Riceviamo e volentieri pubblichiamo: «Caro Direttore, ho letto sul tuo blog Riso Italiano un post dal titolo allarmante: “senza diserbo dire addio al riso”, che come agronomo che lavora in agricoltura biologica da ormai 30 anni, ovvero da quando l’Ue nel 1991 decise che si poteva fare agricoltura normata e certificata anche senza diserbo chimico, mi lascia “basito”. Ora che l’approccio agroecologico, le moderne tecnologie e materiali ci possono affrancare dal solo diserbo manuale e che il metodo biologico si è affermato anche in risicoltura mi chiedo per quale motivo non si pensi piuttosto a un progetto di distretto biologico del riso, che possa consentire di gestire anche questa problematica a una dimensione territoriale e di mercato che non lasci i singoli agricoltori a confrontarsi con le necessità di ricerca e investimento e che punti, soprattutto, a dare valore aggiunto al prodotto riso anche attraverso un’integrazione con attività turistiche e di fruizione di un territorio che ha enormi potenzialità paesaggistiche e ambientali. E che potrebbe essere certificato biologico, dando valore aggiunto anche alla certificazione IGP.
Alcuni esempi già ci sono, come il biodistretto della Baraggia, partiamo da quelli per andare a intercettare le nuove politiche Ue e le risorse che si renderanno disponibili con il Piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica e così il riso avrà un nuovo futuro anche in Italia. Cordialmente». Autore: Paolo Carnemolla, Segretario Generale FederBio, Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica