I prezzi mantengono i loro massimi nelle ultime sedute (leggi QUI), nonostante i lunghi B abbiano mancato un reale approdo a 55 €/q lordi, auspicato fino ad un mese fa, e si inizi a vociferare di alcuni possibili passi indietro, soprattutto tra i risi tondi. Come sappiamo, questo è la conseguenza della pubblicazione dei dati sulle disponibilità, molto ridotte rispetto agli anni passati ma comunque maggiori di quanto previsto al termine del raccolto.
L’INDUSTRIA CHIEDE 250.000 HA
La campagna, com’è noto, è stata molto travagliata a causa della siccità. Il fenomeno ha influito in modo disastroso in diversi territori. La calamità si era in parte manifestata fin dalla primavera, portando alcuni agricoltori ad abbandonare la semina nei terreni meno irrigui e riducendo la superficie a riso di quasi 10 mila ha rispetto all’anno precedente. L’effettiva portata dei danni, resasi palese solo in autunno al momento della raccolta, ha creato ancora più preoccupazione nei risicoltori. Oggi non è raro vedere camere da anni a riso nelle quali è nato del grano o dell’orzo, che quindi non potranno più essere utili alla risicoltura. Ci aspettiamo dunque, un ulteriore calo nelle superfici a riso nella prossima annata. L’industria, però, come abbiamo appreso venerdì nel convegno organizzato da Airi (leggi QUI), afferma che se ne debba coltivare di più.
L’obbiettivo auspicato dai trasformatori è 250.000 ha (contro i 218.000 attuali). Questi ultimi hanno dimostrato con i numeri come i consumi siano in aumento e vi sia il rischio di perdere fette di mercato in favore del prodotto estero. Infatti, ora le importazioni hanno un costo pressoché pari a quello pre-pandemia e non sono più in vigore i dazi alle importazioni. Dazi che hanno arginato la crescita dei quantitativi di riso lavorato importati da paesi in cui questo è a bassissimo costo.
«ABBIAMO SUBITI DANNI INGENTI»
Abbiamo affrontato queste tematiche con Michele Osenga, risicoltore di Trino Vercellese (VC), che ha affermato: «I prezzi credo che attualmente siano ad un livello soddisfacente e mi auguro che tali possano rimanere. Queste cifre, a mio modo di vedere, riescono a ripagarmi sia dell’aumento dei costi, sia dei danni subiti per la siccità. Anche qui nel vercellese, infatti, abbiamo avuto problemi, soprattutto nei terreni più vicini al Po. Nella mia azienda siamo stati costretti a trinciare il 15% della superficie, essendo antieconomico entrare a raccogliere un campo in cui la produzione è quasi 0».
«SEMINERÒ IL 30% IN MENO DI RISO»
«Questa esperienza mi ha portato ad essere molto scettico sulla possibilità di avere una disponibilità idrica sufficiente in futuro. L’andamento del clima sappiamo essere in peggioramento da questo punto di vista e le opere, utili a prevenire una situazione come quella vissuta nell’estate appena trascorsa, richiedono tempo e dovranno affrontare molti ostacoli prima di venire alla luce».
«Per questi motivi, nonostante le recenti richieste dell’industria ed il prezzo sul mercato, ho destinato circa il 30% della superficie aziendale prima a riso alla coltivazione di orzo, a cui poi farò seguire probabilmente del sorgo. Scelta che mi lascia più tranquillo dal punto di vista della disponibilità idrica e mi permette anche di sfruttare alcuni vantaggi agronomici».
ADDIO CONSUMATORI?
«Tornando ai prezzi, è chiaro come alcune varietà risultino più premianti di altre. E’ un elemento consueto ma quest’anno vi sono differenze maggiori di quelle viste nelle scorse campagne. Il rischio è che il consumatore si allontani dai prodotti maggiormente apprezzati, come Carnaroli o Arborio, vedendoli a cifre esorbitanti sugli scaffali e decidendo quindi di sostituirli. Questi, essendo i nostri risi di bandiera, non sono sostituibili con prodotto estero in un’annata con scarsa disponibilità interna come questa. Come sappiamo è poi difficile riacquisire un consumatore perso. Pertanto, mi auguro che ciò non avvenga e che si faccia il possibile per evitarlo». Autore: Ezio Bosso.
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