Soffia aria di tempesta sulla risaia. La bufera riguarda i fitofarmaci. Dopo il giro di vite della Regione Lombardia, che ha limitato l’uso dell’Oxadiazon e di altre sostanze attive (http://www.risoitaliano.eu/la-lombardia-limita-loxadiazon/) con il nuovo anno l’argomento diventa di attualità in Piemonte, dove si medita di fare lo stesso. Vi abbiamo preannunciato questi sviluppi fin dal mese di settembre (http://www.risoitaliano.eu/fitofarmaci-sotto-accusa2/) e adesso siamo al redde rationem: il Piano di azione nazionale sui fitofarmaci, che attua la direttiva comunitaria 2009/128, si sta lentamente delineando nei suoi contorni applicativi e di impatto concreto sulle aziende agricole e per comprenderne le ricadute risicole nei giorni scorsi si è svolto a Vercelli un seminario nel corso del quale l’agronomo Giuseppe Sarasso (foto piccola), rappresentante di Confagricoltura al Tavolo tecnico regionale istituito per esaminare le problematiche della qualità delle acque in Piemonte, specie con riferimento alla presenza di residui di erbicidi, ha evidenziato tutti i rischi. Si è partiti dall’enunciazione di concetti ormai di uso corrente – come certificato di abilitazione all’acquisto, difesa integrata e revisione delle macchine irroratrici – per approdare al vero problema, rappresentato, come sottolinea Confagricoltura, «dall’allarme per l’Oxadiazon, un erbicida essenziale per la difesa del riso dalle infestanti, che è stato posto sotto accusa per la sua presenza in misura preoccupante nelle acque superficiali». La Regione Piemonte sta riflettendo sulle modalità per limitare l’uso ma soprattutto l’abuso di questo prodotto, fondamentale nel controllo dell’heteranthera ma utile anche per i giavoni e altre malerbe. Certamente, si deciderà di imporre un utilizzo diverso: «Per rispondere a questa sfida, sarà determinante l’impegno dei risicoltori – ha evidenziato al seminario Giovanni Perinotti, presidente di Confagricoltura Vercelli e Biella – per un utilizzo dei fitofarmaci consapevole e sostenibile, evitando ogni eccesso». Dal canto suo, Sarasso ha sottolineato che l’allarme erbicidi deriva dalle rilevazioni effettuate dall’Arpa sulle acque superficiali e ha espresso alcune perplessità sia sulla metodica utilizzata che sulle considerazioni scaturite da quei dati. «La pericolosità dell’Oxadiazon è tale – ha detto tra l’altro – che l’uomo per patire delle conseguenze sanitarie dovrebbe bere 216 litri di acqua di fosso al giorno e per due anni, stando alle concentrazioni rinvenute nella zona di Borgolavezzaro, nel Novarese, mentre ne basta molto meno per subire le conseguenze dell’ingestione di benzene, un’altra sostanza reperita nei test. Insomma, due pesi e due misure…» Ciò detto, ci si attende comunque che siano imposte delle limitazioni all’uso di Oxadiazon in Piemonte – una riunione tecnica è già stata fissata per il 15 gennaio – allo scopo di abbassare entro due anni le concentrazioni di questa sostanza attiva nelle acque superficiali di questa regione. Ovviamente i vincoli non piacciono a nessuno, perché comportano maggior fatica: per evitare che essi comportino anche minori ricavi, l’agricoltore dovrà tuttavia attenervisi scrupolosamente, perché l’alternativa a una maggiore attenzione oggi è la non disponibilità di prodotti essenziali per la risicoltura, un domani. Un punto, questo, su cui Sarasso è stato chiaro. (01.01.2016)
IL RISO E’ SOST
Presentati i risultati della sperimentazione Risosost