsa sul raccolto di risone: poco sole, acqua e temperature più fresche del normale non hanno favorito uno sviluppo regolare delle spighe e solo a fine trebbiatura si potrà fare un bilancio della produzione raccolta. Di fronte ad una situazione che si va aggravando di mese in mese, Confagricoltura si è attivata fin dallo scorso autunno 2013, con le altre rappresentanze della filiera e l’Ente Nazionale Risi, per sollecitare il Governo italiano ad ottenere dalla Commissione Europea il ripristino del dazio ordinario di 175 euro su ogni tonnellata di riso lavorato importato dalla Cambogia, applicando la clausola di salvaguardia prevista dal regolamento (CE) n. 978/2012, che disciplina il trattamento preferenziale (EBA) accordato dall’UE alle importazioni dai Paesi terzi meno avanzati (PMA). Il prossimo passo sarà quello di convincere gli altri Paesi europei produttori di riso, come la Spagna e la Grecia, a sostenere l’iniziativa dell’Italia già dal prossimo Consiglio dei ministri europei di fine settembre a Milano, affinché tutti gli Stati membri dell’UE prendano coscienza della gravità della situazione di mercato del riso». (29.09.14)
IL RISO CHE MANGIA L’ARIA
Progettare un riso che ottenga l’azoto dall’aria per essere una coltura produttiva invece che attraverso fertilizzanti sintetici.