E adesso? Una domanda che all’Ente Risi non vorrebbero mai farsi. Le dimissioni di un ministro creano un vuoto che è aborrito da ogni dirigente pubblico e da ogni dirigente politico. Ma – tranquilli – la corsa alla poltrona lasciata libera da Nunzia De Girolamo è già iniziata. Tra qualche ora partiranno i comunicati stampa di solidarietà, dai toni sussiegosi, e gronderanno empatici ringraziamenti per la ministra che ha difeso il riso contro la Cambogia: è vero, non ha ottenuto nulla, ma almeno si è impegnata. Insomma, per qualche ora tutti…no, tutti no, diciamo molti… insomma qualcuno dirà che Nunzia De Girolamo lascia un vuoto incolmabile nell’agricoltura italiana e persino nella risicoltura. Sia chiaro che il vuoto non è incolmabile e soprattutto non lo lascia la De Girolamo. Non se ne avrà a male la ministra, che ha fatto del parlar chiaro la propria cifra politica, come ben sanno i magistrati di Benevento: il vuoto aperto dalle dimissioni del ministro è reale, ma politico e non personale – per questo non è neanche incolmabile – e riguarda l’applicazione della nuova politica agricola comune, la quale è stata approvata a fine 2013, ha fissato le regole e ha messo al riparo il budget ma ai Paesi membri sono riservate le decisioni che serviranno a calare operativamente la riforma nei diversi settori agricoli. Quanto l’argomento sia delicato lo dimostrano le tensioni che hanno accompagnato le recenti decisioni sul riparto dei fondi Psr. Pur avendo girato a Bruxelles la boa più difficile, quella del greening, anche il riso, che sta attraversando una crisi talmente pesante da far parlare di “scomparsa” di questa coltura, vede dipendere il proprio futuro da quelle decisioni ed è quindi comprensibile l’apprensione con cui la filiera segue non tanto l’addio della De Girolamo, quanto l’interim del presidente del Consiglio e l’eventuale rimpasto. Non è un mistero per nessuno, infatti, che solo in quel caso avremo un nuovo titolare dell’Agricoltura ed è pertanto giusto preoccuparsi: se la partita di scacchi sulla legge elettorale e sulle riforme concordate tra Renzi e Berlusconi dovesse andare per le lunghe, a guidare il Mipaaf resterebbero di fatto i dirigenti e l’agricoltura non avrebbe alcun interlocutore politico. Se per tutto il mondo rurale sarebbe negativo, a maggior ragione lo sarebbe per il riso: il dossier Cambogia è ancora aperto e la recente mobilitazione della filiera per ottenere la clausola di salvaguardia dall’Europa non avrebbe un portavoce istituzionale a Bruxelles. Per sfuggire a questa condizione nefasta, da quando la procura di Benevento ha messo sotto pressione la De Girolamo, i vertici dell’Ente Risi hanno intensificato i rapporti con Roberto Formigoni, presidente della commissione agricoltura del Senato e da tempo in cerca di una poltrona ministeriale. Il presidente Paolo Carrà, rendendosi conto che la De Girolamo non sarebbe rimasta a lungo in via XX Settembre, ha rapidamente spostato il baricentro dell’Ente sull’ex governatore della Lombardia – soprannominato da amici e nemici “il Celeste” – il quale ha suggellato il patto con una letterina pubblicata sul sito dell’Ente (http://www.enterisi.it/upload/enterisi/documentiallegati/20140123170414703_13660_240.pdf ). Probabilmente, il sostegno del presidente dell’Ente Risi non basterà al Celeste per aggiudicarsi il Mipaaf: non tanto per il coinvolgimento nelle inchieste che gli è costato la Regione Lombardia, quanto perché il Nuovo Centro Destra, in cui milita l’esponente ciellino, è già accusato di avere più poltrone che voti. Tuttavia, nell’ambito di un rimpasto… (27.01.14)
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