Diciotto anni fa (era il 15 settembre 2006) scompariva Oriana Fallaci. Che spero perdonerà chi scrive per aver preso in prestito il titolo di un suo saggio (appunto “La forza della Ragione”, Rizzoli, 2004) per proporre qualche riflessione sulla delicata situazione e sull’incerto futuro dell’agricoltura italiana ed europea.
COMPONENTE VERDE ANCORA DETERMINANTE
Nei giorni scorsi abbiamo assistito al rinnovo del mandato alla signora Von der Leyen, sostenuta da una maggioranza parlamentare simile nella composizione a quella della legislatura precedente, anche se probabilmente indebolita sul piano politico dal voto europeo, da cui sembra trasparire una sostanziale bocciatura delle europolitiche degli ultimi anni. Una maggioranza in cui la componente che si definisce “verde” -responsabile ed artefice di molte delle europolitiche bocciate dal voto popolare- conserva tuttavia il suo ruolo determinante.
RICERCA E INNOVAZIONE SOLUZIONI ALLA MANCATA COMPETITIVITA’
Abbiamo assistito alla presentazione da parte di Mario Draghi -qui nella veste di consulente dell’UE per la competitività- di un corposo documento, contenente una serie di proposte di revisione degli obiettivi e degli strumenti nelle politiche comunitarie, che già condiziona e forse ancor più condizionerà il dibattito a livello europeo.
Le prime reazioni al “rapporto Draghi” sono state complesse e talvolta contrastanti, come d’altro canto è naturale che sia di fronte ad un documento di questa ampiezza ed articolazione. Alcuni settori ideologicamente “ambientalisti” lo hanno aspramente criticato per la presunta “mancanza di ambizione” sul fronte “ecologico”. Per contro, gli ambienti liberali e liberisti – cui chi scrive è notoriamente vicino- ne hanno apprezzato la critica verso quelle politiche che hanno comportato un preoccupante distacco dell’Europa attuale. E in particolare da quelli che erano i principi e gli obiettivi dei “padri fondatori”. Tuttavia, ne paventano pure alcune implicazioni “dirigiste” e “centraliste” che potrebbero contraddire nei fatti quanto enunciato a parole.
Se sono apprezzabili la critica alla sovraregolamentazione che soffoca le aziende produttrici (in specie se di piccole o medie dimensioni, come quelle del settore agricolo e agroalimentare) e “l’elogio della complessità”, e quindi delle scelte basate sul pragmatismo (che rappresentano un carattere distintivo, e spesso incomprensibile per il pubblico urbanizzato, delle attività agricole), resta da chiedersi se la competitività che il “sistema Europa” sta perdendo per effetto di politiche spesso inquinate da approcci ideologici si possa recuperare facendo leva su una maggiore spesa pubblica, o non piuttosto su una maggiore libertà nelle attività di impresa, nella ricerca e nell’innovazione.
COMPLESSITA’ DELL’AGRICOLTURA ANCHE DOPO LA CAMPAGNA ELETTORALE
I prossimi mesi diranno se le politiche dell’Europa sull’agricoltura sapranno essere più realiste e rispettose della complessità che caratterizza le produzioni agricole di quanto non sia accaduto nel passato.
Dopo le parole della campagna elettorale dove in tanti hanno sostenuto (invero, spesso senza troppa convinzione né credibilità) la “centralità” dell’agricoltura, ora si passa alla concretezza dei fatti. I temi su cui il decisore politico sarà chiamato a pronunciarsi, tanto a livello comunitario, che nazionale e regionale, possono avere notevole impatto sulla “sostenibilità” in senso lato dell’agricoltura.
Si pensi a quello – potenzialmente devastante- della cosiddetta “legge per il ripristino della natura”, passando a quello del deflusso “ecologico” dei corsi fluviali. Temi su cui un approccio “ideologico”, improntato a quel “malinteso ambientalismo” ben stigmatizzato dal prof. Casati in una sua memorabile relazione per l’Accademia dei Georgofili, può comportare danni enormi, non solo e soltanto per l’agricoltura, ma per l’ambiente, la società, e in genere la sicurezza delle popolazioni.
Gli stessi cambiamenti del clima -cui l’umanità ha sempre dovuto più o meno passivamente adattarsi nel corso dei secoli (e rispetto ai quali è necessario pragmaticamente adottare tutte le misure di attiva mitigazione che le moderne tecnologie consentono)- rischiano di diventare in quest’ottica la “foglia di fico” sotto cui nascondere la vergogna dell’incuria, della mancata manutenzione del territorio, dell’abbandono spacciato per “rinaturalizzazione”, di cui anche recenti accadimenti hanno dato ennesima dimostrazione.
REGOLAMENTO D’USO DEI PRODOTTI FITOSANITARI
E’ probabile che la “famigerata” proposta di regolamento per l’uso dei prodotti fitosanitari -che rischiava di rendere tecnicamente impossibile la protezione di molte colture da parassiti e malerbe- dopo essere stata bocciata dal precedente europarlamento e conseguentemente ritirata dalla Commissione, sia nuovamente messa in discussione, auspicabilmente su basi tecnico-scientifiche più razionali e fondate. Ma su questo delicato fronte sarà necessario uno sforzo responsabile da parte di tutti.
Infatti, su di esso si giuoca gran parte della competitività della nostra agricoltura. Che non ha bisogno di misure “assistenzialistiche” dall’utilità perlomeno dubbia: il sistema di “sussidi” previsto dalla PAC si sta sempre più rivelando, alla prova dei fatti e numeri alla mano, uno strumento quasi perverso. Strumento per cui l’agricoltore diventa mero tramite di flussi finanziari a favore di altri soggetti (collocati ora a monte, ora a valle, e più spesso collateralmente alle filiere produttive). Ciò che davvero serve è ridurre le norme e semplificare le procedure per orientare le risorse verso attività produttive razionali ed efficienti, quindi competitive ed integrate con l’ambiente.
DIFFUSO MALESSERE
Inutile nascondere la preoccupazione e le inquietudini con cui gli imprenditori delle campagne guardano al futuro. Cova un diffuso malessere (solo parzialmente e forse non del tutto chiaramente espresso dalle proteste dello scorso inverno), un senso di profonda frustrazione per la mancanza di rispetto verso chi in agricoltura lavora e produce, e per i “bias cognitivi” -alimentati da slogan di infimo livello tecnico- scientifico ma di alto impatto comunicativo- che vorrebbero le attività agricole e zootecniche moderne come causa di tutti mali del mondo.
AGRICOLTURA SENZA RAPPRESENTANTI
Un anno fa la signora Von der Leyen annunciava di volere “…avviare un dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Unione Europea”.
Non sappiamo se tale intenzione sarà confermata e messa in pratica nella legislatura che si è appena aperta. Purtroppo il mondo agricolo italiano si appresta ad affrontare questa nuova fase senza una diretta rappresentanza a livello parlamentare (e su questo punto le organizzazioni sindacali agricole dovrebbero porsi qualche interrogativo). E’ auspicabile che la recente elezione alla guida del Copa-Cogeca del dott. Giansanti (cui esprimiamo i nostri auguri e la piena disponibilità per un fattivo supporto sui temi tecnico-scientifici propri di una istituzione come la Società Agraria di Lombardia) possa in parte colmare questa lacuna.
IL LAVORO DI GEORGOFILI…
Le istituzioni accademiche e culturali italiane operanti in ambito agrario, coordinate dall’UNASA, stanno profondendo il massimo impegno per proporre alla politica indicazioni e strategie razionali e praticabili per il settore primario. Il recente ciclo di incontri “Agricoltura 2030”, promosso dall’Accademia dei Georgofili, ha aperto una riflessione da parte della comunità scientifica agraria volta a fornire indicazioni al decisore politico basate su dati sperimentali responsabilmente valutati.
…E DELLA SOCIETA’ AGRARIA DI LOMBARDIA
La Società Agraria di Lombardia -che a quel ciclo di incontri ha attivamente collaborato- da anni sostiene le attività di ricerca e di innovazione tecnologica, ma anche di formazione e divulgazione culturale, finalizzate alla “intensificazione sostenibile”, ovvero alla utilizzazione delle tecnologie più razionali ed efficienti, le sole che consentono di mantenere elevati livelli quanti-qualitativi nelle produzioni senza impoverire l’ambiente. Continuerà a farlo -pur consapevole delle difficoltà che ciò comporta- anche per mettere a disposizione del legislatore, auspicando che voglia e sappia ascoltare, gli strumenti per decidere in maniera responsabile e non ideologica. Perché di fronte a quella che Raymond Aron chiamava “la debolezza delle ideologie” (ancorché sostenute da slogan ed apparati comunicativi apparentemente forti) bisogna tutti ritrovare, come ci insegnava Oriana Fallaci, “la forza della Ragione”. Autore: Flavio Barozzi, Dottore Agronomo e Presidente della Società Agraria di Lombardia.
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