Dopo tre anni dalla presentazione della proposta legislativa, finalmente l’agricoltura europea si avvia verso una reale riforma della Pac 2023-2027 più equa, sostenibile e per gli agricoltori. E’ il senso dell’accordo provvisorio appena raggiunto nel “super trilogo” a Bruxelles, da Parlamento, Consiglio e Commissione Ue.
Coldiretti: occhio agli eco schemi
Con l’accordo sui piani strategici nazionali si va verso la riforma della Politica Agricola Comune (Pac) per consentire la programmazione degli investimenti nelle aziende agricole italiane per una spesa di circa 50 miliardi da qui al 2027. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel commentare il compromesso sul cuore del negoziato della riforma della Pac raggiunto dal trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione). Tra i punti più rilevanti il compromesso sugli eco-regimi che dovranno essere tradotti in misure semplici ed efficaci in termini di innovazione per consentire agli agricoltori di continuare nel percorso di sostenibilità già iniziato.
Importanti anche i passi avanti sul tema della condizionalità sociale e dei diritti dei lavoratori sostenuto dalla Coldiretti che – sostiene Prandini – chiede di garantire adeguatamente i redditi degli agricoltori, premiare comportamenti virtuosi in coerenza anche con il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, di affrontare i danni provocati dai cambiamenti climatici, favorire il ritorno alla terra in atto nelle giovani generazioni e assicurare lo stesso rispetto dei diritti dei lavoratori e dei requisiti sociali in tutta Europa.
Ma la riforma della Pac potrà portare risultati tangibili solo si terrà nel debito conto l’impatto delle misure previste nella nuova Politica agricola rispetto alle azioni previste dalle Strategie europee della Farm to Fork e della Biodiversità: un’eventuale proposta di allineare la Pac con il Green Deal dovrà evitare di rendere i prossimi anni incerti sul piano normativo e di dare valore giuridico ad obiettivi che ad oggi non sono cogenti.
In questo senso – continua Prandini – Coldiretti continua a sostenere l’assoluta necessità che la Commissione fornisca uno studio di impatto cumulativo prima di avanzare proposte legislative ulteriori e che si compiano scelte coraggiose in termini di trasparenza per il consumatore, estendendo a tutti i prodotti l’obbligo dell’indicazione del paese d’origine e respingendo sistemi di etichettatura nutrizionali fuorvianti come il Nutriscore.
Il compromesso raggiunto tra i negoziatori al trilogo sui Piani Strategici della futura Pac è comunque – continua Prandini – un segnale positivo in vista delle discussioni odierne sul resto del pacchetto di riforma ed in vista del Consiglio Agricoltura di lunedì che dovrà confermare un eventuale accordo. Tra le molte questioni ancora aperte sul resto del pacchetto di riforma della Pac, si auspica – conclude Prandini – un atteggiamento coraggioso su alcuni elementi chiave, in primis il dibattito relativo alle restrizioni alle importazioni: sarebbe importante che nella riforma della Pac fosse riconosciuto il principio della reciprocità degli standard, vietando l’ingresso nell’Unione di prodotti che non rispettino gli standard intesi come criteri di produzione Ue come pure i limiti di tolleranza per i pesticidi presenti sui prodotti importati.
Cia: un accordo sulla Pac per gli agricoltori
Per Cia, ora l’Europa può essere più forte di fronte alle sfide post pandemia e l’agricoltura dei Paesi membri più in grado di guardare con ottimismo al suo ruolo da protagonista della transizione ecologica. Auspicando un passaggio rapido al Consiglio Agrifish del 28 e 29 giugno, con l’approvazione finale dei Ministri dell’Agricoltura Ue e successivamente da parte del Parlamento; gli agricoltori potranno, infatti, dal 1 gennaio 2023, contare su nuove norme, più robuste e strutturate per un sistema produttivo più equo e green. L’Europa agricola -sottolinea Cia- guadagna con la riforma della Pac, maggiore rispetto della sfera ambientale e sociale, che dovranno, però, muoversi in costante equilibro anche con la garanzia del reddito per gli agricoltori.
Nel dettaglio -precisa Cia- tra il I e II pilastro, almeno il 60% delle risorse saranno dedicate a una nuova architettura verde, con il 25% delle risorse del I pilastro da destinare agli eco-schemi. Un punto chiave per dare impulso all’agricoltura del futuro. Sarà, inoltre, inglobata nella Pac anche la dimensione sociale, obbligatoria a partire dal 2025, ma -ribadisce Cia- da intendersi come un’ulteriore valorizzazione di una Pac rivolta anche alla collettività e ai lavoratori, senza ostacoli e aggravi burocratici.
“La Pac -dichiara il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino– deve rimanere, prima di tutto, la politica economica per gli agricoltori e, quindi, costante opportunità di sviluppo imprenditoriale, oltre che strumento utile a rigenerare e valorizzare le aree rurali. Per questo -aggiunge Scanavino- non è più rinviabile la definizione del Piano strategico nazionale che permetta agli agricoltori italiani di essere all’altezza del cambiamento che gli si richiede, che mostri nei fatti di riconoscere le specificità del settore e le sfide oggi spinte da emergenza sanitaria e climate change. Occorre -conclude, infine, il presidente di Cia- ragionare con tutti gli attori coinvolti sul territorio, come richiesto dal progetto Cia ‘Il Paese che Vogliamo’ e come è necessario a un’agricoltura sempre più settore strategico per l’Italia e l’’Europa”.
Confagricoltura: ci aspettavamo di più
“Il lavoro che abbiamo svolto negli ultimi tempi ha dato qualche risultato positivo a tutela dei trasferimenti alle imprese, ma non possiamo dirci soddisfatti per l’accordo raggiunto”.
Così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sull’esito del “trilogo” che ha siglato oggi un’intesa provvisoria sulla riforma della PAC.
“E’ passato, di fatto, il principio che le imprese agricole devono aumentare gli impegni in materia di sostenibilità ambientale, ma a fronte di minori risorse finanziarie destinate alla tutela dei redditi e alla stabilità dei mercati. E il taglio sarà soprattutto a carico delle imprese orientate – indipendentemente dalla dimensione – agli investimenti, alle innovazioni e all’aumento dell’occupazione”.
Confagricoltura ricorda che i fondi destinati all’agricoltura italiana subiranno nel periodo 2021-2027 un taglio del 15% in termini reali rispetto al precedente quadro finanziario pluriennale.
“Dalla lettura dei testi – aggiunge Giansanti – ci sembra, inoltre, che non sia stato assolutamente centrato l’obiettivo della semplificazione amministrativa da tutti auspicato”.
“Da parte nostra, vogliamo ricordare che la maggiore sostenibilità ambientale dipende dai livelli di efficienza e competitività delle imprese, per non compromettere il potenziale produttivo. Ci auguriamo che questi aspetti fondamentali siano presi in considerazione dai ministri dell’agricoltura che si riuniranno la prossima settimana” -conclude il presidente di Confagricoltura.
L’accordo provvisorio raggiunto oggi sulla nuova PAC sarà infatti sottoposto ai ministri dell’agricoltura della UE nella sessione in programma il 28 e 29 giugno e dovrà essere approvato dall’Assemblea plenaria dell’Europarlamento.
De Castro: è fatta
“È fatta: dopo quasi 24 ore ininterrotte di negoziato tra Parlamento europeo, presidenza di turno portoghese del Consiglio, e Commissione, siamo riusciti a trovare un accordo politico sulla riforma della Politica agricola comune che accompagnerà i nostri agricoltori, e tutti i cittadini europei fino al 2027. Un accordo nel segno della sostenibilità economica, ambientale e sociale senza precedenti nella storia della Pac”. Così Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo commenta con soddisfazione la chiusura di un negoziato tra le istituzioni Ue, durato tre anni, tutt’altro che scontato e che vedrà l’entrata in vigore della prossima riforma l’1 gennaio 2023.
Per De Castro “siamo partiti da una proposta vaga, che rischiava di portare alla ri-nazionalizzazione di una politica che è stata cemento della costruzione europea: grazie al nostro lavoro di questi mesi, siamo riusciti a salvaguardarne la dimensione comune, evitando distorsioni di concorrenza tra agricoltori di differenti Stati membri. Abbiamo rimesso al centro il ruolo delle regioni, che continueranno a essere un attore principale nella redazione dei Piani strategici nazionali. Abbiamo finalmente inserito il terzo pilastro della politica agricola – sottolinea De Castro – quello sociale: d’ora in poi la Pac non finanzierà più gli agricoltori che non rispettino i diritti dei propri dipendenti, ponendo fine alla concorrenza sleale verso la stragrande maggioranza degli imprenditori che invece si prende debitamente cura dei lavoratori”.
“Il tutto, senza indebolire gli obiettivi economici della politica agricola, con un 15% di aiuti diretti che verrà riservato al sostegno accoppiato alle produzioni più rappresentative del Made in Italy, dal pomodoro all’olivicoltura, il rafforzamento delle misure di gestione del rischio contro le perdite di produzione o di reddito che – evidenzia De Castro – ora saranno finanziabili anche tramite i pagamenti diretti agli agricoltori, l’estensione degli interventi settoriali a tutti i prodotti, incluse le patate fresche”.
“Ma il settore agricolo – secondo l’europarlamentare PD – sarà anche chiamato a un ulteriore sforzo ambientale, per sistemi produttivi sempre più sostenibili: per questo, gli eco-schemi premieranno fino al 25% dei pagamenti diretti quegli agricoltori che metteranno in campo pratiche innovative e in grado proteggere i livelli unici di biodiversità che caratterizzano le aree rurali del nostro Paese”.
“Non da ultimo, un riferimento ai risultati – per De Castro nemmeno immaginabili fino a qualche mese fa – sul regolamento relativo alla Organizzazione comune dei mercati, con le misure sull’etichettatura del vino che rappresentano un importante traguardo per la trasparenza delle informazioni verso i consumatori fortemente voluto dal settore, così come l’estensione a tutti prodotti Dop e Igp della possibilità di effettuare programmazione della produzione per meglio rispondere alla sempre maggiore volatilità dei mercati, senza alcun rischio di violazione delle norme sulla concorrenza, come attualmente possibile solo per salumi, vini e formaggi”.
“Sono serviti tre anni di negoziato – conclude il coordinatore S&D – ma alla fine possiamo dirlo: ne è valsa la pena per una futura politica agricola forte, ambiziosa e davvero comune, più equa e più sostenibile”.