Alberto Lasagna è stato per 20 anni un dipendente di Est Sesia, ricoprendo ruoli dirigenziali che gli hanno permesso di conoscere profondamente il sistema irriguo delle tre principali province risicole. Dal marzo scorso dirige Confagricoltura Pavia, ma continua a studiare il sistema irriguo e ci ha fornito questa riflessione sullo stato delle riserve idriche, le condizioni metereologiche, l’uso della risorsa idrica e i fenomeni intensi che possono causare dissesto idrogeologico. Un’analisi importante perchè arriva all’inizio di una campagna irrigua che non si preannuncia affatto tranquilla.
Poca neve
L’esperto evidenzia infatti una scarsità d’accumulo nevoso (vedi grafico, in cui il valore riportato dell’accumulo nevoso è espresso in cm), rilevando i dati di 4 stazioni di controllo significative per i bacini che riforniscono le nostre risaie: le stazioni di Sestriere e Ceresole, relative al bacino del Po e le derivazioni del Canale Cavour; la stazione di Alagna bocchetta delle Pisse, significativa per il bacino del Sesia e il Roggione di Sartirana; la stazione di Macugnaga importante per il bacino del lago Maggiore e per le utenze derivate dal Ticino.
«Da una prima analisi la situazione dell’accumulo nevoso – spiega in una nota – non è delle migliori, per cui la disponibilità idrica nei fiumi rischia di ridursi in modo importante a partire dal mese di giugno, quando, qualora si misurino le temperature medie degli ultimi 10 anni, sarà terminato lo scioglimento della neve oggi presente fino a circa 3000 mslm; da quella data in poi le portate dei fiumi non riscontreranno più la costanza determinata dal progressivo scioglimento ma saranno principalmente influenzate dalle piogge e dalla gestione degli invasi idroelettrici alpini. Qualora non si presenti una tardiva nevicata eccezionale a 2000 mslm, è quindi certo che non avremo la costanza di portata, e quindi di derivazione irrigua, riscontrata nel corso dell’estate 2019. Va ricordato che anche in quel periodo i corsi d’acqua interni presentarono notevoli sofferenze fino al 15 luglio, a seguito della mancata ricarica della falda». (Segue dopo la foto)
La semina in asciutta peggiora le cose
Quest’ultima criticità sappiamo ormai bene come sia legata al sempre crescente ricorso alla semina in asciutta, chiaramente molto meno onerosa dal punto di vista lavorativo per gli agricoltori. «Lo studio che faccio – ci dichiara Lasagna – non ha la pretesa di essere un’analisi scientifica o di sostituirsi al lavoro di comunicazione degli enti di bonifica. Si tratta di un’osservazione ampia, per provare ad analizzare il sistema nella sua complessità, che cerca di basarsi su dati omogenei, raccolti tutti da Regione Piemonte, in modo da poterli confrontare. Questi risalgono a prima dell’ultima nevicata di venerdì scorso (1 maggio), che, ad esempio, ha alzato di 35 cm il dato di Alagna, ma si tratta di neve non consolidata e figlia di temporali; infatti, già in data 4 maggio abbiamo riscontrato un successivo calo di 30 cm, che ha quasi riportato il dato al punto di partenza. In ogni caso, l’accumulo di quest’anno è mediamente minore del 30% rispetto a quello dello scorso anno, questo dal punto di vista pratico potrebbe portare a delle carenze già in giugno. Dobbiamo ancora vedere gli andamenti delle temperature in maggio e della piovosità ma il tema su cui si dovrebbe lavorare nei prossimi anni, per non abbandonarsi alle speranze e prevenire le carenze, è lo sfruttamento delle abbondanti acque primaverili. In questo periodo in molti non stanno utilizzando l’acqua, nonostante il grande scioglimento che avviene in montagna, in seguito a scelte agronomiche più che legittime dal punto di vista imprenditoriale e dagli indubbi vantaggi operativi. Questo, tuttavia, fa sì che la falda non si sia ricaricata e al momento di necessità, probabilmente a inizio giugno, servirà molta più acqua per riempire le camere e si presenterà una contemporaneità di richieste tra riso e mais, che causerà carenze e ritardi».
L’andamento della falda
L’ingegnere ci spiega nel dettaglio l’andamento della falda, dicendo: «Questa, durante l’anno, decresce rispetto alla superficie dagli 1 ai 3 metri, richiedendo chiaramente molta acqua per ritornare a regime e mantenere le camere allagate; in questo momento si avrebbe tutta la disponibilità necessaria per farlo. Disperdere in mare questa disponibilità, per poi sovrapporsi quando le nevi che si sciolgono sono sempre meno e le uniche fonti di disponibilità sono le piogge, è sicuramente un atteggiamento che crea criticità, che porterà tutti a patire. Questi avvenimenti si sono già palesati negli anni scorsi e quest’anno, avendo una riserva minore in montagna, potremmo essere maggiormente esposti a queste problematiche. Ho voluto creare il bollettino per sottolineare ancora una volta la necessità di mantenere la semina in acqua, almeno sul 50/60% delle superfici risicole, perché questo è l’unico modo per avere minori richieste contemporanee a giugno e perché vedo che la tendenza è quella di adottare sempre più la semina interrata. Per esempio, in Lomellina, unica zona che ho potuto visitare in questo triste periodo, visivamente stimo che solo il 5% delle superfici sia ancora seminato in acqua».
Incentivare la sommersione
Arriviamo, quindi, al punto cruciale: come “convincere” gli agricoltori: «Chiaramente non si può stigmatizzare questa scelta dei risicoltori di seminare in asciutta, legittimata dai minori oneri economico-lavorativi e da maggiori possibilità di contenimento delle infestanti, soprattutto ultimamente vista la decrescente efficacia dei prodotti fitosanitari. Credo che, per tornare ad avere una maggioranza di semina in acqua, si debbano incentivare gli agricoltori attraverso maggiori autorizzazioni dal punto di vista fitosanitario, affiancandole ad una nuova stagione di ricerca e monitoraggio che coinvolga pubblico e privato, e, soprattutto, riconoscendo un pagamento per il servizio fornito agli agricoltori stessi, rendendo la pratica imprenditorialmente vantaggiosa. Sarebbe un guadagno più che legittimo, dal momento che questo comportamento permetterebbe non solo di avere acqua per tutti gli agricoltori durante l’estate ma, rallentando lo scorrimento da monte a valle (a causa dell’allungamento e allargamento del percorso), influenzerebbe anche il livello del Po, evitando momenti di siccità in tutta la Pianura Padana. La funzione dei risicoltori in questo modo sarebbe la stessa di quella dei gestori di una diga a monte, fungendo da invaso per la raccolta delle acque attraverso il passaggio nelle risaie, la ricarica della falda e il sistema di coli e fontanili, un servizio infrastrutturale a dir poco importante, da finanziare economicamente spalmando un contributo su tutti i praticanti». Autore: Ezio Bosso