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ORMAI SUI FUNGICIDI È UN SALTO A OSTACOLI

da | 11 Ott 2017 | Tecnica

pyricularia

Le continue revisioni ai fungicidi per il riso, sia a causa dell’insorgere di resistenze, sia per problemi tossicologici e ambientali, hanno ristretto le possibilità di scelta fra i principi attivi in commercio, riducendo le classi utilizzabili, e quindi aumentando la pressione esercitata sulle popolazioni di patogeni presenti nelle nostre aree risicole. In questo articolo esaminiamo, nel particolare, come i prodotti agiscono nei confronti delle principali malattie fungine del riso: il brusone da Pyricularia sp. e da Helmintosporium sp., le fusariosi, gli oidi e le ruggini.

Il problema degli oidi e delle ruggini è stato affrontato principalmente tramite lo sviluppo di cultivar resistenti o tolleranti, soprattutto nei confronti dei primi. Purtroppo l’aver “liberato” il riso dalla morsa dei due vecchi antagonisti ha dato spazio ai brusoni e al Fusarium che, nelle ultime decadi, hanno ampiamente dimostrato il loro potenziale e la loro aggressività nei confronti della maggior parte di varietà italiane. Tralasciamo lo zolfo (in deroga quest’anno) e le classi di concianti, come i ditiocarbammati e fenilpirroli, e concentriamo l’attenzione su tre grosse famiglie di sostanze permesse in risicoltura: le strobilurine (dette anche QoI, “Quinone outside Inhibitors”), le dicarbossimidi e i triazoli (detti anche IBS, Inibitori della Biosintesi degli Steroli).

Strobilurine. Queste molecole agiscono, nelle cellule fungine, bloccando la respirazione cellulare a livello della catena di trasporto degli elettroni e, di conseguenza, la sintesi di ATP, fonte energetica per tutti i processi biochimici della cellula. Nel particolare, queste molecole vanno ad “occupare” stabilmente il sito d’attacco, esterno alla membrana interna del mitocondrio, del citocromo c nel complesso III, impedendo il passaggio degli elettroni verso il complesso IV, uno dei responsabili della creazione del differenziale osmotico necessario a produrre ATP. Essendo molecole unisito, sono state inserite tra le molecole a rischio medio di resistenza, anche se è molto difficile per un fungo riuscire a mutare una via biochimica così fondamentale senza subire conseguenze letali. E’ bene ricordare anche il consiglio di non eccedere con gli interventi a base di strobilurine e associarle con altre molecole (con differente meccanismo d’azione o multisito), in modo da non agire troppa pressione di selezione (e quindi l’insorgere di fenomeni di resistenza) sulle popolazioni fungine. Il mese scorso la Commissione Europea non ha rinnovato l’autorizzazione per l’impiego di prodotti contenenti Picoxystrobin, a causa del mancato soddisfacimento dei “criteri di approvazione delle sostanze attive” (art. 4, Regolamento CE N. 1107/2009).

Dicarbossimidi. In questo gruppo di molecole troviamo solo una sostanza attiva tuttora in uso. Dal punto di vista biochimico, questa molecola crea un anomalo accumulo di glicerolo nei conidi e nelle ife fungine interagendo con l’istidina chinasi (un enzima che monitora il differenziale di pressione tra l’esterno e l’interno del fungo e attiva la sintesi di glicerolo per ristabilirne l’equilibrio); in questo modo, nel fungo si viene a creare un ambiente ad alta pressione, con conseguente lisi delle pareti fungine dovuta all’eccessivo turgore cellulare.

Triazoli. Anche loro venuti alla ribalta per il recente divieto del Triciclazolo, i triazoli sono una classe di inibitori della sintesi degli steroli (noi utilizziamo il colesterolo come cementante delle nostre pareti cellulari, i funghi utilizzano ergosterolo), in particolare dell’enzima C14-demetilasi (da cui il sinonimo inglese DMI, DeMethylation Inhibitors), posto sulle pareti del reticolo endoplasmatico della cellula fungina (altre famiglie di IBS condividono l’inibizione della sintesi degli steroli ma agiscono su enzimi “vicini” a quelli dei triazoli). L’uso continuato di triazoli ha creato dei fenomeni di resistenza, in particolare una mutazione che riduce la capacità della sostanza attiva di legarsi col sito enzimatico della demetilazione, diminuendo sia l’efficacia che la persistenza della molecola nella cellula fungina.Oggi la tecnologia e la ricerca hanno reso disponibili nuove molecole di questa famiglia, con un “braccio” abbastanza lungo da riuscire a sorpassare il “distanziale” creato dalla mutazione fungina, in grado di ripristinare l’antica efficacia dei triazoli e mantenere attiva una delle più importanti classi di anticrittogamici che abbiamo sul mercato.

Si ricorda sempre che è buona norma variare le sostanze attive utilizzate, da un lato per non creare troppa pressione di selezione sulle popolazioni presenti nei campi, dall’altro per confondere in continuazione i funghi, utilizzando vie d’azione diverse tra loro sia dal punto di vista biochimico che dal punto di vista spaziale (per esempio, le strobilurine agiscono a livello mitocondriale, mentre i triazoli esplicano la propria azione a livello del reticolo endoplasmatico della cellula).  Autore: Fabio Buccioli

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L’offerta, nonostante un aumento nell’investimento di superficie del 37,6%, in seguito all’inserimento in griglia di Paganini, è in difetto

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