Durante gli incontri tecnici promossi dall’Ente Risi, è stato fatto il punto della situazione sul nematode Meloidogyne graminicola che sta devastando alcune risaie piemontesi e lombarde. Il Decreto Ministeriale 6 luglio 2017 ha stabilito le Misure d’emergenza per impedire la diffusione di Meloidogyne graminicola Golden & Birchfield nel territorio della Repubblica italiana e il primo ritrovamento è avvenuto nel mese di giugno 2016 nei comuni di Buronzo (VC), Mottalciata e Gifflenga (BI). Dopo esattamente due anni (giugno 2018) è stato segnalato un’altra area focolaio in Lombardia nei comuni di Garlasco e Dorno (PV). Ad oggi il nematode sta prendendo piede anche in altri comuni della Lomellina, alle porte di Alagna (PV) è stato segnalato un altro caso. (Avviso sul diserbo)
Da dove arriva?
Come il nematode sia arrivato nei nostri territori risicoli, ancora non si sa esattamente. Diverse sono le ipotesi: le più probabili sembrano essere quelle adducibili alla migrazione di alcune specie di uccelli. Meloidogyne graminicola è stato descritto per la prima volta negli USA. La sua presenza è però segnalata ampiamente in Asia (Cina, India, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Nepal, Pakistan, Filippine, Singapore, SriLanka, Tailandia, Vietnam), Africa (Sud Africa), Nord America (Georgia, Louisiana, Mississippi) e Sud America (Brasile, Colombia). Ad oggi, l’Italia è l’unico Paese europeo nel quale sia stata segnalata la presenza. Tuttavia non risulta inserito nell’elenco dell’Organizzazione Europea per la Protezione delle Piante (E.P.P.O.) nella Lista A2 (Alert List A2) che elenca gli organismi nocivi già presenti in alcune località dei Paesi dell’Organizzazione e per i quali si sollecita una regolamentazione come patogeni da quarantena; è comunque considerato organismo nocivo di quarantena nei Paesi asiatici.
Perché non è da sottovalutare?
L’infestazione – spiegano i tecnici dell’Ente Risi – può provocare danni ingenti alle coltivazioni di riso: nel Sud-est asiatico sono riportate perdite fino all’80% del raccolto, a seconda del tipo di coltivazione, delle condizioni ambientali e della tipologia del suolo. Tenuto conto della gravità dei danni provocati dal nematode, della sua possibile diffusione e del pericolo che esso rappresenta per l’economia risicola, il Settore Fitosanitario e servizi tecnico scientifici, in collaborazione con l’Ente Nazionale Risi, ha tempestivamente attivato interventi di monitoraggio, eradicazione e contrasto alla diffusione di questo parassita. La modalità di campionamento si sviluppa nel seguente modo: In presenza di coltura si valutano i sintomi in campo, se asintomatico avviene la raccolta di piante con pane di terra prelevate in maniera randomizzata all’interno dell’appezzamento; in caso contrario si prelevano 3-4 piante intere con pane di terra; in assenza di coltura invece si fa il campionamento del suolo e quello delle specie ospiti.
Come si sviluppa?
Meloidogyne graminicola (rice root knot nematode), è un nematode galligeno endoparassita sedentario. Il riso è la pianta ospite economicamente più importante, ma M. graminicola ha un’ampia gamma di ospiti alternativi, comprese molte piante invasive comunemente presenti nelle risaie e che possono rappresentare un serbatoio importante, ad esempio panico (Panicum dichotomiflorum), heterantera (Heteranthera reniformis), cipero (Cyperus difformis), giavone (Echinochloa crus-galli), riso crodo (Oryza sativa var. selvatica), murdannia (Murdannia keisak) e alisma (Alisma plantago). Può attaccare molte altre famiglie di piante sia spontanee che coltivate. La durata del ciclo vitale di Meloidogyne graminicola può variare tra 21 e 90 giorni in relazione ai fattori ambientali. Come abbiamo già spiegato (https://www.risoitaliano.eu/divieto-di-caccia-per-bloccare-il-nematode/) la diffusione di uova e larve può avvenire attraverso terra, sabbia e ghiaia trasportate tramite veicoli da lavoro, calzature, uccelli e altri animali. Possono essere vettori di diffusione anche piantine con pane di terra o a radice nuda con galle sull’apparato radicale. Questo nematode non si trasmette per seme. Le forme infestanti, ovvero le larve di secondo stadio, presentano una fase di vita libera nel terreno. Il numero di larve e la loro capacità di invadere le radici dipendono dalla composizione, temperatura e pH del suolo e dallo stadio di crescita delle piante. Dopo avere invaso la radice la larva diventa sedentaria, si nutre del contenuto cellulare e, dopo tre mute, raggiunge lo stadio adulto, assumendo la forma vermiforme dei maschi o sacciforme delle femmine. La femmina depone le uova all’interno di un ovisacco. (Campagna di diserbo 2020) La prima muta avviene nell’uovo, per cui a emergere da questo è lo stadio giovanile di seconda età, che dà inizio a una nuova generazione. Le uova nell’ovisacco e le larve libere sopravvivono a lungo nel terreno o dentro parti di piante non decomposte consentendo il perpetuarsi dell’infestazione da un anno all’altro.
Quali sono i sintomi?
L’attacco da parte del nematode induce una ridotta funzionalità dell’apparato radicale, che non è più in grado di assorbire acqua e sostanze nutritive in quantità sufficiente a garantire l’equilibrato sviluppo della pianta. I sintomi principali sono una grave riduzione della crescita, la presenza di spighette vuote, clorosi e appassimenti delle piante e scarsa produzione di cariossidi. Tali manifestazioni sono più evidenti in condizioni di coltivazione su terreno asciutto o con periodi prolungati di assenza di acqua. La distribuzione in campo è a chiazze più o meno ampie.
Come si può controllare?
Il contenimento dell’infestazione del nematode si può ottenere combinando mezzi agronomici, fisici, biologici e chimici. La coltivazione e il sovescio di piante ad effetto biofumigante, anche sotto forma di pellet, e di piante trappola possono comportare una progressiva riduzione dell’infestazione di nematodi nel suolo. Nel sud-est asiatico è stato osservato che in condizioni di sommersione continua, il numero di larve nel terreno diminuisce drasticamente dopo quattro mesi, anche se le uova che si conservano in masse gelatinose possono rimanere vitali per almeno 14 mesi. Nel caso della risaia, la semina in sommersione sfavorisce il ciclo vitale di questo nematode ma non lo elimina: quando il terreno è allagato le larve non sono in grado di invadere nuove piante, ma rimangono vitali e si associano rapidamente alle radici non appena il terreno viene prosciugato. Incrementare la fertilità del suolo con l’utilizzo di concimi può compensare in parte i danni prodotti da Meloidogyne graminicola. Una possibilità per un controllo efficace ed economico delle popolazioni di nematodi potrebbe essere la selezione di varietà di riso resistenti. Si ricorda comunque che Meloidogyne graminicola è un nematode endoparassita sedentario associato alle radici delle piante ospiti e in caso di presenza bisogna avvisare tempestivamente il Servizio Fitosanitario Regionale (clicca QUI se sei lombardo e QUI se sei piemontese). Autore: Martina Fasani