Gli antichi romani suddivisero il territorio in latifondi e centuriazioni impegnandosi in bonifiche. Pur conoscendo i principi del mulino ad acqua utilizzarono prevalentemente schiavi ed animali quali fonti di energia. Il mulino ad acqua venne valorizzato solo nel X secolo. In quest’epoca i mulini erano difesi e mimetizzati, fatto coevo con l’incastellamento del territorio per difendersi dalle le incursioni delle bande di ungari e saraceni.
UN PO’ DI STORIA
Grandi costruttori di reti irrigue e di bonifica furono gli ordini monastici dei Benedettini, Cluniacensi, Cistercensi e Umiliati nelle terre concesse loro dalle autorità del tempo, imitati dopo il mille dalle autorità comunali. Nel 1288 fra Bonvesin Della Riva nello scritto “De Magnalibus Urbis Mediolani”. Qui elencò i principali corsi d’acqua del milanese evidenziando la pescosità e la moltitudine delle ruote molitorie. Accennò la produttività del cenobio di Chiaravalle (zona roggia Vettabbia) con i tre mila carri di fieno prodotti.
Il canale Muzza nel lodigiano (nome mutuato da proprietari patrizi romani) è derivato dall’Adda nel secolo XIII sfruttando nella regimazione rami morti, fossati naturali o antichi scavi come peraltro usanza del tempo. Nel 1177 i milanesi principiarono lo scavo del Ticinello derivato in sponda sinistra del Ticino a scopo prevalentemente di difesa da scorribande dei pavesi fedeli all’impero.
L’IMPULSO DEI SIGNORI
Un grande impulso avvenne per opera delle signorie e dei ducati. I Savoia derivarono dalla Dora Baltea il Naviglio di Ivrea (XV secolo) per navigare e irrigare la pianura vercellese. I marchesi del Monferrato e i monaci di Lucedio sfruttando una rottura di sponda della Dora scavarono l’avvallatura del canale del Rotto a beneficio dei terreni dell’abbazia e feudi contigui.
I SAVOIA
I Savoia nel 1584 promuovono legislazioni su espropri per canalizzazioni. Nel 1619 un censimento delle acque pubbliche e private oltre ad un regolamento sulle derivazioni trovarono applicazione. La realizzazione della roggia Busca, antica Nova Novariensis, le cui origini si perdono nel XII secolo in sponda sinistra del Sesia traccia il confine novarese verso Vercelli. Nel 1608 il marchese Busca autorizza a condurre le acque nei suoi feudi (Valle lomellina). Detto canale con la roggia Biraga con interscambio e sussidiate dal Cavour conduce nei secoli le acque nel Novarese e nella Lomellina occidentale.
La Biraga è concessa (dalla Credenza di Vercelli nel 1424) a Zanino Rizzo prevalentemente come roggia molinara. Ludovico il Moro nel 1488 investe Pietro Birago della possibilità di condurre le acque nel suo interesse. In seguito, la roggia passa nel tempo al capitolo della cattedrale sino alla privatizzazione delle requisizioni napoleoniche. Poi è acquisita dal demanio con la Busca e altre rogge nel 1883. Gian Galeazzo Visconti concesse le acque del fiume Sesia al feudo di Sartirana condotte poi dal Roggione omonimo. Illustri furono nel tempo i proprietari Cicco Simonetta segretario ducale e nel XVI secolo Mercurino Arborio Gattinara segretario dell’imperatore Carlo V.
IL NAVIGLIO GRANDE
Nel 1400, Il Naviglio Grande trova potenziamento. Si ipotizzò di condurre dette acque sino a Vigevano oltre la sponda destra del fiume Ticino. Tuttavia, detta valle, molto depressa, rendeva impossibile la monumentale opera, quindi si optò per le più attuabili costruzioni di rogge ducali direttamente in sponda destra del Ticino (Naviglio Sforzesco e Roggia Mora quest’ultima ripresa da una precedente costruzione comunale e derivata dal Sesia).
Le autorità ducali concessero ai loro “famigli”, dignitari e istituzioni caritatevoli di derivare acque oltre che da canali manufatti anche dai torrenti che solcano la pianura verso il grande fiume.
IL QUATTROCENTO
Nel quattrocento il ducato di Milano promosse la costruzione dei navigli di Bereguardo (derivato dal Naviglio Grande ad Abbiategrasso e in direzione sud ) e della Martesana (derivata dall’Adda) dove Leonardo progettò un ulteriore collegamento con le acque interne della città. Inoltre il ducato di Milano iniziò la progettazione e la costruzione del naviglio Pavese allo scopo di portare le acque dalla darsena del Naviglio grande a Milano sino al Ticino a Pavia mettendo quindi in comunicazione navigabile il Lago Maggiore all’Adriatico.
IL SEICENTO
Il progetto peraltro ambizioso visto il grande dislivello tra le due città, fu interrotto dalle vicende belliche di fine ‘400 che provocarono la caduta del casato sforzesco e l’interruzione dei lavori. Nel ‘600 la dominazione spagnola riprese la costruzione sino ad interromperla non lontano dalla città di Milano e per questo la località dell’interruzione dei lavori venne chiamata “conca fallata” (nei pressi di Rozzano).
NAPOLEONE
IL CANALE DEPRETIS
All’inizio dell’ottocento avvenne l’apertura del canale di Cigliano derivato dalla Dora Baltea che dopo vari ampliamenti prese il nome di canale Depretis. L’inchiesta agraria Jacini dei primi anni del Regno, aveva rilevato le eccellenze produttive delle lande tra il Ticino e l’Adda denunciando le carenze di quelle tra il Sesia e il Ticino definite in parte “lande desolate con popolazioni nomadi”. La costruzione del canale Cavour mutò radicalmente i valori produttivi e fondiari a ovest ed est del Sesia. Tuttavia, completata l’opera ad eccezione del coevo cavo Montebello (che irriga la fascia di terreno a sinistra del Sesia) emersero grandi difficoltà a dispensare le acque nelle località lontane dal gran canale tanto che Carlo Cattaneo definì il Cavour “un albero senza rami”.
Il fatto causa il dissesto degli investitori principalmente stranieri della Compagnia sino all’acquisizione demaniale. La capillare distribuzione delle acque passava dalla costruzione di diramatori (esempio Quintino Sella, cavo Belleli poi chiamato diramatore Vigevano), sub diramatori e all’esproprio di medi e grandi canali privati che incrociavano il Cavour (esempio roggia Busca ecc.). Le controversie durante le procedure di esproprio ebbero degli strascichi giudiziari che arrivarono al 900.
IL VILLORESI
Il progetto del canale Villoresi è dell’Ing. Eugenio Villoresi dopo l’unità d’Italia fra alzate di scudi e difficoltà di ogni genere irrigò le arse lande dell’alto milanese tra il Ticino e l’Adda. Questo compare solo all’ultimo scorcio del 800.
L’instabilità delle portate del canale Cavour nel Novarese e Lomellina suggerisce la costruzione del canale Regina Elena proveniente dal lago Maggiore. Il progetto risale al primo dopoguerra. Tuttavia, tra ritardi e vicissitudini belliche trova realizzazione solo alla metà degli anni 50. Ad ancor più tardi risale il diramatore Alto Novarese (derivato dal Regina Elena). L’obiettivo era addivenire a una maggior razionalizzazione delle acque ad Est del Sesia.
Le grandi risorse investite nonostante i rischi connessi danno i presupposti per un ulteriore crescita economica che investe queste regioni creando e liberando capitali per un successivo sviluppo industriale. Qui, il reticolo di corsi d’acqua e il relativo livellamento dei terreni crearono un paesaggio. Paesaggio che Carlo Cattaneo nei suoi scritti definisce “sembra naturale ma è stato continuamente modellato dalle generazioni che si sono susseguite”. Noi potremmo aggiungere che il paesaggi è formato da ingegno e immani sacrifici visti gli scarsi mezzi del tempo forse auspicando per i posteri maggiori fortune.
CONCLUSIONI
Si tratta di un grande patrimonio a nostro beneficio. Un patrimonio che è l’eredità dei nostri avi. E’ un monito alla nostra generazione, all’impegno e all’onestà intellettuale delle classi dirigenti per una ulteriore razionalizzazione e valorizzazione. Autori: Adriano Bandi e Elettra Bandi