La Tavola Rotonda organizzata dall’Agenzia Turistica Locale di Novara nell’ambito di Exporice il 10 settembre sembrava la solita occasione un poco “sonnacchiosa” per sentire cose più o meno note sulla bellezza del nostro territorio e la qualità del nostro prodotto.
Tuttavia il titolo (“Il futuro del territorio? Senza il riso cambia la storia”) faceva presagire qualcosa di “provocatorio” rispetto agli schemi consueti ed in effetti le “bombe” non sono mancate. La discussione si è aperta con gli abituali interventi dei rappresentanti delle tre organizzazioni agricole, con gli appelli d’ordinanza alla politica “che ci deve ascoltare”, e l’immancabile richiesta di tavoli di confronto (su cui l’assessore regionale Marnati ha anticipato la convocazione per novembre degli “stati generali” dell’acqua in Piemonte), oltre all’altrettanto consueta richiesta di ulteriori contributi, agevolazioni, “ristori” ed investimenti.
LA RIVOLUZIONE DEI TURNI
Il presidente di Est Sesia Camillo Colli ha lanciato la prima “bomba” annunciando una vera e propria “rivoluzione” nella gestione dell’acqua irrigua. Secondo Colli, con gli attuali fabbisogni e le attuali portate, mancherà anche in futuro. La soluzione prospettata da Est Sesia è quella di passare da una dispensa continuativa da aprile a tutto agosto ad una dispensa intermittente in funzione delle disponibilità. Per Colli i risicoltori si dovranno adeguare ad una “turnazione flessibile” (testuale) in cui Est Sesia erogherà il servizio irriguo se e quando avrà acqua a disposizione. L’annuncio forse non ha turbato i numerosi cittadini presenti, ma ha fatto letteralmente sobbalazare i meno numerosi utenti del consorzio di irrigazione, che inevitabilmente si sono chiesti se a fronte di un servizio “frazionario” i canoni irrigui saranno a loro volta proporzionalmente ridotti, se resteranno invariati, o se addirittura aumenteranno per supportare la “turnazione flessibile”.
CARRÀ E LA NUORA
Nel successivo intervento il presidente di Ente Risi Paolo Carrà ha elogiato l’oculata gestione della risorsa idrica attuata dai “cugini” di Ovest Sesia anche in condizioni difficilissime come quelle del 2022, che ha consentito di limitare i danni nel comprensorio di competenza. Inevitabilmente le lodi alla “suocera” (Ovest Sesia) sono suonate come rimproveri alla “nuora” (Est Sesia), la cui gestione ha invece scontentato un po’ tutti: dai produttori della bassa Lomellina e del Novarese orientale che hanno avuto pochissima acqua ed hanno in molti casi perso la produzione, a quelli del Novarese occidentale e dell’alta Lomellina che forse riusciranno a produrre dignitosamente grazie alla natura limo-argillosa dei terreni, ma si sono visti inopinatamente interrompere il servizio di dispensa a metà luglio ed hanno dovuto fare i conti per gran parte della stagione con riduzioni dell’85-90% della competenza.
Carrà ha continuato evidenziando le criticità derivanti da un eccessivo ricorso alla semina in asciutta ed evocando testualmente “interventi impopolari” (e qui è deflagrata la seconda “bomba”) che costringano anche i “pasionari” della semina a file interrate a tornare a seminare in acqua per riequilibrare un sistema a rischio.
LA FORCA DEL PEPPINO
La terza “bomba” è arrivata quando prima Peppino Ferraris, responsabile riso del Copa-Cogeca, e poi Giovanni Ferrazzi, docente presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, hanno parlato di riso e politica europea.
Ferraris ha illustrato rischi per il futuro della risicoltura che vanno ben oltre una siccità probabilmente eccezionale anche se forse non episodica. Si va dalla crescente apertura all’import di prodotto asiatico dalla qualità sanitaria discutibile ai pericoli insiti nella strategia “Farm to Fork” (che per molti agricoltori, secondo Ferraris, significa “forca” ovvero morte per strangolamento delle proprie aziende) che punta a sottomettere l’attività produttiva a norme “ambientali” ideologiche, impraticabili ed avulse dalla realtà.
Un rischio sostanzialmente confermato dal prof. Ferrazzi che ha denunciato il progressivo smantellamento della nostra agricoltura messo in atto da parte della politica europea negli ultimi 35 anni. Uno smantellamento che frena l’innovazione, limita la ricerca scientifica, scoraggia gli investimenti produttivi, danneggia la qualità delle nostre produzioni di eccellenza e ne riduce la competitività in nome di un “ambientalismo” alquanto pregiudiziale. Per questo mentre altri Paesi avanzano, mentre la Cina previdentemente accumula scorte di prodotti agroalimentari, l’Europa e l’Italia sono tecnologicamente immobili, pure a fronte degli insegnamenti degli eventi estremi e dei venti di guerra che mettono in pericolo la nostra sicurezza alimentare.