Nutrie e gamberoni rossi della Louisiana sono una minaccia costante alla stabilità degli argini ed all’equilibrio degli ecosistemi: i risicoltori lo sanno da tempo ma nessuno li ha mai ascoltati. Ora a rilanciare l’allarme – con qualche speranza in più di “incidere” sulle decisioni – è l’ANBI (Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) nell’ambito della Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione. Ad Altopascio, in provincia di Lucca, ad un anno dall’avvio fattivo, è stato fatto il punto sul progetto Life + “SOS Tuscan Wetlands”, che proseguirà fino al 2017 e che vede, come attori principali, l’Università di Firenze ed il Consorzio di bonifica 4 Basso Valdarno. L’obbiettivo è individuare ed applicare le migliori “best practises” per contrastare il diffondersi di specie alloctone, tra le quali va annoverata anche la gaggia, una pianta conosciuta pure come indaco bastardo. “Il progetto Life+ SOS Tuscan Wetlands– commenta il Presidente ANBI, Francesco Vincenzi –ben si sposa con lo slogan scelto per la nostra Settimana: La Terra nutre, l’Uomo la divora; vogliamo così evidenziare la necessità di valorizzare il territorio in tutte le sue peculiarità ad iniziare da quelle naturali come, ad esempio, la salvaguardia della biodiversità.”
Area d’interesse del lavoro cofinanziato dall’Unione Europea (spesa complessiva: circa 1.374.000 euro) sono due piccoli biotopi tra Lucca e Pistoia: il lago di Sibolla e la Paduletta di Ramone dove, in soli 40 giorni, sono stati catturati ben 55.000 gamberoni rossi, la cui presenza non solo minaccia la staticità delle rive, “bucate” dalla loro azione, ma mette a rischio la presenza di specie autoctone, quali anfibi, piante ed insetti acquatici; analoghe sono le conseguenze dovute alla presenza di nutrie o, in ambito vegetale, della gaggia. L’azione di “SOS Tuscan Wetlands” sta ora attuando una serie di azioni combinate, mirate a contenere la diffusione di animali alloctoni. E’ stato così verificato, dopo 12 mesi dal primo intervento, che la cattura con trappole, combinata con l’immissione di specie antagoniste come uccelli acquatici, lucci e anguille, ha portato ad una forte diminuzione nella popolazione di gamberoni; a ciò bisogna accompagnare il ripristino ambientale dei biotopi e la creazione di nuove zone per favorire la conservazione delle specie indigene.
“Il progetto in corso di attuazione in Toscana – conclude il Presidente ANBI – è esempio della costante ricerca ambientale in corso nei Consorzi di bonifica: dalla fitodepurazione ai pannelli solari galleggianti, da Irriframe ai pozzi bevitori. La minaccia, rappresentata dall’azione erosiva di nutrie e gamberi della Louisiana, è una costante minaccia all’equilibrio del territorio, cui l’amministrazione pubblica non è ancora riuscita a dare un’efficace risposta. L’approccio multisistemico, sperimentato nell’ambito di “SOS Tuscan Wetlands”, si sta caratterizzando come una risposta capace di ridurre in maniera sensibile il pericolo, rispettando anche le sensibilità animaliste meno estreme.” (22.05.2015)