«A Roma mi chiamano la mamma del riso». Iniziava così l’intervista rilasciata da Marta Marzotto ad Agnese Pellegrini nel 2013. Ex mondina e nobildonna, la signora dei salotti romani è mancata oggi nella sua città, Milano. Ci lascia la sua ricetta del risotto alle rane, pubblicata il 17 luglio del 2013. Alla Pellegrini la contessa aveva raccontato «trapiantavo le piante di riso e la sera avevo tutte le gambe graffiate e arrossate» rievocando gli anni in cui, bambina, partecipava al trapianto del riso in Lomellina. «Da piccola – ha dichiarato in quell’occasione alla giornalista de Il Risicoltore – il mio mondo era costituito dalla risaia. Sono nata in Emilia, ma ad appena due anni ho vissuto, con la mia famiglia, la “fuga d’Egitto”, come la chiamo io. Siamo andati a Mortara, dove mio padre era un manovale del casello ferroviario e mia madre un’operaia. D’estate, per aiutare a casa, anche io mi davo da fare. Avevo 12 anni e trascorrevo parecchio tempo china sul riso, assieme a zie e cugine arrivate dall’Emilia. Ero terrorizzata dalla paura delle bisce, dei topi e delle zanzare che portavano la malaria, ma non mi importava di fare tanta fatica, dal momento che allora, per noi ragazze, l’esperienza della monda era considerata come un gioco».
E ancora: «Quel periodo mi ha lasciato molti ricordi. In risaia, trapiantavo le piante di riso e la sera avevo tutte
le gambe graffiate e arrossate dalle sue foglie taglienti. L’unico rimedio era fasciar- sele con delle pezze e indossare stivali il più alti possibile. Ma non sempre funzionava. Nonostante la fatica, dopo il lavoro, ci riunivamo però a cantare e a ballare. La guerra ci aveva regalato la voglia di vivere e io trascorrevo le serate con le mie cugine, insieme alle ragazze e ai ragazzi della risaia. C’era amicizia, solidarietà, si lavorava sodo ma sempre scherzando. A parte i topi…» Dei topi la contessa deve avere proprio un ricordo terribile se è vero che, qualche anno fa, ad una riunione del Rotary di Vigevano dichiarò candidamente che questo fu uno dei motivi che non la fecero soffrire poi molto, quando lasciò Mortara, anche se «oggi sono stata castigata secondo una sorta di legge del contrappasso, perché i miei due nipoti vivono a Costarossa di Lomellina, dove hanno una tenuta».
Sempre in quell’occasione, Marta Marzotto aveva illustrato come preparava il risotto alle rane. «Per il brodo, occorrono 500 gr. di rane pulite, 1 cipolla, 2 carote, 2 coste di sedano, 1 mazzo di prezzemolo, 1 pomodoro maturo e del sale. Invece, per il risotto, 300 gr. di Carnaroli, 150 gr. di burro, 1 scalogno piccolo tritato, 2 coste di sedano tritate finemente, 400 gr. di rane grosse e pulite, 3 dl di vino bianco, 1 pomodoro maturo, 1 lt di brodo di rane bollente, 2 cucchiai di grana grattugiato e 1 ciuffo di prezzemolo tritato fine. Per realizzare il brodo, mettete tutti gli ingredienti e 2 lt di acqua in una pentola e portate a bollore a fiamma moderata. Quando pronto il brodo, togliete le verdure, filtrate schiacciando le rane. Passate quindi a preparare il risotto, soffriggendo in 70 gr. di burro lo scalogno e il sedano, aggiungendo le rane e lasciandole rosolare per 5 minuti. Unite il pomodoro spellato e tritato, bagnate col vino, coprite col coperchio e lasciate stufare, a fuoco basso, per 20 minuti. Fate raffreddare e disossate le rane, scartando le ossa. In un tegame, tostate il riso per 1 minuto a fuoco moderato e senza condimento, versate un dl di vino e fatelo evaporare. Unite la polpa delle rane e il loro sugo e poi un mestolo di brodo alla volta. A cottura ultimata, spegnete il fuoco, mantecate col burro rimasto, grana e prezzemolo». Riposi in pace, mondina, contessa e soprattutto grande signora!