Il campanello d’allarme è stata la chiusura del Carnaroli, che ha salutato la campagna di commercializzazione 2016/2017 scendendo sotto i trenta euro. Nelle stesse ore, alla cascina Salsiccia di Vigevano, l’Ente Nazionale Risi (LEGGI DOSSIER) confermava il clima di incertezza, sottolineando come il riequilibrio registrato dalle semine, con dodicimila ettari in più di indica, possa non bastare per migliorare la situazione dei prezzi. Soprattutto dopo l’incremento verificatosi nei trasferimenti, il quale, dopo il crollo dei listini, assume il significato di una svendita: gli industriali hanno stoccato grandi quantità di riso italiano a prezzi di saldo e nonostante questo gli stock nei magazzini dei risicoltori sono da record (140.000 tonnellate di risone).
Non è ancora dato di sapere quanto riso sia conservato nei magazzini dell’industria (il dato sarà disponibile all’inizio di ottobre, in quanto le denunce dovrebbero arrivare all’Ente Risi entro il 30 settembre) ma è certo che si tratterà di una cifra considerevole, che andrà a sommarsi a un raccolto decisamente in anticipo. In assenza di sorprese sul fronte della qualità del nuovo risone, questa congiunzione di abbondanza porterà solo dei malumori ai risicoltori, perché, eccezion fatta per poche varietà, il mercato di settembre potrebbe aprirsi con quotazioni basse. Una situazione che confermerebbe il carattere strutturale della crisi della risicoltura italiana, che si è cercato di fronteggiare con misure di valorizzazione – come l’etichettatura obbligatoria – che faranno sentire i loro effetti solo nel lungo periodo ma senza riuscire a porre un freno alla competizione internazionale. visto che, a scorrere il rapporto Ente Risi, si nota che le importazioni a dazio zero cambiano origine ma restano imponenti.