Proseguiamo la nostra inchiesta sul ddl bio approvato dalla Camera e ora al vaglio del Senato. Questa volta ne parliamo con Asso.Cert.Bio, Associazione nazionale che raggruppa i principali Organismi di Certificazione del Biologico italiani. Gli associati di ASS.O.CERT.BIO. certificano oggi più del 90% del biologico italiano. La base associativa è costituita dai seguenti organismi: ABCERT, BIOAGRICERT, BIOS, CCPB, ECOGRUPPO Italia, ICEA, SIDEL Italia e SUOLO E SALUTE. Solo in Italia, con un volume di affari annuo che si aggira intorno ai 52 milioni di euro, i soci di ASSOCERTBIO certificano circa 72.000 operatori con 93.000 visite ispettive all’anno, dando lavoro a circa 1.500 tra dipendenti e ispettori liberi professionisti. Hanno più di 70 sedi in quasi tutte le Regioni e uffici anche in Paesi esteri.
Bio e biodinamico non sono la stessa cosa
«Si ritiene che il ddl – ci dichiara – sia un buon punto di partenza per lo sviluppo dell’agricoltura biologica del nostro Paese;- spiega Domenico Corradetti, segretario ASSOCERTBIO- è importante, infatti, avere un Testo Unico che definisca le linee strategiche di sviluppo del biologico in Italia, uno dei Paesi in cui il settore più e meglio si è sviluppato a livello produttivo. Riguardo all’art.1, relativo alle finalità della legge, si ritiene che andrebbe scritto in modo diverso il testo relativo all’equiparazione del metodo dell’agricoltura biodinamica al metodo dell’agricoltura biologica: per poter parlare di “equiparazione”, è fondamentale, infatti, che ci sia, alla base, una condivisione di regole da parte di entrambi i metodi, così come è già previsto dal Reg UE n.834/2007, nel quale si prevede che il “biodinamico” può essere considerato “biologico” solo se è conforme al Reg UE stesso. Per tale ragione, quindi, un disciplinare privato quale Demeter o altri disciplinari privati che si richiamano al biodinamico non possono essere equiparati “tout court” al biologico. Inoltre, riguardo a tale comunanza si trovano riferimenti più avanti solo nella composizione del “Tavolo tecnico”, a cui partecipano rappresentanti di entrambi i metodi. Non è chiaro, invece, se il Marchio nazionale, i distretti, le organizzazioni dei produttori, per citarne alcuni, si riferiscano solo al metodo biologico; è così oppure, per continuità con l’equiparazione suggellata all’inizio, si troveranno prodotti biologici e biodinamici insieme sotto lo stesso marchio e dentro gli stessi distretti? In entrambi i casi, si rischia di generare confusione e svalutazione delle singole peculiarità».
Formazione cruciale
«Al fine di rendere ancora più virtuosa la filiera del biologico italiano – continua il segretario – si ritiene che uno degli aspetti cruciali sia rappresentato dalla formazione, tema trattato nell’art. 4 del DDL: è importante che sia prevista una adeguata formazione sia per i consulenti tecnici che assistono le aziende sia per i CAA (Centri di Assistenza Agricola): in questo modo, con una migliore preparazione tecnica degli operatori e una migliore assistenza da parte di consulenti e CAA, tutto il sistema ne gioverebbe. Non andrebbe sottovalutata, inoltre, la rilevanza di una formazione specifica anche per il personale addetto alla pubblica vigilanza (es. delle Regioni e di ICQRF)».
Corsi solo bio
«Sulla questione dell’attivazione di corsi universitari/master specifici per il biologico – conclude – si tratterebbe senza dubbio di iniziative utili al sistema. Va però sottolineato che il piano di studi dovrebbe evitare di essere focalizzato esclusivamente sull’agricoltura biologica in modo da evitare di formare delle figure “troppo specializzate”/”esclusivamente specializzate” su tale metodo: ad esempio, è fondamentale che un buon agronomo specializzato nel biologico possieda una buona conoscenza anche dei mezzi tecnici ammessi negli altri metodi di produzione agricola; gli ispettori, ad esempio, è bene sappiano quali mezzi tecnici si possono usare se non altro per una forma di verifica e controllo». Autore: Ezio Bosso