Etichetta, clausola di garanzia, polizza ricavi, promozione… tutto bene, ma i prezzi del risone continuano a scendere e allora bisogna stendere una rete di salvataggio che dispieghi i suoi effetti subito. Lo sostiene il movimento #ildazioètratto, il quale chiede «una modifica urgente allo statuto dell’Ente nazionale risi, affinché torni a essere un organismo dei risicoltori e non dell’industria, con cui vogliamo dialogare e a cui non vogliamo togliere profitti. All’Ente risi consigliamo di attivarsi con gli istituti bancari per aprire una linea di credito a favore dei risicoltori, con l’obiettivo di non svendere il prodotto ai prezzi attuali: 16,5 milioni di euro di garanzia dovrebbero bastare». Sono parole di Piero Actis, uno dei coordinatori del movimento, apparse sabato sulla Provincia Pavese.
Peraltro, l’allarme rilanciato dai “dazisti” trova una conferma indiretta nelle parole dello stesso presidente dell’Ente Risi, che sempre sabato, sulla Stampa, edizione di Vercelli, “smontava” il risultato del tavolo di concertazione e soprattutto il decreto sull’etichettatura d’origine sottolineando che «il nodo cruciale per uscire dalla crisi sta nelle importazioni dai Paesi meno avanzati» e ripeteva che al 31 agosto di quest’anno le rimanenze di riso lavorato (tra industrie e aziende agricole) saranno di 546 mila tonnellate, circa il 30% della produzione comunitaria che si attesta a 1,8 milioni di tonnellate, mentre l’import da paesi extracomunitari si attesterà intorno ai 1,3 milioni di tonnellate. «E’ chiaro – dichiara Carrà – che tutti i punti esposti da Martina hanno priorità. Alcuni avranno effetti a medio termine, altri a lungo. Porre un freno alle importazioni a dazio zero è fondamentale per riequilibrare domanda e offerta». Secondo i risicoltori del #dazio, bisogna agire più in fretta.