Il mercato dei risoni è rimasto in stallo per mesi, dopo un’ondata di ribassi. L’industria sostiene di non ricevere ordinativi e prevalgono gli acquisti spot, con sporadici aumenti di un euro che non vengono recepiti dai listini. Nelle ultime sedute, c’è stato un risveglio del Volano, come dimostrano le tabelle che alleghiamo, le quali si riferiscono alla seduta di borsa del 4 marzo di Vercelli e a quella di Mortara del 25 marzo.
I forti investimenti in japonica, si sa, hanno penalizzato anche questo mercato e la tendenza parrebbe confermata dai piani di semina, influenzati dai listini. L’andamento dei prezzi è generalizzato, nel senso che anche alla Granaria l’Arboreo non sfavilla e il Thaibonnet è calato ancora dell’11% in dodici mesi. Sul piano internazionale, se il sottoindice dell’International granis council evidenzia una perdita del 10% in un anno, un recente rapporto diffuso dall’Ente Risi (SCARICA QUI) intravede un apprezzamento entro il 2020, dato che però non mette euforia, perché tutti sanno in questi anni l’Europa ha aperto le frontiere, penalizzando la produzione interna, e soprattutto quella italiana, che da paese leader si è trasformato in target da colpire.
Se guardiamo infatti alla produzione europea, essa è cresciuta del 10 per cento nel 2015 e del 24% quella di japonica, mentre è scesa del 16,5 quella di indica europeo. La disponibilità italiana è scesa ma non abbastanza da rinvigorire il mercato e all’alba delle semine il sondaggio dell’Ente Risi parla di un incremento di japonica (+5000 ettari) e di un nuovo calo dell’indica (-2000), per un complessivo aumento dell’ettarato (230mila, cioè tremila più dell’anno scorso) che, combinandosi con un incremento delle importazioni agevolate dai Pma che è nell’ordine del 42% (112.000 tonnellate equivalente lavorato in più al mese di gennaio) non promette nulla di buono. L’industria sostiene di non poter riconoscere ai risicoltori italiani più delle quotazioni attuali e sottolinea che le esportazioni sono anch’esse in calo esponenziale (-29%) ma intanto delle 35mila tonnellate in più di risone importato dall’Ue, più della metà (18mila) sono dirette nel nostro Paese e questo flusso di riso asiatico che entra nelle riserie della bassa padana non aiuta di certo il dialogo tra le parti.
Il recente accordo Airi-Coldiretti andrebbe in questa direzione, ma sconta la freddezza di Confagricoltura, al punto che Mario Francese, presidente degli industriali risieri, da mesi è in tournée per promuoverlo e recentemente ha dichiarato ad Agrisole che «il ribasso dei prezzi non è un capriccio degli industriali ma la conseguenza di importazioni a dazio zero» e che se gli agricoltori sosterranno la sua proposta di spostare l’aiuto accoppiato integralmente sui risi indica si potrebbe anche «individuare un meccanismo che tranquillizzi chi oggi teme che questo aiuto venga eroso da un ulteriore ribasso dei prezzi dell’indica: dev’essere chiaro a tutti che noi industriali non giochiamo questa partita per speculare, bensì per salvare un settore che rischia grosso». La paura dell’industria è che senza un incentivo l’Italia abbandoni la produzione delle varietà più diffuse nel mondo e di cui l’Ue è deficitaria. Infatti, le importazioni di indica nell’Ue sono aumentate in tre anni del 25%, raggiungendo il livello record di 1.120.000 tonnellate nel 2015, mentre in Italia le superfici seminate a indica diminuivano (da 71.000 a 35.000 ettari). Il progetto Airi-Coldiretti prevede una concentrazione degli aiuti accoppiati Pac sull’indica: «Oggi i 22 milioni di euro distribuiti a tutto il settore su 227.000 ettari – scrive l’Airi nel dossier che ha presentato il 7 gennaio alle confederazioni agricole – equivalgono a circa 15 euro/t di risone. Un aiuto che certamente non influenza le scelte dei produttori di varietà japonica. Se i 22 milioni fossero concentrati su 60-65.000 ettari del comparto lungo indica equivarrebbero a circa 50 euro/t, che garantirebbero un incentivo interessante per il mantenimento di una adeguata produzione, migliorandone la competitività rispetto al prodotto d’importazione».
Il problema sono i produttori di japonica, sia quelli di riso da mercato interno, fortemente concentrati in Coldiretti, che quelli di riso da parboiled, che soffrono come e spesso più dei produttori di indica: perderanno l’aiuto accoppiato, in caso di approvazione del piano Airi. Per loro, l’industria prevede tuttavia un piano milionario finalizzato alla promozione delle denominazioni tipiche. L’Airi ricorda nel suo dossier che «l’Ente nazionale risi dispone di risorse finanziarie rilevanti, che potrebbero consentire di cofinanziare un programma promozionale qualificato, per almeno 3 anni e in un’area di consumo definita. È determinante liberare queste risorse finanziarie dell’Ente, svincolandolo dagli obblighi derivanti dalla spending review e che oggi non gli consentono di investire più di 10.000 euro all’anno in promozione». Ecco perché l’accordo sottoscritto con Coldiretti prevede anche «una riforma dell’Ente che gli consenta una gestione più consona alle necessità della filiera». Ed ecco perché il presidente dell’Ente Risi Paolo Carrà non è stato invitato all’incontro di palazzo Rospigliosi dove si discutevano i contenuti del dossier. Da mesi, infatti, l’Ente Risi fa notare che quei soldi che servirebbero a far quadrare i conti – e gli accordi – non sono disponibili, in quanto vincolati al patrimonio dell’Ente. Possono essere usati per comprare magazzini, magari anche per la ricerca, ma non per pagare spot televisivi e iniziative di promozione del prodotto nazionale, sulla cui efficacia, peraltro, le esperienze del passato hanno dimostrato che si sa quanto si spende ma non si sa mai quale sia la ricaduta effettiva sul consumo italiano. Una resistenza che potrebbe essere vinta, modificando la legge istitutiva (il che farebbe decadere anche l’attuale Cda, riaprendo tutti i giochi), com’è possibile fare attraverso «un iter analogo a quanto sta avvenendo per la legge sul commercio del riso in Italia», spiega l’Airi che ha invitato il viceministro delle politiche agricole Andrea Olivero a guidare una task force istituzionale, con l’obiettivo di intervenire su quell’articolo 25 del collegato agricolo che delega il Governo ad «adottare uno o più decreti legislativi per il sostegno del prodotto ottenuto dal riso greggio». L’Airi e la Coldiretti propongono cioè di modificare la la delega e, attraverso uno o più decreti legislativi procedere alla modifica delle norme istitutive dell’Ente. (27.03.2016)