Caro Gian Luca Mascellino, abbiamo letto il Tuo ultimo articolo e dobbiamo dire che grazie a questo giornale digitale non c’è dubbio che ti stai facendo una bella pubblicità per la tua nuova attività, che sarà senz’altro utile a certe aziende agricole, ma non pensare che tutte siano d’accordo a farsi chiudere nella morsa dei contratti di filiera, per fare la fine degli agricoltori spagnoli o francesi. Questi consegnano il risone a raccolto presso le poche e grandi Cooperative, le stesse pagano un acconto alla consegna, senza dire quale sarà il prezzo finale del risone o cereale che sia; dopo dodici mesi fissano il prezzo definitivo pagando il dovuto. Noi come Medi@rice non abbiamo nulla contro le Coop. Però abbiamo motivazioni valide per ritenere che questo non sia il sistema più opportuno per valorizzare, non solo il prodotto ma anche la sua remunerazione. Crediamo che in un mercato libero la remunerazione data da questi contratti non sia al di sopra del prezzo che si potrebbe realizzare appoggiandosi ad un serio professionista: IL MEDIATORE. Il reddito dei produttori italiani che si affidano al “bistrattato” sistema di libera contrattazione, spesso appoggiandosi a intermediari qualificati, non è inferiore a quello dei produttori del resto d’Europa; lo dimostra il fatto che siano riusciti a creare aziende uniche costruendo capannoni, comprando attrezzature moderne e specifiche ecc. e, soprattutto, mantenendo la libertà di poter decidere autonomamente se comprare o vendere prodotti quando lo desiderano. Noi di Medi@rice siamo favorevoli ai contratti di filiera ma solo parzialmente per specifiche esigenze in aziende di grandi dimensioni: le aziende agricole che producono tm 1000/2000 di risone sono in grado di collocare il loro prodotto presso le Borse Merci con libere trattative.
Finitela di sparare sulle borse merci e sui mediatori
Cari agricoltori, se la prendono con noi alcune vostre associazioni ed altre figure difficilmente classificabili, perché, quando le cose non vanno in maniera ottimale nel settore, allora bisogna cercare un capro espiatorio, fomentare falsi pregiudizi e generare il mostro da eliminare. I contratti di filiera non sono la soluzione dei problemi della risicoltura italiana, assicurano solo un prezzo che non segue regole di mercato. Attenti però che sono una lama a doppio taglio, perché, assicurare troppa merce per le industrie rispetto al vendibile crea un calmiere per la restante parte da vendere sul mercato libero, la quale resta in balia degli acquirenti (che fanno i loro interessi). Infatti, questi, forti del quantitativo già acquistato, ritirabile in qualunque momento dell’annata, di fronte ad un trend rialzista non verranno più sul mercato a comprare e ritireranno la merce già acquistata, stoppando l’andamento positivo. In questo modo si genera un’alterazione del mercato reale con conseguente appiattimento dei prezzi. Viceversa se il trend di mercato è fiacco e ribassista, allora questi si propongono all’acquisto con prezzi meno remunerativi. Detto questo, il nostro messaggio valido anche per la politica, che dovrebbe ascoltare anche le nostre opinioni e non farsi sobillare da falsi problemi quale l’inutilità delle Borse merci e di chi ci lavora onestamente dentro, è che le Borse hanno dei costi di gestione bassissimi rispetto alle enormi funzioni che svolgono; gli stessi contratti di filiera a volte si basano per fissare i prezzi proprio sulle quotazione delle stesse, in più basta guardare il bilancio della Borsa Merci telematica Italiana, a fronte di uno scambio del solo 5%/10% dei cereali vendibili in Italia.
La verità sui veri problemi del settore risiero in Europa
1)La grande distribuzione, la cosiddetta G.D.O., è il vero problema della risicultura italiana.
Già ma andare a prendersela con loro, le multinazionali, non si può, meglio buttarsi sul sistema di vendita del risone e con chi ci lavora, dire che è antiquato, piuttosto che affrontare all’origine il male. E’ risaputo che questo problema esiste e che la g.d.o. ricarica del 50% al 100% i prezzi al kg del riso bianco sullo scaffale. Perché una parte di questi ricarichi non può ritornare alle aziende agricole? Sembra un’utopia, ma è uno spunto che diamo ai nostri politici.
2) Noi di Medi@rice con altre associazioni di agricoltori continuiamo a puntare su una programmazione delle semine, mirata a ridurre i surplus di alcuni gruppi varietali, proprio per eliminare, se possibile il problema dei crolli dei prezzi che sono stati causati anche da certe varietà seminate in esubero (vedi carnaroli ecc…).
3) Il ripristino dei dazi che è sicuramente un successo del sistema risicolo italiano e non solo, purtroppo viene strumentalizzato, a nostro avviso, specialmente da alcune associazioni agricole (che peraltro incassano le provvigioni di vendita), come cavallo di battaglia per far chiudere ai propri associati i contratti di filiera su quelle varietà. Ricordiamo a tutti che a fronte di questo successo politico innegabile ai fini pratici i benefici per le aziende agricole italiane saranno pochissimi, infatti i vantaggi riguardano solo i risi bianchi indica, mentre per i risi semilavorati non è cambiato molto. Possono essere tranquillamente importati dai paesi asiatici con dazi modesti.
Per concludere cari agricoltori e politici, la verità per noi di Medi@rice sta nel mezzo: è possibile far coesistere tutti i sistemi di vendita attualmente in vigore, borse merci, Borsa merci telematica italiana e i sistemi di filiera con contratti di risone ecc. A nostro avviso, però, la superbia di certe persone che vogliono eliminare il vecchio per fare solo i loro interessi personali si ritorcerà contro di loro. Finiamola di scherzare con il sistema attuale, può essere molto controproducente per tutti gli equilibri del nostro settore. Autore: Medi@rice (LETTERA IN REDAZIONE. Per inviare lettere e commenti, che la redazione si riserva di decidere se pubblicare, scrivere a direzione@risoitaliano.eu)