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«ACQUA EQUA»

da | 29 Mar 2023 | NEWS

Listini fermi nelle sedute di inizio settimana e tendenza rialzista che pare già scomparsa, dopo il ritorno ai massimi dell’annata in quesì tutte le voci a listino (leggi l’analisi).

«DANNI ECONOMICI IRRECUPERABILI»

Ci confrontiamo come consuetudine con un’esponente della risicoltura nostrana, analizzando anche il tema idrico tanto dibattuto in questi giorni. A parlare ai nostri microfoni è Massimo Saronni, risicoltore e sindaco di Zeme (PV), uno dei comuni più colpiti dalla siccità nella scorsa campagna. «Nella passata stagione la produzione della mia azienda ha subito un calo del 40% circa. Nel comune che amministro alcune aziende hanno raggiunto perdite anche del 90%. Bisogna considerare che tali mancanze sono difficili da tutelare dal punto di vista assicurativo, dal momento che molte compagnie hanno chiuso le assunzioni per il rischio siccità molto presto lasciando la risicoltura quasi del tutto scoperta. Anche i fondi mutualistici nella scorsa campagna si sono dimostrati poco efficienti, essendo legati a indici non attuali».

«I cali produttivi sopra descritti, dunque, hanno reso impossibile avere un ritorno economico soddisfacente, pur considerando gli aumenti occorsi nei prezzi del risone. La valutazione più limitante è sicuramente quella dei lunghi B, troppo lontana dagli altri comparti. Ad influire sono stati anche gli aumenti di costi di carburante e fertilizzanti. Ho pagato quest’ultimi oltre 100 €/q in estate per la concimazione in fase di accestimento. La carenza idrica mi ha portato a non svolgerla del tutto, avendo deciso di abbandonare la coltivazione compromessa già a giugno. Ora quindi ho sotto la travata un prodotto che si è anche svalutato della metà, visti i costi attuali dei fertilizzanti. Oltre il danno la beffa».

«VALUTERÒ PIÙ AVANTI SE SEMINARE O MENO»

«Per la prossima campagna ho deciso che attuerò una strategia flessibile, sia a livello agronomico, sia negli acquisti di mezzi di produzione, che effettuerò solo al momento di necessità. Ho destinato la maggior parte della superficie nuovamente a riso. Una porzione la  seminerò a breve a file interrate, l’altra ho scelto di coltivarla in due modi. In alcune camere ho seminato grano e prati, quest’ultimi per alimentare il bestiame che gestisco, a cui non farò seguire nessun’altra coltivazione. Nelle altre deciderò a maggio se seminare o meno varietà precoci di riso. La decisione sarà legata alla disponibilità irrigua, ad oggi in quei terreni non ho ancora iniziato le lavorazioni».

«Se non ci fosse la possibilità di avere accesso all’acqua penso che lascerò incolto. Farò ciò poiché anche la soia o altre colture da asciutta hanno bisogno di bagnature in momenti specifici, che se non sopraggiungono rendono la coltivazione improduttiva. In questo momento sono molto preoccupato e penso che difficilmente avremo un contesto migliore rispetto alla scorsa estate».

«LOMELLINA PENALIZZATA PERCHÉ PIÙ A VALLE»

«A farmi ben sperare vi sono le scelte del consorzio irriguo Est Sesia – afferma Saronni -. Io stesso mi sono prodigato su questi temi fin dall’anno scorso, intervenendo anche su media nazionali. Ritengo che sia giusto cercare di distribuire in modo più equo la risorsa, dal momento che l’unica colpa della Lomellina è di essere più a valle del territorio novarese. I temi della storicità della risicoltura nel territorio e della tessitura dei terreni ritengo che non siano veritieri. Terreni sciolti e pesanti esistono qui come altrove e vi sono testimonianze di coltivazioni di riso nel nostro areale che risalgono al ‘600. Sono amareggiato dalla reazione avuta da 50 colleghi novaresi (leggi l’articolo), che hanno deciso di protestare fin da subito».

«Avrei sperato in maggiore spirito di collaborazione nella categoria di cui faccio parte. A chi pare scorretto che i 2/3 della risorsa in caso di carenza vengano destinate alle code, ricordo che nella scorsa campagna l’acqua qui non è mai arrivata ed è stata utilizzata a monte senza attuare pratiche redistributive. Siamo tutti parte dello stesso grande consorzio e paghiamo tutti il canone allo stesso modo, è giusto che si pensi ad un piano che permetta a tutti di accedere in modo equo all’acqua. Ribadisco che non ritengo corretto privilegiare un territorio solo perché maggiormente vicino alla fonte irrigua se parte della stesa gestione di altri. Noi come terminali abbiamo spesso sofferto carenze nell’ultimo quinquennio a causa della nostra posizione ma se non è più possibile produrre non deve neanche essere richiesto il canone di partecipazione al consorzio». Autore: Ezio Bosso.

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